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Giappone: i retroscena dello storico messaggio dell’Imperatore Akihito alla nazione

Il secondo videomessaggio rivolto alla nazione pochi giorni fa, nella quasi trentennale reggenza dell’Imperatore giapponese, reca con se` un profondo carico di inquietudini politiche a stento celate.
del 12/08/16 -

Secondo gran parte dell’opinione pubblica e degli osservatori (non ultimo il noto analista Mitsuru Saito, ex Tokai Tokyo Securities), palese sarebbe oramai la frizione tra poteri dello Stato: punto della discordia la tanto chiacchierata modifica dell’articolo 9 della Costituzione voluta dall’Esecutivo, che consentirebbe al Paese di riprendere in mano il pieno controllo del proprio esercito e abbandonare cosi la tradizionale politica pacifista sostenuta dal dopoguerra ad oggi.
Modifica che l’Imperatore, garante dello status quo che per legge non ha facolta` di condizionare la politica nazionale, nel tentativo chiaro ma non dichiarato di far slittare, imponendo al Parlamento di discutere e modificare prima l’articolo della Costituzione che consentirebbe le sue dimissioni in vita, annunciate come improrogabili nel sofferto discorso di oggi, e` totalmente lontano dall’avallare.

Se da un lato il governo di Shinzo Abe, alle prese con gli incerti risultati della Abenomics e con continui rifinanziamenti che hanno portato il debito pubblico a superare ogni record, ha puntato decisamente su una nuova politica estera, incentrata sul cambiamento dell’articolo 9 appunto, da molti (compresi gli osservatori politici coreani e cinesi) la casa imperiale e` data invece come reale garante della tradizionale politica pacifista giapponese (lo stesso Akihito, appena due anni fa, nel discorso in occasione del suo ottantesimo compleanno, dichiaro` pubblicamente: “la Costituzione attuale e` un dono frutto della terribile esperienza della guerra e del prezioso aiuto degli Stati Uniti”).
L’ insanabile e inedita spaccatura sta assumendo contorni preoccupanti: mentre i pareri dell’Imperatore in materia vengono di fatto oscurati dai media nazionali da mesi, il nodo giunge in un momento storico assai delicato e caratterizzato da pericolosi alti e bassi nei rapporti di forza tra il Giappone e i militarmente ed economicamente potenti ed esuberanti vicini, Cina in prima fila.

A pochi giorni dalla pubblicazione dell’annuale “Libro bianco” della Difesa giapponese, usato come strumento inusuale di denuncia internazionale della mancanza di rispetto per i principi dello stato di diritto da parte della Cina (notizia dell’altroieri l’ennesima contesa militare delle isole Senkaku, con l’installazione unilaterale di impianti radar militari da parte dei cinesi), l’estremo oriente si conferma una polveriera tra malesseri mai sopiti, frizioni commerciali e ferite storiche ancora aperte tra Giappone, Cina, Taiwan e le due Coree (e` trascorsa neanche una settimana dalla notizia del lancio dell’ultimo missile nordcoreano in acque territoriali giapponesi, notizia che ha allarmato non poco l’opinione pubblica e allertato le Forze di autodifesa), con la partecipazione alterna di USA e Russia.

Alle dichiarazioni del portavoce del Ministro della Difesa giapponese Gen Nakatani: “Ciò che noi intendiamo è che la questione relativa alla sicurezza che circonda la nostra Nazione e che assicura il bilanciamento dei poteri o i cambiamenti nelle attività militari e di controllo sta diventando molto più critica se comparata al passato. La Cina è in procinto di soddisfare le sue ambizioni unilaterali senza compromessi e siamo profondamente preoccupati riguardo le sue direzioni future”, ha fatto eco il portavoce del Ministero degli Esteri cinesi, Hua Chunying: “Il Giappone non ha il diritto di denunciare le azioni legittime della Cina vicine alle isole Diayou. Siamo fermamente determinati a salvaguardare la nostra sovranità territoriale”.

Il portavoce del Ministero della Difesa cinese, Wu Qian, ha aggiunto come “Il Libro Bianco rilasciato il 2 agosto scorso, pieno di espressioni banalizzate, distorce quello che è il ragionevole e giustificato lavoro della difesa, inasprendo le questioni legate al Mar Cinese Meridionale e Orientale”.

La frequenza e soprattutto l’asprezza dei toni, inusuale per chi conosca lo status solito della regione, accompagnato dalle ormai pericolosamente abituali manifestazioni di piazza, rischiano di pregiudicare un equilibrio che probabilmente i soli interessi commerciali non potranno tenere sotto controllo a lungo, come accaduto finora.

“L’intera comunità internazionale” – osserva Daniele Di Santo, gia` fondatore del Nishinippon Business Forum, tra i piu’ autorevoli osservatori italiani degli scenari della regione estremo-orientale e del Giappone in particolare – “dovrebbe mantenere costantemente un occhio vigile su ciò che accade nella zona Asia-Pacifico, una regione che viene spesso percepita come lontana e, di riflesso, staccata dalle questioni riguardanti gli Stati occidentali. Le dichiarazioni pervenute negli ultimi giorni da entrambe le parti (Cina e Giappone, nda) e soprattutto i recenti posizionamenti delle forze in campo dovrebbero spingere i Paesi occidentali ad interessarsi in quanto le ormai molteplici possibili cause di potenziali conflitti tra le potenze economiche e militari coinvolte sono in grado di minare, purtroppo, non solamente la stabilità geopolitica della zona asiatica circostante ma, profondamente, anche quella mondiale”.

Non solamente, dunque, il crocevia di interessi economici, finanziari e produttivi che reggono produttivita` e consumi (e debiti pubblici) in Occidente; l’estremo oriente e` sempre piu’ anche nodo politico mondiale, in progressiva destabilizzazione, i cui malesseri possono rifletteresi sul resto del mondo, compresa la piccola Europa, con potenza non inferiore a quella di altre attuali drammatiche difficolta` (Isis, emergenza profughi, crisi economica, disoccupazione...).

Le crisi di pianto collettive della popolazione giapponese al messaggio dell’Imperatore appaiono come il segnale della consapevolezza della gravita` della perdita, qualora si realizzi, dell’ultimo punto di riferimento stabile di un paese che, vecchio e stanco, rischia di trovarsi ad affrontare un futuro incerto, lontano da quello ipotizzabile solamente un decennio fa.



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