I vari tipi di test prenatale per individuare la Sindrome di Down

Ogni donna in dolce attesa si augura che il proprio bambino sia sano e, proprio per questo motivo, è pronta a sottoporsi a tutti i controlli necessari per sapere come sta.
del 15/05/15 -

Ogni donna in dolce attesa si augura che il proprio bambino sia sano e, proprio per questo motivo, è pronta a sottoporsi a tutti i controlli necessari per sapere come sta. Esistono molti test prenatali in grado di dare informazioni sullo stato di salute del bambino; fra le principali anomalie che possono insorgere nel bambino c’è la Sindrome di Down (trisomia 21).

Spesso si crea confusione fra test di screening prenatale e test diagnostici prenatali. Scopriamo quali sono le differenze

Test di screening prenatale
Questi test rilevano la probabilità del feto di presentare anomalie cromosomiche, in particolar modo la Sindrome di Down. I test di screening sono in grado di identificare la presenza di queste anomalie durante la gravidanza con una elevata percentuale di attendibilità: il test Aurora, per esempio, è in grado di rilevare la presenza della Sindrome di Down in oltre il 99,9% dei casi. Tuttavia, per confermare al 100% la diagnosi in caso di esito positivo, sono necessari esami invasivi. I test di screening prenatale comprendono diverse tipologie:

Analisi del sangue materno: si tratta di un test del sangue materno che si svolge dalla 10a settimana di gravidanza, in cui si analizzano i frammenti di DNA del feto che circola nel sangue della gestante. Il test Aurora appartiene a questa tipologia, ed è un metodo privo di rischi per la gestante e per il suo bambino.

Bi-test: questo screening viene svolto nel primo trimestre combinando due esami separati, quali l’analisi del sangue e la translucenza nucale. L’analisi del sangue svolta nel bi-test è volta a individuare la quantità di una determinata proteina, che può suggerire la possibile presenza di anomalie. La translucenza nucale è invece un esame ecografico in cui si misura la nuca del bambino, le cui dimensioni possono indicare possibili anomalie.

Ecografie: questo esame viene effettuato periodicamente nel corso di tutti i trimestri di gravidanza, per monitorare la crescita del bambino.


Test di diagnosi prenatale
Se dai test di screening prenatale si hanno risultati che indicano la possibile presenza di anomalie nel feto, il medico richiede approfondimenti attraverso degli esami di diagnosi prenatale. Questi possono individuare con certezza la presenza di anomalie e sono test di tipo invasivo. Vediamo quali sono i tipi di esami diagnostici:

Villocentesi: si svolge nel periodo fra la 10a e la 12a settimana. Questo esame prevede il prelievo di campioni di villi coriali, presenti nella placenta, per determinare se il bambino presenta anomalie cromosomiche.

Amniocentesi: solitamente si esegue tra la 15a e 18a settimana. In caso di risultati positivi della villocentesi, può essere svolta per confermarne l’esito. L’amniocentesi prevede il prelievo di liquido amniotico, dal quale è possibile rilevare la presenza di anomalie nei cromosomi.

Cordocentesi: si tratta di un test molto rischioso, in quanto viene effettuato un prelievo di sangue nel cordone ombelicale del feto. Questo test può essere effettuato quando l’analisi del liquido amniotico prelevato con l’amniocentesi non è andato a buon fine.

Questi sono i tipi di test che possono essere svolti per verificare lo stato di salute del bambino, con metodi non invasivi come il test Aurora o con esami diagnostici invasivi per confermare le possibili anomalie.



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