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Chi non conosce l’ortografia… Non sa scrivere!

05/09/18

Tutti nella vita almeno una volta ci siamo ritrovati a domandarci “come si scrive…?” riguardo una parola oppure un’accento o un apostrofo.

La soluzione migliore è avere con sé un bel dizionario della lingua italiana a portata di mano.

Scrivere senza errori grammaticali ed ortografici è un segno di rispetto per il tuo lettore.

La cura e l’attenzione sono essenziali, per questo è necessario revisionare sempre il testo che hai scritto che sia per il web o per la carta stampata.

Non è solo una questione di credibilità di chi scrive ma anche di accortezza per chi legge, una sorta di galateo non scritto ma che vige silenzioso nel rapporto tra scrittore e lettore. Tale legge non scritta è una consuetudine da non violare, in quanto espone a “sanzioni sociali” non indifferenti.

Pensiamo a quanti modi di dire sono stati inventati nel tempo per ridicolizzare colui che non conosce (per ignoranza e indolenza) come si scrive, ad iniziare dal famoso appellativo di “asino“, la bestia da soma presa ad esempio per indicare un equino poco studioso. Oppure pensiamo alla nota scritta sulla vecchia lavagna nera della scuola, (ormai probabilmente non più usata): “asino chi legge“. Oggi, anche per questo animale, sta nascendo un’opera di riabilitazione dal suo storico stereotipo negativo.

Non farti dare dell'”asino!”


Per evitare che qualche nostalgico ci accosti all’equino poco studioso dunque riguardiamo insieme gli errori ortografici più comuni e che insinuano momenti di dubbio nella scrittura dei nostri testi.

Insieme o separate?


Un errore molto comune è scrivere due parole che vanno insieme separate e viceversa, come nel caso di:

finora e tuttora

ne consegue che è considerato un errore scrivere fin’ora e tutt’ora!

Invece le parole per cui e d’accordo vanno rigorosamente separate, non si può scrivere percui e daccordo.

Sono da considersi validi entrambi i modi per le seguenti parole:

dopotutto o dopo tutto; peraltro o peraltro.

Apofostrofando qua e là.

L’uso dell’apostrofo è un altro tallone d’Achille per molti.

Se dico che voglio un po’ di pane metto l’apostrofo (originariamente “un poco di pane” , è il risultato di un elisione). La caduta di una vocale è segnalata da questo segno, nel caso in cui la parola successiva sia al femminile, mentre se è maschile non va usato.

Su qui e qua l’accento non va!


Questa regola imparata nel ciclo di scuole elementari è tuttora valida! Dunque abolita ogni possibilità di voler scrivere quì oppure quà provvisti di improbabili accenti.

Ricordo che, all’epoca delle elementari, per non sbagliare pensavo al nome dei nipotini di Zio Paperino, Qui Quo e Qua; alla loro pronuncia e alla scrittura senza accento! Un modo piacevole di assimilare la regola, anche se in quel caso erano nomi propri.

Il mutismo dell’H.

Ebbene la nostra amica muta, la h non viene pronunciata ma esiste! Identifica il suono duro, detto velare, prima delle vocali i, e. Ad esempio ghetto.

Segnala inoltre la distinzione con il verbo avere:

Loro hanno fame.

Era l’anno della grande carestia.

Mettici il Cuore! (con la C!)


L’etimologia ci spiega perché scriviamo cuore con c e quaderno con la q.

La prima parola deriva dal latino cor, cordis; la seconda sempre derivante dall’antica lingua viene da quaternus, i).

Un breve viaggio negli errori più comuni, di certo ce ne sono ancora tanti che mancano a questo appello, ma per il momento mi fermo qui. Ti lascio, per premiare la tua curiosità e pazienza di essere arrivato fin qui nella lettura del mio articolo (scritto apposta per te) una filastrocca di Gianni Rodari, che ha sempre amato giocare con le parole, gli accenti e la grammatica italiana.


Accento sulla A.

“O fattorino in bicicletta
dove corri con tanta fretta?”
“Corro a portare una lettera espresso
arrivata proprio adesso”.
“O fattorino, corri diritto,
nell’espresso cosa c’è scritto?”
“C’è scritto – Mamma non stare in pena
se non rientro per cena,
in prigione mi hanno messo
perché sui muri ho scritto col gesso.
Con un pezzetto di gesso in mano
ho scritto sui muri della città
“Vogliamo pace e libertà”.
Ma di una cosa mi rammento,
che sull’a non ho messo l’accento.
Perciò ti prego per favore,
va’ tu a correggere quell’errore,
e un’altra volta, mammina mia,
studierò meglio l’ortografia”.

Gianni Rodari.





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