ARTE E CULTURA
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Essere attore oggi, lo racconta Daniele Monterosi nell'intervista per l'Arte del Comunicare con Claudia Baldini

04/03/20

𝗗𝗮𝗻𝗶𝗲𝗹𝗲 𝗠𝗼𝗻𝘁𝗲𝗿𝗼𝘀𝗶 è attore, regista, sceneggiatore, performer, trainer e sceneggiatore. Racconta storie, dice. E lo fa mettendoci tutto se stesso. Classe ’81, studia recitazione al Centro Sperimentale ed ha 𝗚𝗶𝗮𝗻𝗰𝗮𝗿𝗹𝗼 𝗚𝗶𝗮𝗻𝗻𝗶𝗻𝗶 come insegnante. Ama tutto ciò che fa, dal cinema al teatro, alla televisione. Ha creato 𝗘𝘀𝘁𝗮𝗱 𝗧𝗿𝗮𝗶𝗻𝗶𝗻𝗴, una palestra per attori, in cui trasmette la propria esperienza e le proprie conoscenze. Intervistato da Cʟᴀᴜᴅɪᴀ Bᴀʟᴅɪɴɪ ᴘᴇʀ ʟ’Aʀ�>ᴇ ᴅᴇʟ Cᴏᴍᴜɴɪᴄᴀʀᴇ.

FotoCB: chi è Daniele Monterosi?

DM: Domanda facile facile… sono un attore. Da attore accade questo, si ha un sacco di tempo libero, per quanto uno non possa pensare, tra un lavoro e un altro, tra una produzione un'altra e mi sono chiesto . Allora ho fatto partire una serie di altre attività sempre parallele a quella che è la recitazione. E quindi sono anche appunto un regista, uno sceneggiatore, sono un trainer per altri attori. Da attore, piano piano, ho cominciato a capire quali potevano essere le problematiche legate alla professione per me e ho cominciato a cercare delle soluzioni; poi ho visto che qualcosina cominciava a funzionare per me e ho cominciato a codificarla e a condividerla per farla tornare utile anche a gli altri. Così da sei anni ho costruito una sorta di palestra per attori che porto avanti in questa modalità tante tante tante cose come attore, come regista, come sceneggiatore, come trainer, come performer, come storyteller… in generale racconto storie

CB: quali sono le caratteristiche che una persona deve avere per fare l'attore?

DM: esistono infiniti modi di fare questa professione. Io ti dico quello che piace a me: la curiosità è tutto; la voglia di scoprire il nuovo o di conoscere il diverso… l'altro; avvicinarsi all'altra persona; mettersi in gioco; le sfide; imparare cose nuove in breve tempo. Io ho fatto il Centro Sperimentale, che è la Scuola Nazionale di Cinema, corso di recitazione. L'anno in cui entrai io, il 2004, era l'anno in cui Giancarlo Giannini prese in mano le redini del corso di recitazione e quindi avevamo Giancarlo Giannini come referente! Cioè, vent'anni e hai Giancarlo Giannini accanto! La cosa bella di quegli anni fu che Giancarlo Giannini ci usò un po' come cavie. Essendo il primo anno, sperimentò tante cose con noi; entrammo in contatto con tanti personaggi, anche, non per ultima, Lina Wertmuller, premiata proprio ieri sera all'Oscar alla carriera. Una volta ci venne a fare un corso sulla poesia Arnoldo Foà, uno dei più grandi attori classici italiani di tutti i tempi. E io mi porto la sua definizione di fare l'attore, perché è semplice e secondo me racchiude tutto. Lui disse, con quella sua voce potente… non so se hai presente… . Semplice, però è vera e io me la porto dentro: condizione imprescindibile per un attore è quella di riuscire a saper fare 20.000 cose. Aggiungo: e se non le sai fare fingere di saperle fare, oppure imparare a farle nel minor tempo possibile. Questo è un po’ quello che io mi do come obiettivo, poi alle volte ci riesco meglio e altre volte no; però questa è la strada

CB: ed è quello che insegni anche ai tuoi corsi?

DM: questo è un termine che a me tocca molto, io non sono insegnante. Io condivido pezzi della mia esperienza, le cose che mi sono tornate utili, che mi tornano utili; oppure anche le cose che ho sperimentato con altri attori e che ho visto possano funzionare. Non mi reputo un insegnante perché preferisco pensarmi un condottiero in mezzo all'arena che fa la battaglia insieme agli altri. Poi magari, ritorno un attimino in separata sede e decodifico qualcosina. Non mi piace su di me il termine insegnante

CB: sei su Wikipedia, lo sapevi?

DM: sì, sono su Wikipedia… sono Wikipedizzato. Sono un'enciclopedia, ecco!

CB: leggendo il tuo profilo professionale, si legge che hai fatto cinema, che fai televisione, cortometraggi, teatro… cosa ti piace di più di queste cose? Tutto allo stesso modo, o hai una preferenza?

DM: credo che siano fasi. Ci sono delle fasi, dei periodi di vita. Negli ultimi anni, mi sono dedicato molto al cinema e alla televisione. Adesso sento proprio un richiamo al live, al teatro, e quindi non c'è una cosa che, realmente, preferisca tra queste cose. Mi piacciono tutte: cinema, teatro, televisione. Anche la radio o il lavoro sulla voce. In questo momento, per esempio, mi sta chiamando molto forte il concetto di tornare ad avere una sorta di connessione diretta con il pubblico e quindi il teatro… sto scrivendo cose per il teatro…

CB: sei una persona molto determinata e anche nel tuo percorso traspare. Hai fatto tantissime cose… la timidezza e l'emotività, non fanno parte di te?

DM: assolutamente sì! Sono una parte fondamentale di me. Credo poi, nel corso del tempo, che uno si conosce un po' meglio. Io mi reputo una persona estremamente fragile, allora alle volte, metto una corazza che mi aiuta nella vita di tutti i giorni. Uno tende sempre a pensare che un attore sia un estroverso istrione, e che non abbia paure. Io non lo so se esiste al mondo una figura di questo tipo ma di sicuro non sono io! Semmai c'è un percorso di crescita che è proprio quello di riuscire a riconoscere le proprie paure, le proprie fragilità… e non nasconderle, ma anche comunicarle. È una parte molto delicata di questo di questo viaggio di scoperta. Perché fare l'attore, per me, è proprio un viaggio per scoprire chi sei, chi sono. Ti metti in certe circostanze, poi dici . Oppure, alcune volte i personaggi… interpreti dei personaggi che fanno delle cose o dicono delle cose; tu devi entrare e cercare in qualche modo di comprenderli. E attraverso questo dialogo silenzioso che s'innesca con i personaggi, tu vai a capire qualcosa di più di te, o in generale delle dinamiche degli esseri umani

CB: Quando devi interpretare un personaggio, ti devi identificare in lui. Ci sono dei personaggi scomodi?

DM: Wow, certo!

CB: E come si vive il rapporto con il nuovo personaggio?

DM: è un processo estremamente variabile, almeno su di me, io non seguo un modo solo. È come riuscire a conoscere un'altra persona. Alcune cose ti posso aiutare, però poi è un processo simbiotico che si innesca piano piano ed è molto diverso a seconda del progetto, della realtà, del regista che ti segue, di quanto è vicino o lontano da te questo personaggio, da quanto riesci a comprenderlo. Di base, una cosa che mi aiuta sempre, sulla quale devo lavorare tanto, è il concetto che bisognerebbe essere, Gassman dice: i migliori avvocati del proprio del proprio personaggio. Significa che anche se interpreti un personaggio terribile, tu da attore che devi interpretarlo non puoi metterti nella condizione di giudicarlo perché sennò non puoi recitarlo, non puoi interpretarlo, non puoi esserlo. Quindi fondamentalmente, devi riuscire a metterti in un luogo in cui ami incondizionatamente il tuo personaggio, a prescindere da ciò che dice e ciò che fa. E questo è più facile quando recitiamo personaggi positivi, ma diventa più complesso quando devi recitare i personaggi negativi. Però è lì che poi fai un clic importante, quando riesci realmente a metterti in un luogo di non giudizio, anzi, no di non giudizio… proprio di amore! Cioè che tu riesci in qualche modo, da attore, dentro di te a trovare uno spazio per poterlo difendere, e dire <è giusto quello che stai facendo>, anche di fronte alle cose più terribili, perché altrimenti non puoi raccontarlo. Che non si fraintenda: magari quella storia serve proprio a raccontare che quell'orrore nasce per un motivo, o quanto è sbagliato quell'orrore. Se devo interpretare Hitler, non ti sto dicendo che Hitler aveva ragione, però non posso interpretarlo se non riesco a trovare io, dentro di me, il link che mi dica che Hitler in qualche modo aveva ragione; è terribile, però è ciò che anche ci affascina quando vediamo le grandi interpretazioni, no?

CB: sì, perché ti cali proprio in quel personaggio… tu sei lui…

DM: anche qui c'è un mondo. Delle scuole di pensiero meravigliose totalmente diverse, e io non sono di una fazione piuttosto che dell'altra; io sono della famiglia del basta che funzioni . Da attore non mi interessa essere un purista di un metodo piuttosto che di un altro, di una scuola di pensiero piuttosto che di un'altra; a me interessa che quando arrivo nel lavoro, io riesco a farlo al meglio. E quindi io prendo tutto. Per questo mi piace tanto andare a studiare. Continuo a studiare anche adesso, a seguire i migliori coach a livello internazionale, a fare esperienze personali, perché più strumenti riesco ad avere più aumento le possibilità che possa fare un buon lavoro

CB: per quanto riguarda lo studio: cosa studi?

DM: anche questo è parte di un processo, mi accorgo. Si parte con la recitazione e quindi con tutto quello che possa essere lo studio delle tecniche che ti aiutano a entrare in contatto con le tue emozioni, conoscerle, poi riuscire ad esprimerle, no? Perché fondamentalmente recitare soprattutto nella realtà moderna, sia nel cinema ma anche ormai nel teatro, non si insegna a recitare, si insegna a contattare le proprie emozioni per poterle utilizzare nel lavoro; è un po’ questo lo switch o almeno quello che a me piace fare. Si parte con la recitazione ma lavorando con gli esseri umani, allora, nel mio caso mi interessa tutto ciò che mi aiuta a capire e a comprendere meglio gli esseri umani e quindi corsi di formazione, PNL, formazione classica. Sono stato da Tony Robbins a Londra per il suo viaggio meraviglioso, un corso in cui si cammina sui carboni ardenti; sono stato a fare i ritiri con Thich Nhat Hanh che è, invece, dall'altra parte un monaco vietnamita molto importante che ha costruito un percorso buddista molto forte; e al tempo stesso però non sono buddista. Mi ritengo comunque cattolico. Quindi, la religione, la filosofia, la scienza, l'arte. Story di Robert Mckee è un libro bellissimo dedicato agli sceneggiatori. E Robert Mckee è un grande sceneggiatore che ha fatto scuola agli sceneggiatori; nella prefazione lui ti fa una piccola introduzione, e come tutti questi grandi personaggi, la sua piccola introduzione ti apre un mondo, perché lui dice fondamentalmente che ogni essere umano che ha cominciato ad avere un po' di consapevolezza di sé, si è chiesto la domanda fatidica . E per rispondere a questa cosa ha creato l'arte, la filosofia, la religione e la scienza. Quando un grande artista riesce a semplificarmi così il complesso mondo di cosa siamo e come facciamo a capire… mi ha toccato molto questa definizione; quindi quando tu mi dici cosa studio… ecco, io sono un appassionato di questi quattro elementi: arte, filosofia, religione, e scienza. E non mi fermo solo su un tassellino perché, essendo curioso, cerco meglio che posso di andarle ad indagare da tanti punti di vista, sia l'arte che la filosofia, che la religione e la scienza

CB: Tornando ai tuoi personaggi: qual è quello più scomodo e quello che ti è piaciuto di più interpretare?

DM: per i motivi che ti ho detto prima, non ti posso dire qual è quello più scomodo perché altrimenti vuol dire che non sono riuscito a domarlo abbastanza

CB: allora quello che ti è piaciuto di più…

DM: c'è sicuramente… ci sono personaggi che ti piace più interpretare, ma perché magari riescono a fare o dire delle cose che sono cose più fighe, dove c'è più gusto. Tra questi c'è un film che purtroppo ha avuto una storia tutta particolare che è l'isola dell'angelo caduto, il primo film è l'unico, per il momento, di Carlo Lucarelli. In questo libro di Carlo Lucarelli c'è un personaggio che tu quando lo leggi dici ; e io ho avuto la fortuna di essere scelto per interpretare quel ruolo, Valenza è il nome di questo personaggio che è un un anatomopatologo confinato. Un personaggio incredibile, brillante, curioso, capace di mille sfumature, che appare e scompare. Felicissimo di interpretare questo ruolo. Il film è stato presentato, tra l'altro, al festival di Roma nel 2012, ma poi una serie di sfortunate, sfortunatissime concomitanze purtroppo il film non è mai uscito nelle sale; e sono riuscito a recuperare (perché era anche irrecuperabile) una copia solo qualche mese fa, grazie a un'attrice, Sara Sartini che è nel film, e che fatalità, nel corso degli anni aveva messo da parte, non si sa come, una copia di questo lavoro. In tutto e per tutto è, secondo me, ancora oggi il personaggio più bello che io abbia potuto interpretare perché è un insieme di fragilità, sfumature, ma anche forza, genialità, sinergie, capacità, che è raro incontrare in un personaggio e in un film solo. È come se confluisse in sé un insieme di sfumature che nel mio caso sono proprio la gioia quando riesci a prendere personaggi di questo tipo

CB: quindi per te la felicità è anche questa…

DM: sì, sì, sì, sì… i momenti in cui sto in pace con me stesso sono quando io riesco a finire un lavoro, un film, una cosa a teatro, e so che ho dato tutto, e so che dentro ci ho messo tutto quello che io potevo, che pensavo, che sentivo e ovviamente poi fa anche piacere che questa cosa arrivi e che le persone la accolgano bene; ecco, quel momento io mi dico wow che figata! . Dura poco… poi tocca ricominciare!

CB: e vabbè, ma la felicità sono momenti, si sa. È complicato tornare se stessi dopo aver interpretato una parte?

DM: dipende sempre quanto è distante da te questo personaggio; alle volte no, altre volte, magari, uno da attore si complica un po' la vita… almeno, io molto spesso me la complico; in realtà alcune volte il passaggio è molto vicino e tu non te ne accorgi. Ecco, nel corso degli ultimi periodi sto cercando proprio di capire questa cosa … quindi in quel caso sei tu, una parte di te, quella parte di te che è questa, ad esempio, che sto parlando con te. Potrebbe essere benissimo un personaggio all'interno di un film e tornare in te non è così complesso; invece ci sono altri personaggi dove devi andare a toccare delle cose, delle zone, dell'emotività, delle sensazioni, dei sentimenti, che magari nel corso della tua giornata quotidiana non vivi in maniera così costante; oppure sono personaggi che fanno delle cose che tu non faresti mai, uccidere o altro. Secondo me la cosa più difficile non è tanto tornare a te, che poi ci riporta la vita, quanto riuscire a rimanere concentrati su quello che è quella sfumatura a quella parte di te che tu devi riuscire a prestare al personaggio. Quella è la parte più complessa del lavoro, cioè rimanere nella mentalità, nel processo mentale, nel processo dei pensieri, nelle abitudini, nella fisiologia che cambia rispetto al personaggio. Poi a me piace lavorare, quando mi capita un bel personaggio… mi piace cambiare. E magari alle volte non mi riconosci e dici . Ero io, e tu non mi hai riconosciuto perché mi piace trasformarmi

CB: a questo punto della tua carriera, hai ancora un sogno nel cassetto? Ne hai tanti? un cassetto pieno?

DM: guarda… i sogni… nel momento in cui hai finito i sogni, hai finito la vita. Quindi, certo, ce ne sono mille, ce ne sono tantissimi

CB: che progetti hai adesso?

DM: sto lavorando su un'idea che voglio portare a teatro, perché voglio proprio trovare una modalità anche un po' sperimentale; mi piace sperimentare cose nuove in cui io possa trovare il mio modo di comunicare queste cose, attraverso invece uno spettacolo, con lo scopo di riuscire a recuperare quel significato che il teatro dovrebbe avere: che è un rituale. A me piace molto l'origine delle cose; noi veniamo da tribù di cacciatori raccoglitori. Tra l'altro proprio qui c'è un libro, Sapiens di Harari, che è uno dei miei libri preferiti e ti aiuta a capire da dove veniamo come animali sapiens. Per tornare alle origini intendo non le origini tue personali, del paese, ma proprio le origini dell'uomo; noi veniamo da queste tribù di cacciatori raccoglitori che la sera si radunavano intorno a un fuoco e riuscivano in qualche modo a raccontare questi personaggi. I primi attori sono dei cacciatori e quindi avevano lo scopo di far sentire questa tribù più protetta, al sicuro, raccontando storie, quello che avevano fatto, divertendoli, facendogli prendere degli spaventi, ma essendo fortemente a servizio di questa capacità, di essere un collante sociale; in quel caso la società era più semplice, era una tribù fatta di 30, 40, 50, 150 individui; adesso le società sono un po' più grandi, però a teatro 150… mi piace molto questa cosa e sto cercando un modo, anche a livello strutturale, di poterlo fare essendo veicolo di questa cosa, cioè non semplicemente uno spettacolo in cui tu vai a vedere un attore che fa una cosa, ma uno spettacolo in cui tu vai a vedere un attore che fa una cosa che sai che ha questo scopo… io ci andrei a teatro a vedere un artista che riesce a fare questo. E ovviamente non sto dicendo che non ci siano! Ci sono realtà che lo fanno, e grandi artisti che riescono a fare questa cosa. Voglio trovare il mio modo

CB: cosa diresti a un giovane che vuole far l'attore ma che è indeciso?

DM: se è indeciso… no non voglio essere troppo duro…
CB: se è indeciso non è la sua strada?

DM: no no, devi veramente capire se è una cosa che puoi fare a meno, se capriccio o se è un richiamo più grande di te; dico questo non perché sia una cosa trascendentale. Condivido quella che è la mia esperienza. Ogni mestiere oggi racchiude delle difficoltà, delle sfide; quello dell'attore, è proprio per antonomasia un pacchetto. Se vuoi fare l'attore devi prendere un pacchetto fatto di tante caratteristiche; noi vediamo alle volte solo il glamour, i red carpet, gli oscar di stanotte, ma non sappiamo dietro quanti notti insonne quanta solitudine o difficoltà un artista, in generale, nel quotidiano è chiamato ad affrontare, quanta forza deve avere per affrontare i no, le ingiustizie. È un mestiere che sicuramente non è puramente meritocratico. Allora bisogna essere tanto forti; questa forza non credo sia innata. Un po' la costruisci, un po' è data da che non puoi fare altro. E in quel caso, quando ti accorgi che invece è una roba che tu puoi perseguire allora ti dico studia, studia, studia, studia. Oggi, più che mai, abbiamo migliaia di possibilità che non c'erano quando ho cominciato io di poter studiare, confrontarsi, sentire come ti risuonano certe cose. E prima si comincia a studiare, a capire quali sono le persone e i personaggi da seguire, gli insegnanti giusti, le scuole giuste, le filosofie di pensiero che comunque sono funzionali al momento attuale, prima riesci a metterti in linea, e soprattutto a trovare il tuo modo di fare questo mestiere, perché come diceva parafrasando la frase di Arnoldo Foà … perché questo mestiere può essere fatto in 20mila modi, forse 20 milioni di modi diversi e il nostro compito è quello di cercare di capire qual è il mio modo di fare questa cosa. E poi in bocca al lupo!

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