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Diritto di critica del lavoratore nei confronti del datore: limiti e conseguenze

Ogni singolo cittadino ha il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.
del 28/03/19 -

Tale principio trova applicazione anche in ambito lavorativo all’articolo 1 dello Statuto dei lavoratori, che però afferma la necessità di contemperare tale libertà al rispetto dei principi della Costituzione e delle norme dello statuto medesimo.

In particolare, l’esercizio del diritto di critica trova un limite nel dovere di fedeltà nei confronti del datore di lavoro ex art. 2105 c.c., obbligo che va inteso in senso ampio, posto che non attiene solo agli aspetti patrimoniali del rapporto, e dunque al divieto di conflitto di interessi o di concorrenza, ma anche ai più generali canoni di correttezza e buona fede nell’esecuzione del rapporto tra le parti.
Il compito entro cui, nel corso degli anni, si è dovuta cimentare la giurisprudenza è risultato sicuramente difficile perché il confine tra il legittimo esercizio di tale diritto e la lesione del vincolo fiduciario non è di facile percezione: tuttavia la strada percorsa si è rivelata fruttuosa e ha permesso di acquisire oggettivi strumenti di valutazione.

Muovendo da ciò, nel corso degli anni, la giurisprudenza della suprema Corte è arrivata a individuare limiti esterni e limiti interni del diritto di critica del lavoratore, ove per limite esterno si deve appunto intendere che l’esercizio del diritto deve essere volto al soddisfacimento di un interesse giuridicamente rilevante (non meno di quello del bene asseritamente leso).
Con la sentenza n. 1379 del 18.01.2019, la Cassazione afferma che la critica avanzata da un lavoratore nei confronti del proprio datore sfocia in un illecito disciplinare laddove la stessa non rispetti i requisiti della verità, continenza e pertinenza.

Secondo i Giudici di legittimità, l'esercizio del diritto di critica dei lavoratori nei confronti del datore è lecito in quanto espressione del diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero, ex art. 21 Cost., ma incontra un limite nella tutela dell'onore, della reputazione e del decoro del datore stesso, garantita dall’art. 2 Cost.

Sintesi dell’articolo pubblicato sul sito altalex.com redatto dall’Avv. Teresa Mele



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