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Cosa spetta alla moglie in caso di divorzio

L’assegno divorzile mira ad assicurare esigenze di vita dignitose e non la ricostituzione del tenore di vita matrimoniale.
del 09/10/19 -

A spiegare cosa spetta alla moglie in caso di divorzio è una recente sentenza della Cassazione (Cass. sent. n. 24932/2019) che fa il punto sull’attuale stato della giurisprudenza. Una giurisprudenza che, dal 2017 ad oggi, si è rapidamente evoluta.
L’attuale situazione non è un’assoluta negazione del mantenimento all’ex, ma un riconoscimento di tale misura solo in chiave meritrocratica. Ha diritto ai cosiddetti alimenti solo chi, durante un lungo matrimonio, ha rinunciato alla carriera per badare alla casa e ai figli, contribuendo così all’arricchimento della famiglia e dell’ex; chi ha raggiunto un’età avanzata che non gli consente di impiegarsi più nel lavoro o chi si trova in condizioni di salute tali da impedirgli di mantenersi da solo.

L’assegno di mantenimento è la misura che scatta dopo la separazione se le condizioni economiche dei due coniugi sono sostanzialmente differenti. Non è sufficiente un divario minimo, ma sostanziale, tanto da garantire all’uno un tenore di vita che l’altro non potrebbe più permettersi. Per evitare sperequazioni, quindi, la legge stabilisce che i due redditi devono restare sostanzialmente identici: il giudice – se le parti non trovano un accordo diverso – deve eliminare ogni differenza economica tra marito e moglie.

L’assegno di divorzio scatta, invece, subito dopo il divorzio e, chiaramente, sostituisce l’assegno di mantenimento. Per molti anni l’importo dell’assegno di divorzio è sempre stato calcolato secondo le stesse regole previste per l’assegno di mantenimento (quello cioè dopo la separazione). Nel 2017 e nel 2018, però, la Cassazione ha emesso due pronunce che hanno letteralmente stravolto tale principio.
Con la prima sentenza (Cass. sent. n. 11504/2017.), la Corte ha detto che l’assegno di divorzio non mira a garantire lo stesso tenore di vita tra i due coniugi ma solo un’autosufficienza economica, un’esistenza dignitosa. Risultato: il marito molto ricco non è tenuto a versare un sostanzioso assegno all’ex moglie ma solo lo stretto necessario per garantirle l’indipendenza.
Ed ancora, se già la moglie ha un proprio stipendio che le consente di andare avanti da sola, non può pretendere un’aggiunta dall’uomo, neanche se questi è più benestante di lei.

Con la seconda sentenza ( Cass. S.U. sent. n. 18287/18.), le Sezioni Unite della Cassazione hanno parzialmente corretto il tiro, pensando a tutte quelle coppie in cui uno dei due coniugi – di solito la moglie – ha deciso, di comune accordo con l’ex, di dedicarsi alla casa, badare alla famiglia e ai figli. Una tale scelta, che annienta le capacità di reddito della casalinga e la esclude definitivamente dal mercato del lavoro, si riversa però in un vantaggio per l’uomo il quale, in tal modo, può concentrarsi sulla propria carriera e aumentare le proprie aspettative di reddito. In situazioni di tale tipo, con matrimoni di lunga data, la Corte ha quindi spiegato che l’assegno divorzile deve “ripagare” i sacrifici che l’ex ha fatto dedicandosi al ménage domestico. Anch’esso, del resto, è un lavoro.

Alla luce di quanto detto, le differenze tra assegno di mantenimento e assegno di divorzio (o divorzile) sono abbastanza semplici:

> l’assegno di mantenimento vale dalla separazione fino al divorzio; l’assegno divorzile vale, invece, dal divorzio in poi e sostituisce l’assegno di mantenimento;
> l’assegno di mantenimento mira a riequilibrare i redditi dei due coniugi garantendo ad entrambi lo stesso tenore di vita; l’assegno di divorzio invece è del tutto svincolato dal tenore di vita e mira solo a garantire l’autosufficienza, tenendo però conto del contributo prestato alla ricchezza familiare dal coniuge più debole.

Sintesi articolo pubblicato sul sito laleggepertutti.it



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