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Covid-19 = infortunio sul lavoro: quali responsabilità? Su secsolution magazine

16/07/20

Qualora gli strumenti acquistati per i controlli fossero, ad esempio, evidentemente di qualità scadente, difettati o peggio non omologati, la responsabilità sarebbe di chi abbia acquistato strumenti di scarsa qualità e quindi inaffidabili.

FotoIl Decreto Cura Italia ha equiparato infortunio sul lavoro e contagio da Covid-19 generando, nei datori di lavoro e non solo, serie preoccupazioni di vedersi contestare una responsabilità tanto di carattere civile quanto di natura penale. Laddove, difatti, per il riconoscimento dell’infortunio basti il legame fra insorgenza della malattia e luogo di lavoro anche qualora il datore di lavoro non abbia violato alcuna norma, ci si chiede se, alla stessa stregua, l’imprenditore potrebbe essere ritenuto responsabile, sul piano civile e penale, per i reati di lesioni oppure di omicidio colposi.

A tentare di riportare chiarezza è intervenuto l’INAIL il quale, con propria circolare n. 22 del 20 maggio 2020, ha puntualizzato come l’equiparazione fra contrazione del COVID-19 ed infortunio sul lavoro non significhi anche, né poteva significare, equiparazione della modalità di accertamento della responsabilità del datore di lavoro per la quale si ricorre, sempre secondo INAIL, a criteri giuridici del tutto diversi. In materia civile e/o penale occorrerebbe difatti provare non solo il nesso causale fra luogo di lavoro e infezione ma, altresì, il mancato rispetto delle norme a tutela della salute e della sicurezza, così da dimostrare il dolo, o quanto meno, la colpa del datore di lavoro.

Contagio non è responsabilità

Sebbene tali considerazioni, contenute in una semplice circolare amministrativa, rappresentino nulla più che delle indicazioni ai funzionari INAIL per l’interpretazione delle norme, deve sostanzialmente condividersi l’interpretazione fornita dall’Istituto, occorrendo mantenere ben distinti, in caso in cui un lavoratore contragga l’infezione sul luogo di lavoro, i criteri utilizzabili per accertare la sussistenza dell’infortunio (valutazione che ben può basarsi sulla mera probabilità o addirittura eventualmente su di una presunzione), da quelli utilizzabili per verificare la responsabilità civile e/o penale del datore di lavoro (per la quale si richiedono, invece, la prova del dolo o quanto meno della colpa, ad esempio per non essere state rispettate tutte le norme di protezione previste dai protocolli sanitari, la dimostrazione che il lavoratore si sia infettato a motivo di tale omissione nonché l’accertamento che, laddove le norme fossero state rispettate, il contagio non si sarebbe verificato).

Contagio per difetto di prodotto

Viene da chiedersi, peraltro, quali possano essere le responsabilità in caso di mancato rispetto di protocolli e normative sanitarie che siano conseguenza di condotte altrui. Qualora il datore di lavoro predisponesse, ad esempio, i controlli e le precauzioni richieste dalle norme (verifica della temperatura all’ingresso dei dipendenti, accertamento del posizionamento e del mantenimento dei presidi di protezione individuali; messa a disposizione di presidi di disinfezione, ecc…) e tuttavia, per un difetto od un malfunzionamento di tali strumenti e/o controlli, uno o più lavoratori rimanessero contagiati, chi verrebbe ritenuto responsabile? Qualora ad esempio in azienda entrassero lavoratori già febbricitanti ma non individuati per un malfunzionamento dei termometri o dei termoscanner, chi sarebbe ritenuto responsabile?

Diverse responsabilità

In tali ipotesi, fermo restando il riconoscimento dell’infortunio INAIL (sempre se si dimostri la riconducibilità del contagio al luogo di lavoro, cosa per nulla agevole), occorrerà vedere se e rispetto a quale soggetto possa contestarsi una responsabilità per non aver operato con le dovute cautele. Qualora gli strumenti acquistati per i controlli fossero, ad esempio, evidentemente di qualità scadente, difettati o peggio non omologati, la responsabilità sarebbe di chi abbia acquistato strumenti di scarsa qualità e quindi inaffidabili; lo stesso principio vale nel caso di danneggiamento delle apparecchiature per cattivo uso, rispondendone chi li conservi in modo scorretto o non ne curi la manutenzione; in caso di utilizzo in modo errato sarebbe invece responsabile l’utilizzatore incompetente (a patto tuttavia che gli siano state fornite le indicazioni necessarie per utilizzarlo correttamente). Nulla esclude poi che si ritengano responsabili più soggetti, come ad esempio la società che fornisce termoscanner difettosi ed il personale che non ne controlli il corretto operare durante l’uso.

Ad ogni modo, la molteplicità delle modalità del contagio e la mutevolezza delle prescrizioni da adottare nei luoghi di lavoro renderanno comunque estremamente difficile configurare e dimostrare la responsabilità civile e penale dei datori di lavoro e/o di altri soggetti.

La versione integrale dell’articolo riporta tabelle, box o figure, per visualizzarle apri il link: https://www.secsolution.com/pict/allegati/SM09-ART092.pdf

Contributo per secsolution magazine di Alessandro Mario Malnati- avvocato, Contitolare Studio Legale GMV di Varese

Maggiori informazioni su:
http://gmvstudiolegale.it/index.html



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