TURISMO
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Cappella Sansevero e il Cristo Velato

24/11/20

La Cappella Sansevero, affonda le sue radici nel 1590, quando il duca Giovan Francesco di Sangro fece costruire un primo sacello votivo nel giardino del palazzo di famiglia. Dopo i padri, i figli sono destinati a completare le opere dei genitori, così Alessandro di Sangro, nel 1608 ampliò l’edificio.

FotoNel 1745 Don Raimondo di Sangro, Principe di Sansevero, sottopose la cappella ad una totale ristrutturazione secondo un suo progetto personale. Il Sansevero volle imprimere nel marmo il viaggio mistico che l’uomo deve compiere per giungere alla Verità , dalla pietra grezza alla pietra filosofale, dal piombo all’oro, dall’ignoranza alla conoscenza.

Uno dei luoghi della città di Napoli che si trova nel cuore della Napoli antica, dove ancora oggi è forte l’alone di mistero che l’avvolge.
All’interno della Cappella lavorarono i più grandi artisti che risiedevano a Napoli nel Settecento, grandi maestri quali Francesco Maria Russo, che affrescò la volta “Il paradiso dei di Sangro”, e Francesco Celebrano che decorò l’altare maggiore, ove trova posto una piccola pietà, un olio su rame, chiamata dai napoletani, “la Pietatella”, che diede in origine il nome alla cappella.

Ma gli artisti che maggiormente lasciarono la loro geniale impronta all’interno della Cappella, sono Francesco Queirolo, che diede vita alla sua opera più grande il ”Disinganno”, con quel suo magnifico intreccio tra l’uomo e la rete; Antonio Corradini, Cappella è sua la bellissima “Pudicizia”, dedicata alla memoria della giovane madre del principe, dove una giovane donna è avvolta da un velo che ne fa intravedere le sembianze, qui l’artista tiene presente l’iconografia classica ad esempio dell’Iside Velata ma la dolcezza del viso di questa giovane raggiunge livelli mai toccati prima. Al centro si trova forse una delle opere più conosciute al mondo il “Cristo velato” opera dell’ultimo grande artista che lavorò per il principe, Giuseppe Sanmartino.

Il grande artista Antonio Canova, colui che faceva parlare il marmo, nel 1780 si trovò ad ammirare il Cristo deposto ed a lui fù attribuita la frase “ Dieci anni della mia vita darei, pur d’essere lo scultore del Cristo velato”. Qui il Salvatore adagiato su un letto, dopo la sua morte viene coperto da un velo di marmo che ne sigilla l’espressione. Sul velo le leggende sono tante, sino ad ipotizzare che la strabiliante trasparenza del velo, che ricopre il corpo dell’uomo, appena deposto dalla croce, sia dovuto da un processo alchemico di marmorizzazione, compiuto proprio dal Principe di Sansevero.

Nella Cavea, al disotto della Cappella trovano posto i due esperimenti anatomici che Raimondo compì, nel 1760, in collaborazione con il medico Giuseppe Salerno.
Un vero e proprio scrigno d’arte, religione e massoneria, che il principe di Sansevero, con il suo genio e il suo illuminismo, ha reso questo luogo, tra i più famosi al mondo.
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