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Birra artigianale e Covid-19: un'inchiesta de ilGolosario sui birrifici artigianali italiani

Birrifici artigianali a rischio chiusura, il 15% dei pub non accenderà più la sua insegna.
del 05/06/20 -

L'emergenza Covid-19 ha picchiato duro sul comparto della birra artigianale italiana, colpendo tutte le maglie del settore, dai birrifici che hanno interrotto o ridotto la produzione, e perso il principale canale di smercio (i pub), ai distributori che sostanzialmente hanno azzerato il loro lavoro, ai publican, costretti dapprima alla chiusura forzata, e poi a dover interpretare e a adeguarsi a nuove norme di fruizione dei locali. L'intero settore reclama l’abbandono dello Stato, a differenza di altri paesi che hanno sostenuto a fondo perduto queste microimprese. Un panorama fosco, ma fortunatamente non del tutto immobile. Perché si potrebbero aprire nuovi spazi per la birra artigianale e il delivery in molti casi ha funzionato.

È quello che emerge dall'inchiesta de ilGolosario, firmata da Alessandro Ricci, che ha interpellato 8 protagonisti della scena artigianale italiana. Quello che emerge, lato birrifici, è una forte contrazione del fatturato, mitigata in piccola parte dall'ecomerce e dal delivery. A funzionare, soprattutto, è stata la fidelizzazione con il cliente e il radicamento locale.

Ma non mancano occasioni di crescita, come sostiene Andrea Maiocchi, titolare di Brewfist, birrificio di Codogno. “Dobbiamo adattarci alla nuova situazione con flessibilità prima degli industriali e delle crafty beer. Io ritengo che quest'ultime faticheranno a trovare spazio in un mercato così contratto, e se noi saremo bravi come movimento, potremo conquistare quote di mercato occupate dalla birra industriale”.

Teo Musso invece, artefice di Birra Baladin e presidente del Consorzio Birra Italiana, guarda a una maggiore identità della birra artigianale italiana che “deve essere immediatamente riconoscibile per il consumatore e che deve radicarsi come prodotto agroalimentare da filiera italiana”. Così facendo, si potrebbero aprire nuovi spazi nella GDO (dove la birra artigianale occupa quote minime, circa il 3%). A patto di creare corner facilmente riconoscibili per l'acquirente.

Publican: il distanziamento sociale ci uccide

L'inchiesta de ilGolosario si concentra poi sui publican, ossia i titolari di pub. Lo scenario è fosco, come spiega Antonio “Nino” Maiorano, titolare del locale milanese Lambiczoon: “Chi è bravo fa il 50% del vecchio fatturato, altrimenti ci si ferma al 22-25%. Significa che ogni giorno accumuliamo un debito che varia dai 200 ai 600 euro: un microdebito quotidiano che si aggiunge al macrodebito generato nei mesi di lockdown. Moltissimi non apriranno più o saranno costretti a chiudere, verosimilmente un 15%”. A far male sono soprattutto l'assenza di aiuti concreti dalle istituzioni. “In molti paesi europei i nostri colleghi hanno ricevuto ingenti contributi a fondo perduto. Noi invece ci ritroviamo con le casse integrazioni di marzo e aprile ancora da saldare e le banche che prestano i soldi soltanto a chi non ha debiti”. E la colpevolizzazione della movida. “Fa male passare per gli untori, quando evidentemente l'emergenza è nata in tutt'altri luoghi. Un messaggio doppiamente negativo perché noi abbiamo impostato tutto il nostro lavoro sull'avvicinamento sociale. L'accoglienza è il nostro business: i buoni prodotti si possono trovare ovunque, è l'accoglienza che fa la differenza”.

Tutti si augurano che presto la situazione si ricomponga a livello nazionale, senza che comuni e regioni assumano provvedimenti autonomi: una miriade di leggi che finiscono con il frantumare la cornice stessa nella quale la ripresa può essere organica.

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