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Altered Carbon, un film dalle grandi implicazioni sociali

26/03/18

Netflix ha pesantemente pubblicizzato Altered Carbon, ma merita realmente? Si discosta troppo dai libri? Lo scopriremo in questo comunicato.

FotoTratto dai libri di Richard K. Morgan, Altered Carbon è in distribuzione su Netflix a partire dal 2 febbraio 2018. Non vogliamo in questa sede parlare di quanto la serie sia fedele o meno ai libri originali, ma presentarvi la storia a “tabula rasa”.

Altered Carbon è la dimostrazione che l’uomo non è fatto per la vita eterna.
La trama è semplice quanto intrigante. In un futuro molto molto lontano, grazie alla tecnologia non vi è più limite alla durata della vita umana. Le coscienze si trasferiscono da involucro a involucro non appena quello precedente viene danneggiato.

In uno scenario così apparentemente positivo, cosa può rendere questa serie di genere distopico? Perchè se l’uomo ha sconfitto il suo peggior nemico, la morte, il futuro appare così nero?

Perché l’animo umano non cambierà nemmeno fra 300 anni. La lotta per il potere, la supremazia, il dominio totale si sposta solo su altri fronti. I corpi ormai sono involucri, si possono cambiare come un vestito, ma hanno il loro prezzo. Vengono chiamate custodie. Lo capiamo dall’inizio, dalle prime scene in cui il protagonista, risvegliato dopo 250 anni in cui la sua coscienza è stata mantenuta “sotto ghiaccio”, riceve una custodia pagata dal ricco uomo che vuole usufruire dei suoi servizi. La ragazzina risvegliata con lui, vittima di un incidente stradale, riceve una custodia pagata dallo Stato, quella di una vecchia signora perché l’unica disponibile. Ecco in poche immagini la descrizione del mondo in cui si svolge Altered Carbon.

Un accenno alla trama, per addentrarci in un futuro anche troppo possibile
Takeshi Kovacs era un terrorista nella vita precedente, quella terminata 250 anni fa quando la sua coscienza è stata “ibernata”. Essere messi sotto ghiaccio fa parte della pena prevista per i suoi crimini, non una vita in prigione ma un’eternità fuori dal corpo, dalla custodia. Ma Kovacs era uno Spedi, una forza addestrata ad altissimi livelli con capacità fuori dal comune, ed è questo che vuole il suo acquirente. Laurens Bancroft è un Mat, una classe di persone dalle ricchezze inestimabili che possono permettersi di comprare tutto. Anche la vita degli altri. Come Matusalemme che visse oltre 900 anni, i Mat godono dell’immortalità e hanno le risorse non solo per acquistare custodie a piacimento, ma anche per clonare le proprie, quelle con cui sono nati. Una riserva di corpi infinita a cui attingere per ogni danneggiamento fisico, in cui trasferire la propria coscienza o il suo backup.

Eh sì, perché aggiungiamo che questa classe di ricchissimi uomini d’affari può permettersi anche un backup della propria coscienza su satelliti sicuri, per preservare l’esistenza dalla vera morte. La distruzione della pila, impiantata fin da bambini alla base del cranio e in cui la coscienza viene immagazzinata, è l’unica morte definitiva del futuro. L’unica paura a cui non si può porre rimedio.

In una vita eterna tutti i difetti della razza umana sono portati all’ennesima potenza
Immaginate di vivere per sempre, quale potrebbe essere il problema più grande per voi, se non il passare stesso del tempo? Combattere la noia dopo qualche centinaio di anni diventa alquanto difficile, richiede fantasia. E quando puoi tutto, letteralmente tutto, la fantasia può diventare pericolosa. Altered Carbon è schietto, non lascia immaginare nulla. Le torture sono virtuali, ma il dolore è reale. E la fantasia in qualche momento rende le scene splatter, tanto da far girare i più sensibili dall’altra parte. I cattivi sono davvero cattivi, ma hanno le loro ragioni. C’è chi lo è diventato per combattere un ideale. Chi uccide e tortura per mantenere la propria posizione sociale e chi lo fa per raggiungerla. Chi è trascinato dal fanatismo religioso, perché la differenza è sottile tra gli immortali divenuti tali per il progresso della scienza e le divinità mitologiche. Qualcuno potrebbe non notare la differenza ed essere convinto di essere al servizio di un dio. E c’è chi confonde l’amore con l’onnipotenza.

In Altered Carbon non possiamo distinguere il bene dal male, perché il significato di queste parole è cambiato nei secoli.
Riusciamo ad immaginare come ci comporteremmo in un mondo in cui uccidere non è reato, ma è solo il danneggiamento di un bene personale? La custodia si cambia, è come strappare un abito di dosso a qualcuno. Se non è vera morte, ovvero distruzione della coscienza contenuta nella pila, allora è solo un passatempo. Uccidere o vedere gli altri che si uccidono diventa spettacolo come potrebbe essere oggi l’uccisione di un toro nell’arena. Disgustoso forse sì, ma con un discreto pubblico.

Una scenografia fatta per evidenziare le differenze
Le ambientazioni di Altered Carbon sono grigie, cupe. La città, Bay City, è affollatissima, ammassata, caotica. Tutto è claustrofobico, dà la sensazione di un mondo sovraffollato dove la vita è una lotta continua. Ma quando si sale sopra le nuvole, che ricoprono tutta la superficie, spuntano i grattacieli dei Mat, illuminati dalla luce solare ed isolati dal resto del mondo. La regia è fatta apposta per evidenziare le differenze in modo naturale, come un dato di fatto. E sopra le nuvole sono pochi gli edifici che spuntano, segno di quanto elitaria sia questa classe.

Il regista ha narrato solo l’essenziale. La storia al centro, il resto è contorno.
Non si parla di viaggi spaziali, ma i pianeti conosciuti ed abitati sono molti. Kovacs stesso non è nato sulla Terra. Non si parla di razze aliene, ma la tecnologia che ha portato alla creazione delle pile è aliena. I Mat collezionano manufatti archeologici che non appartengono alla nostra storia. Le intelligenze artificiali esistono, sono indipendenti e gestiscono locali disprezzando la razza umana, con qualche rara eccezione. Ma anche questo aspetto non è approfondito più del necessario.

La scelta della regia è quella di accennare il background a piccoli pezzi, lasciando pieno spazio alla storia centrale. Molti sono gli spunti che avrebbero potuto essere approfonditi un po’ di più, hanno stimolato la nostra curiosità ma sono rimasti senza spiegazione. Un po’ di amaro in bocca forse, ma che lascia alla fantasia di ciascuno immaginare gli aspetti collaterali.

Si parte da un caso di omicidio, che si trasforma ben presto in qualcos’altro. Fino ad arrivare ad un finale inaspettato e sorprendente che permette di guardare indietro con una prospettiva completamente diversa. D’un tratto tutti i fili si collegano alla trama centrale e scopriamo di non aver guardato diverse facce della realtà di un futuro possibile, ma un unico singolo avvenimento con le sue conseguenze. E la fine, che già immaginavamo in un certo modo, non segue le nostre aspettative, ma lascia lo stesso uno spiraglio di speranza. Speranza per un futuro migliore, ma anche per una seconda stagione.

A chi è adatto Altered Carbon?
Se amate la fantascienza, la visione di un futuro distopico, la descrizione di tecnologie stupefacenti, ma in fondo non così impossibili, almeno per come vengono presentate, allora potreste gradire Altered Carbon. Siate pronti ad assorbire moltissime informazioni, perché ogni episodio non si limita nei concetti che esprime o nelle notizie che fornisce, facendo sentire lo spettatore distratto sommerso dagli eventi. Non è fatto per essere guardato distrattamente, va capito e va rielaborato. Ma se entrate in quest’ottica vi lascerà qualcosa dentro che vi farà attendere con ansia una seconda stagione.

Non è fatto per gli stomaci deboli. Non solo per le scene di tortura, che ripeto essere molto fantasiose (fin troppo), ma anche per la crudeltà delle azioni e per la naturalezza con cui si inseriscono nel contesto. Arrivano ad essere naturali persino per lo spettatore che si immedesima nelle scene, ed è questo ad essere terrorizzante.



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