SPORT
Comunicato Stampa

Canottaggio: Il podio del mondo

21/08/19

MONDIALI CANOTTAGGIO: Jacopo Mascitelli vice campione del mondo con il quattro di coppia a Tokyo 2019.

FotoJacopo ha 17 anni, come Tedoldi suo compagno di armo, uno in meno di Manigrasso e di Rocchi che completano la squadra dell’equipaggio vicecampione del mondo Juniores a Tokyo 2019.

Non troverete questa notizia sulle prime pagine dei giornali o nelle edizioni on line dei grandi portali. Il canottaggio è uno sport povero, che si nutre come nell’antichità di furore, sacrificio, coraggio e determinazione. E testa, molta testa.
E’ una gara che si svolge con le spalle al traguardo e per capire cosa succede davanti a te ed intorno a te, mentre il cuore pompa a mille ed ogni muscolo è allo stremo, devi avere occhi dove nessuno li ha. Sentire la regata. Sentire l’avversario. Sentire il vento e l’onda insidiosa.

Soprattutto devi sentire la barca che è un piccolo guscio di carbonio dall’equilibrio instabile e con essa sentire tutto l’equipaggio come membra di uno stesso corpo.
La testa che guida questo corpo è un’organo diffuso, una specie di web che muove la barca dove c’è si un capovoga ma dove l’iniziativa non è rispondere agli ordini, ma fare sempre il meglio.
Questi ragazzi che sono belli, alti, sorridenti, con fisici da eroi greci, si allenano sette giorni su sette a volte più di una sessione al giorno.

Jacopo che fa parte della Canottieri Milano, il club storico di una grande città spesso deve lottare con l’acqua che manca nel naviglio, con l’indifferenza di una città “da bere” che apparentemente ha tutto e quindi comincia ad essere un po’ distratta.
Sforzi spesso lontani dalla narrazione che i più fanno dei giovani di oggi. Sforzi disumani che contrastano con i sorrisi che la gioventù ed i successi sportivi ritraggono sulle pagine social ufficiali.
Se li incontrate fatevi mostrare le mani.
Sono mani da minatore italiano degli anni 50. Calli neri che deformano il palmo.
La pelle rugosa e spessa.
Eppure frequentano con grande profitto i licei che sono il vanto della cultura italiana nel mondo ed istituti tecnici che sfornano professionisti ambiti.

Dietro questi vicecampioni del mondo, che per ottenere l’argento hanno dovuto condurre in testa 1800 dei 2000 metri della regata, mettendo sottopressione gli equipaggi mastodontici ed ipervitaminizzati di Germania e Russia, c’è tutta la nostra storia e la nostra speranza.
Ci sono allenatori che si fanno in quattro per loro e tutta una serie di persone che antepongono l’eccellenza in quello che fanno a qualsiasi altro compenso.
Tutti sapevano che solo rimanendo primi potevano sperare di arrivare secondi.

Questi ragazzi, ammettiamolo, questa nuova generazione che spunta insolente da un Italia in grande affanno, questi ragazzi sono migliori di noi. Migliori della generazione che li ha generati.
Questi ragazzi sono la speranza, anzi la certezza che possiamo farcela, che potremo ancora stupire il mondo.
Non ci meravigliamo se in Patria ben pochi se ne siano accorti.
Un pò per stoltezza, un pò per paura.

Non è un caso però che noi genitori che abbiamo affrontato una trasferta epica per sostenere atleti e Federazione, siamo stati letteralmente assaliti dai reclutatori delle più prestigiose università americane che, non solo conoscevano perfettamente i curricula di ognuno, ma cercavano ad ogni costo di accaparrarsi un appuntamento, una speranza di poter avere uno di loro negli USA.
Sono le stesse università dove i “figli di papà”, spesso svogliati, cercano di entrare attraverso l’antico metodo delle raccomandazioni che in America non sembra essere così lineare.

La gara mondiale di questi 4 ragazzi che per un soffio non si è conclusa con l’apoteosi di un oro, va oltre lo sport ed i suoi valori. E’ la dimostrazione vera e concreta che sotto la cenere vive l’anima di un grande popolo. Dobbiamo solo ravvivare quel fuoco con dedizione, intelligenza, competenza e voglia di lavorare.

Saremmo così pronti a ritrovare il podio del mondo.




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