SPETTACOLO
Comunicato Stampa

Il Grande Teatro al Bianconi con “L’invisibile che c’è” di Antonio Grosso

08/03/15

Sul palco emozioni, poesia e divertimento con Gennaro Cannavacciuolo, Enzo Casertano e Antonio Grosso. La regia di Paolo Triestino.

FotoCarbognano: Dopo l’incredibile Il più bel secolo della mia vita (testo inedito alla prima rappresentazione assoluta a livello nazionale che la scorsa settimana ha letteralmente travolto gli spettatori con la sua carica esplosiva di risate ed emozioni meritandosi ovazioni e applausi con i bravissimi protagonisti, Giorgio Colangeli, Francesco Montanari e Maria Gorini, e gli autori chiamati a più riprese sul palcoscenico da un pubblico entusiasta) è ancora tempo di grandissimo Teatro al Bianconi con uno degli spettacoli più emozionanti degli ultimi anni. Domenica 15 marzo alle 17.00 sullo storico palcoscenico viterbese approderà L’invisibile che c’è di Antonio Grosso. In scena, con la regia di Paolo Triestino, Gennaro Cannavacciuolo, Enzo Casertano e lo stesso Antonio Grosso.
Un padre e un figlio, un figlio e il suo papà: un legame ovviamente profondo e viscerale, un legame che porta l'uomo della nostra storia, un padre, appunto, a vivere emozioni indescrivibili. Vedere il figlio nascere, crescere, diventare uomo e, e...Pochi si sono presi la briga di narrare la storia d’amore tra un figlio e suo padre e questa vicenda ne è intrisa, con semplicità. In questo spettacolo di Antonio Grosso si vola: lo spettatore fluttua e non sempre se ne accorge. Le emozioni sono fortissime e contrastanti. Si affrontano temi drammatici, ma con fantasia e leggerezza, con ilarità e misticismo, il tutto avvolto da un'atmosfera surreale. Una commedia sul dolore, quasi un ossimoro. Anche la morte di un figlio, del resto, è un concetto profondamente contraddittorio. Insomma, l'amore e la vita sono faccende con dinamiche straordinarie. Ne “L'invisibile che c'è” tutto rimane sospeso, tutto orbita intorno a quella ‘e’. La vita, si sa, è imprevedibile, ma cosa accadrebbe se lo diventasse anche la morte?
L'invisibile che c'è è una di quelle favole in cui un dolore sterminato grazie alla sensibilità e alla delicatezza della poesia assume sfumature più lievi, in cui anche di fronte alla perdita incomprensibile e inaccettabile di un figlio si può trovare uno spiraglio di luce in una forma di accettazione mistica unita ad una cristiana rassegnazione. La pièce ha l'enorme merito di affrontare il tema della morte, in particolare l'imperscrutabile e cinica tragedia rappresentata dalla perdita di un figlio, attraverso una scrittura che concilia, con grande intelligenza drammaturgica, i colori scuri dell'inevitabile dramma con quelli più leggeri della commedia. L'autore, Antonio Grosso, si dimostra sorprendentemente all'altezza della difficoltà, evidenziando, nonostante la sua giovane età, una maturazione artistica che conferma di fatto che ci troviamo di fronte ad un autore contemporaneo che fa ben sperare per le sorti del teatro italiano. Il coraggio di mettersi in gioco spingendosi in terreni scivolosi piuttosto che rifugiarsi in contesti già collaudati di facile lettura drammaturgica è indice di grande intelligenza artistica che va sicuramente a suo favore. Alle doti di scrittura però si aggiungono quelle interpretative; infatti anche in questo l'attore di origini campane, che nella commedia si riserva la parte del figlio, ha dimostrato una crescita di assoluto rilievo presentandosi come una delle migliori promesse dell'attuale panorama italiano.
Il ruolo del padre, interpretato da uno straordinario Gennaro Cannavacciuolo, è una lezione di teatro Un personaggio tanto commovente quanto avvincente in una prova attoriale che tra una carezza all'anima ed un pugno al cuore, avvicina al teatro anche i più renitenti. Mai sopra le righe, capace di commuovere, profondamente, un magnetismo che riconcilia con la recitazione. Di lui parla la storia: cresciuto e formatosi con Eduardo De Filippo e continuando poi con Pupella Maggio, la sua carriera è costellata di successi di grande prestigio, che lo hanno visto confrontarsi con scelte artistiche sempre più impegnative, portandolo ad interpretare spettacoli che hanno fatto realmente la storia del teatro come Cabaret, Concha Bonita, le Notti di Cabiria, il Bacio della Donna Ragno, Carmela e Paolino, Questa sera Amleto, e tanti altri, divenendo nel tempo un attore sinonimo di talento, classe, eclettismo e fantasia insuperabili, uno degli ultimi eredi della grande scuola teatrale legata ad Eduardo.
A Grosso e Cannavacciuolo si aggiungono i vicini di casa, interpretati magistralmente da Enzo Casertano e Antonello Pascale, che si ritagliano il ruolo di rottura brillante. I loro ruoli tuttavia non si esauriscono nella solo componente comica ma si valorizzano con altrettanti momenti di particolare impatto drammatico, che ne evidenziano in modo cristallino e indiscutibile la bravura indiscussa. Lo stesso plauso va rivolto alla ragazza del compianto figlio, interpretata da Roberta Azzarone, che riesce a disegnare un personaggio di estrema delicatezza e sensibilità.
La regia di Paolo Triestino è riuscita a far sì che tutte le componenti in gioco venissero miscelate fondendosi in un capolavoro di equilibrio. Non a caso parlavo di poesia, in quanto l'intera commedia ne è intrisa in tutte le sue componenti: dai suoni evocativi alle atmosfere oniriche sapientemente modellate da un disegno luci discreto quanto efficace, cosi come si dimostrano di grande efficacia le magnifiche scene.
Per informazioni e prenotazioni si può consultare il sito internet www.teatrobianconi.it, la pagina facebook del Teatro Bianconi o telefonare al 340 1045098 (24h) o allo 0761 613695



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