ARTE E CULTURA
Comunicato Stampa

Alberto Schiavi e i quattro volti della Gioconda al Salone del Libro di Torino

09/05/19

Salone del Libro di Torino 2019: domenica 12 maggio vedrà ufficialmente la luce la nuova fatica editoriale di Alberto Schiavi, “Della Gioconda Fertilità – i Quattro Volti della Gioconda”. Il curatissimo volume delle Edizioni MILLE, arricchito dalla postfazione del critico d'arte Maria Palladino, sarà presentato dallo storico Romolo Gobbi. Appuntamento nello stand degli editori del Piemonte, padiglione 3, R03 Q04, alle ore 15. L'autore interverrà spiegando i motivi della sua attenta ricerca che porta ad una nuova interpretazione della Gioconda e risponderà ai quesiti del pubblico.

FotoSalone del Libro di Torino 2019: domenica 12 maggio vedrà ufficialmente la luce la nuova fatica editoriale di Alberto Schiavi, “Della Gioconda Fertilità – i Quattro Volti della Gioconda”. Il curatissimo volume delle Edizioni MILLE, arricchito dalla postfazione del critico d'arte Maria Palladino, sarà presentato dallo storico Romolo Gobbi. Appuntamento nello stand degli editori del Piemonte, padiglione 3, R03 Q04, alle ore 15. L'autore interverrà spiegando i motivi della sua attenta ricerca che porta ad una nuova interpretazione della Gioconda e risponderà ai quesiti del pubblico.

Le caratteristiche originali della nuova interpretazione della Gioconda
Ma da cosa procede la nascita di questo libro? L’autore si accorse che alcuni dettagli della Monnalisa, uno in particolare, non erano stati rilevati dai numerosi interpreti e decifratori del noto dipinto. Tale “minuzia” ha la ventura di trovarsi sul bordo del quadro, sollecitando l’osservatore a vedere “oltre”, per coglierne la natura; al contempo crea un interrogativo sul significato che Leonardo potesse aver attribuito ad un particolare apparentemente superfluo, considerata anche l’esiguità spaziale della tela.

La risposta al quesito parve affacciarsi quando Alberto Schiavi, leggendo la biografia di Leonardo di Serge Bramly, apprese un fatto tanto sorprendente quanto sconcertante: “Come la maggior parte dei suoi dipinti, anche la Gioconda ha subito i danni del tempo. Il pannello è stato mutilato da entrambi i lati di una striscia di circa sette centimetri: non sono più visibili le due colonne che inquadravano il paesaggio e che compaiono sia in antiche copie che nel disegno di Raffaello”.
Fu dal quel momento che prese l’avvio la vera e propria indagine, da cui scaturirà la nuova interpretazione del dipinto. I primi passi procedettero ad una comparazione della Gioconda con le copie della stessa conservate in più musei del XVI e XVII sec., e soprattutto con la Gioconda del Prado, recentemente restaurata.
Il fecondo raffronto permise di riconoscere la natura degli elementi paesaggistici, che nell’originale comparivano solo quali residui enigmatici Il secondo passo consistette nella retta interpretazione di tali dettagli, divenuti intelligibili dal punto di vista formale ma non sostanziale, cioè rientranti nell’economia del significato del quadro. Fu così che si rivelò la necessità di passare ad una lettura “dinamica” degli elementi figurativi, in particolare di quelli paesaggistici, secondo una processo che coglie la raffigurazione “dinamica” già utilizzata da Leonardo nell’Ultima Cena e portata alla sua massima espressione da Michelangelo. Essa fu suggerita all’autore dalla lettura dell’analisi fatta da Freud del Mosé di Michelangelo e suffragata da uno dei più grandi interpreti di Michelangelo, lo storico e critico d’arte De Tolnay. Schiavi dedica un capitolo intero a questo tema per chiarirlo bene al lettore (“Zitti, il paesaggio sussurra all’uomo”). In sintesi: è come se lo scultore e in questo caso il pittore riportasse sulla scena del quadro diversi elementi di uno stesso processo in successione cronologica, per farci capire com’era prima il soggetto e com’è diventato dopo, come in una successione di fotogrammi cinematografici. Ciò amplia le possibilità narrative dell’oggetto artistico svincolandolo da una staticità di stampo tipicamente medioevale. Infatti, come dimostrerà ampiamente l’autore, ed è qui l’elemento decisivo che permetterà una completa rilettura del dipinto, Leonardo riporta nello sfondo retrostante la Gioconda due momenti diversi della storia geologica del paesaggio, collocandoli uno a destra e uno a sinistra di Monna Lisa dando l’idea di un’insanabile frattura del paesaggio … che non c’è! Ciò ha indotto gli interpreti più qualificati a considerare la Gioconda un dipinto non finito, oppure a identificare località reali, ma diverse: una lombarda e una toscana. Ma siccome l’evento “narrato” riguarda la storia geologica dei calanchi valdarnesi e il loro progressivo sfaldarsi e crollare, Leonardo userà l’idea del crollo come metafora della formazione e della trasformazione nel mondo della natura, per allargarla al mondo degli uomini, e all’Italia del suo tempo che vide i Borgia, Savonarola, Ludovico Sforza cacciato dai Francesi, l’Anticristo di Signorelli… E al centro collocherà la deità femminile della Monna Lisa atta a riportare un certo ordine nel dialogo perenne tra due forze opposte e complementari perennemente operanti nella natura, e nella civiltà degli uomini che Leonardo traduce in simboli ermetici, i quali, ad una lettura dinamica, affiorano a gran copia nel quadro.



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