SOCIETA
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I parassiti della comunità scientifica

02/12/20

La comunità scientifica esiste e aleggia sul mondo. Il mondo ha bisogno della comunità scientifica per quello che essa può dare: innovazione, controllo, contributi positivi. Ne avrà sempre di più bisogno. Oggi più che mai la comunità dovrebbe essere il motore che spinge l’umanità verso nuove conquiste tecnologiche e sociali, verso una ridistribuzione equa dei benefici e la risoluzione di problemi globali. È più necessaria e rilevante che mai l’influenza che la ricerca in ogni sua branca e di concerto l’intera comunità scientifica comunque articolata e a livello mondiale, possono avere sullo sviluppo futuro dell’intera umanità. Purtroppo, è infestata dai parassiti dell’opportunismo, del conformismo e dell’interesse parziale e personale.

Il mondo è bello perché vario, è un vecchio detto che mi permetto di modificare: il mondo è bello ma avariato.
Una carie profonda che investe ogni branca della società a partire dalle sue fondamenta, in primis il mondo dell’informazione e della formazione; la scuola di ogni ordine e grado e i suoi rappresentanti, per arrivare ad investire in seguito e contemporaneamente, ogni altro settore sociale soprattutto se pubblico o di pubblico interesse.
Accademici, Cattedratici, professori presenti in ogni ordine e grado di istruzione, una parte importante delle varie, numerose comunità scientifiche anche se loro e tra loro si ritengono di grado e valore differente.
Una parte fondamentale della struttura economica e commerciale, sociale, che avvolge come un bozzolo ogni nostra quotidianità. Grazie a loro «uno studio afferma…» «recenti studi dimostrano…» che vale tutto come il contrario di tutto, secondo il vento che tira e l’origine dei finanziamenti!
Oggi che prevale un tema di necessaria modifica degli stili di vita, del necessario adattamento a nuove condizioni ambientali e sociali, legato alle pandemie virali che si susseguono, ai cambiamenti climatici in atto; oggi che è più necessaria e rilevante che mai la risposta alle necessità dei popoli più emarginati e deboli in supporto ai problemi di questi e che questi stessi causano a quelli più ricchi ed evoluti, oggi l’ influenza che la ricerca, l’informazione, la formazione e di concerto l’intera comunità scientifica comunque articolata e a livello mondiale possono avere, è fondamentale.
Oggi più che mai la comunità dovrebbe essere il motore che spinge l’umanità verso nuove conquiste tecnologiche e sociali, verso una ridistribuzione equa dei benefici e la risoluzione di problemi globali.
Oggi più che mai si sente la necessità di un rafforzamento della parte sana motivata, competente, idealistica della comunità scientifica cui si chiede di scrollarsi di dosso il peso dell’ignavia, dell’arroganza, della superficialità, dell’asservimento e della disponibilità ad ogni compromesso che grava sulla sua credibilità e sulla sua importanza per l’intera umanità di molti suoi componenti.
Aggettivi che non riguardano tutti e tutta la comunità scientifica certamente, anzi, ma portano in evidenza una realtà spiacevole, molto imbarazzante e per questo sempre sottaciuta pur causa di enormi e conseguenti danni socioeconomici. Perché dunque non parlarne apertamente? La comunità scientifica è infestata da parassiti!
Tutti loro, i maestri, appartengono a ceti sociali, no, quelli non esistono più dunque a gruppi di pari di estrazione, elevata. Sono colti ed istruiti. Insegnano. Sono stimati e rispettati per retaggio storico. Fanno parte della comunità scientifica accreditata. Dalle loro bocche esce oro colato.
I cattedratici, accademici o meno, parlano tra di loro e si concedono indulgentemente al pubblico che disprezzano ma che gli aumenta visibilità e fama sostenendo i finanziamenti alle loro ricerche. Ci tengono ad apparire e ad essere citati, indipendentemente dai luoghi e dalle occasioni. Soddisfa il loro ego.
La loro forza principale sono i loro succubi studenti. I loro studenti, spremuti per realizzare i progetti finanziati e le pubblicazioni, ricercando, leggendo, studiando, riassumendo, rielaborando sotto la loro guida e secondo precisi canoni estetici, i cosiddetti criteri redazionali, le sole citazioni bibliografiche.
La ricerca e lo studio diretto delle fonti primarie, non adatta agli studenti, è impresa troppo ardua per i più.
Le pubblicazioni raramente citeranno i nomi di quegli studenti. Scuole e università avranno piena proprietà su ogni risultato dei loro sforzi. Costoro in cambio se ne faranno future carriere; se riusciranno utilizzeranno a loro volta, in seguito, gli accademici come riferimenti rendendoli così immortali.
Essere conosciuti riconosciuti e possibilmente ricordati è la loro unica ambizione oltre il denaro! Ricordàti non per aver fatto, scoperto, riscoperto, inventato qualcosa di nuovo, di utile di interessante ma semplicemente come maestri. Eppure, ne sono l’antitesi.
I cattedratici di ogni livello ben poco di nuovo offrono al mondo ma ritengono di essere coloro che possono, devono e sono in grado di impartire il sapere, certificato dal loro stesso accreditamento legale e dalle bibliografie di riferimento. Fanno mangiare latte ai vitelli per insegnar loro a produrlo da grandi. Pensano davvero che questi miglioreranno la qualità e la quantità del latte da loro poi prodotto crescendo.
Parolai aulici, citatori di citazioni, pappagalli istruiti che hanno certamente letto molti libri cui si riferiscono e che possiedono liste ragionate di bibliografie tematiche ma poco conoscono né consultano direttamente le fonti documentali. Le mucche nutrite da loro impareranno, al massimo, a riconoscerne il sapore del latte!
Come i sacerdoti delle varie religioni, si arrogano il potere di interpretare il verbo per renderlo comprensibile ai più. L’antitesi di scienziato, di ricercatore. Tantomeno insegnante e maestro.
Si definiscono all’interno della Comunità scientifica accreditata. L’accreditamento che è reciproco fra di loro grazie al riconoscimento legale e a pubblicazioni continue di parti e particelle copiate e rielaborate da altre, altrui e precedenti, che aggiungono il loro nome alle liste li autorizza a ‘sentirsi ed essere direttamente Comunità scientifica’, l’unica riconoscibile accreditata e certificabile, escludendo a priori chiunque altro.
Citare l’enciclica di un papa è ritenuto ingenuo; non è uno scienziato non è accreditato, non è certificato, qualunque cosa abbia detto, dal punto di vista della ricerca e della ‘scienza’ non conta. Conta chi ne estratto e citato alcune frasi in un libro o in una pubblicazione… d’approfondimento.
Tutti loro conoscono Kafka almeno per nome e in verità poco l’apprezzano, come fu a suo tempo, se non altro proprio per il famoso discorso di accoglienza ai suoi studenti: […] filosofare non è ripetere all’infinito parole già dette o pensare pensieri già espressi per dimostrare cultura ma andare oltre […] […] Io vi insegnerò a pensare liberamente e nuovamente e dunque a esercitare la vera arte della filosofia […].
Cattedratici, interessati ad apparire, nominati nelle pubblicazioni siano proprie o di altri, sono pomposamente disinteressati ai contenuti presentati ma fautori della forma che gli permetterà di collegarsi ed associare il proprio nome a quello di altri autori.
Ogni riferimento a ciò che loro non conoscono direttamente cioè in pratica tutti i riferimenti diretti ai documenti ufficiali di soli contenuti, quelli che vanno o andrebbero direttamente letti e interpretati cosa che loro in gran parte non fanno... perché essendo oberati di lavoro non ne hanno il tempo materiale... tutti quei documenti che non hanno uno specifico Autore, (anno), titolo, - editore, città. lo bocciano formalmente escludendone di fatto la rilevanza.
Non operando in prima persona non possono permettersi di aderire a interpretazioni altrui se non accreditate e certificate cui potranno associarsi.
… I filosofi (gli scienziati di oggi) dovrebbero comandare perché sanno ciò che è meglio per il popolo…
Mi ricorda qualcosa. Certamente tutti loro conoscono e sanno recitare a memoria brani di Platone e Aristotele, frasi di Cicerone più quelli di qualche altro antico filosofo. Sono sempre pronti a farlo, le usano nell’intercalare per dimostrare una cultura superiore o almeno pari a quella dell’interlocutore.
Aborrono gli scrittori, amano i letterati.
Certamente, tutti conoscono Nice e sanno che parlava del mitico superuomo: qualunque cosa esso significhi, ve lo spiegheranno. Tutti loro conoscono certamente Sartre e la sua noia di vivere. Hanno certamente letto Marcuse. Per non parlare di Marx ed Engels ma vi diranno che sono sorpassati e citeranno nuovi autori, filosofi, pensatori maggiormente contemporanei, membri della loro comunità e citati in bibliografia con rigoroso rispetto delle norme redazionali, puntini, trattini, parentesi e virgole al posto giusto.
La puntigliosa necessità di un riferimento certo a ciò che hanno elaborato, porta il tempo e l’attenzione allo stilo di dettagliatissime bibliografie. La ricerca è un lavoro, certosino, di classificazione, selezione, catalogazione. Se parlano di cani o di alberi, di cani o di alberi si deve parlare e disquisire, non di altro!
Ogni editore ha e richiede ai suoi autori regole precise per la redazione dei testi, l’uso degli accenti, delle virgolette, dei corsivi etc. Soprattutto per quanto riguarda le bibliografie. Ognuno applica regole leggermente differenti da quelle degli altri per sancirne l’unicità e per chi si adegua, l’appartenenza. Il fatto non li tocca.
Le loro regole sono quelle che contano: gli studenti devono imparare…
I cattedratici sono molto attenti alla forma grafica, alle convenzioni ma in questa ricerca motivata dalla necessità di pubblicare molto per ottenere o mantenere i finanziamenti, perdono molto più di quanto non ricavino. Le loro opere sono spesso solo ripetizioni di ricerche già fatte, di pensieri già espressi, di parole già dette, riassunti di riassunti fatti da altri, sempre più striminziti, ridotti a pezzi e monconi, ripetizione: loro li definiscono aggiornamenti, intendendo l’estrapolazione di frasi dai contesti originali dei discorsi per costruire nuovi discorsi dello stesso settore e dello stesso argomento o giustificare la loro linea di condivisione o differenziazione: a favore o a sfavore di...
Loro ti spiegano cosa il pensatore originario, il genio, l’artista, avrebbe detto o voluto dire, approfondendone e confrontandone le parole con quelle di altri, permettendone l’identificazione precisa delle frasi, mantenendole pedissequamente negli stessi contesti e ambiti, impedendo l’ampliamento ulteriore di ogni orizzonte di pensiero derivato.
Non si può certo pensare che tutti coloro, appartenendo ai contesti suddetti, ignorino la differenza tra i testi delle canzoni americane e inglesi degli anni del pacifismo, cinquanta e sessanta, rispetto quelli delle cover italiane passate al festival di Sanremo in radio o TV nello stesso periodo storico dunque conoscono la censura.
Neppure è ipotizzabile che non sospettino una forma censoria e autoritaria nell’utilizzo tecnologico del parental control (se NON VUOI che tuo figlio veda questo, non perdere tempo ad insegnargli la differenza tra positivo e negativo ma semplicemente bloccagli l’accesso).
La vedono certamente la semplice indicazione, molte volte ripetuta nel palinsesto programmatico e pubblicitario: visione riservata agli adulti; visione consigliata con la supervisione di un adulto; contiene forme di violenza, utilizza linguaggio esplicito, non adatto ai minori; certamente pensano che coincida con una forma di censura. Una censura autoritaria, moderna commerciale, malcelata, ambigua, tendente sempre ad invogliare il consumo da parte di coloro cui è proposta e sconsigliata la visione o la lettura mentre assolve i tutori dalla responsabilità dell’ignoranza e delega allo stato la gestione degli effetti.
La rielaborazione del messaggio pubblicitario è il prodotto della comunità scientifica o almeno di una sua parte, la soluzione proposta per ottenere e vendere sempre di più senza assumersi la responsabilità dei danni collaterali. Conformismo forse non è più una parola adatta a loro. C’è molto di peggio. Concussione?
Nell’elaborare i criteri redazionali, nel ripetere e riassumere, ripetere e semplificare, ripetere e rielaborare, hanno inventato la Delega di responsabilità per tutti.
Gli stessi imput costituiscono normalmente per un autore, lettore, pensatore libero, dubbi, stimoli e suggerimenti per indurre ulteriori domande; molle che pungolano il pensiero creativo e innovativo, autonomo, a volte facendogli raggiungere le stesse conclusioni degli autori che lo hanno ispirato, altre volte portandolo a soluzioni differenti. Per loro, i cattedratici, non ci sono mai soluzioni differenti.
Sono abituati a fornire risposte sintetiche e affermare pseudo certezze, sanno che approfondendo e confrontando le parole estratte dai contesti con quelle di altri altrettanto decontestualizzate, con un piccolo sforzo si può inserirle in ulteriori contesti del tutto nuovi, costruendone nuovi messaggi accreditabili se pur parziali.
Chi fa questo mestiere e non fa il pubblicitario o chi si presta a questo scopo asservito all’economia e agli interessi di parte, a servizio della pubblicità, si chiama venduto! Raymond Carver affermò tra l’altro: «non si scrive solo per dire qualcosa, si scrive perché si ha qualcosa da dire». Loro fanno esattamente e soltanto la prima cosa: scrivono per dire qualcosa e dunque esserci.
La Comunità scientifica è come la pelliccia di un animale: avvolge, protegge il corpo dell’animale. È fondamentale, utile, indispensabile. Ecco di cosa si dovrebbe liberare la Comunità scientifica nel prossimo futuro: delle pulci che infestano la pelliccia, di questi servi asserviti utili principalmente se non solo, a sé stessi; parassiti nascosti che dal cane e dalla pelliccia traggono il loro sostentamento senza dare nulla in cambio creando anzi diffidenza e reazione verso l’intera pelliccia. Il mondo ha bisogno di una comunicazione seria e della comunità scientifica per quello che essa può dare: innovazione, controllo, contributi positivi e ne avrà sempre di più bisogno.



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