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Il recupero crediti può venire a casa?

09/05/19

Cosa succede se l’esattore bussa alla porta e minaccia di eseguire un pignoramento?

FotoLa natura privata delle società di recupero crediti non toglie che queste possano inviare un delegato a casa del debitore, così come qualsiasi persona (ad esempio un amico, un parente, un agente di commercio) può far visita a un’altra. Ma qui subentrano i normali limiti che la legge pone a tutela del domicilio privato. Trattandosi di un soggetto non pubblico, questi può limitarsi a bussare al domicilio del debitore e attendere l’apertura della porta. Apertura che non è obbligatoria, né sono previste conseguenze in caso di rifiuto a prestare collaborazione.
Dunque, in buona sostanza, il recupero crediti può – al pari di qualsiasi altro soggetto privato o pubblico – presentarsi alla porta del debitore e chiedere, educatamente, di essere aperto bussando al campanello.

A volte si presenta come “procuratore stragiudiziale”, per dare un tono di ufficialità alla visita a casa tua. La parola però sta a significare che è un mandatario che nulla ha a che vedere col tribunale e quindi, nonostante la parola altisonante, non ha alcun potere pubblico.
Il delegato del recupero crediti, come abbiamo detto, non è l’ufficiale giudiziario e non può eseguire un pignoramento: non può quindi prelevare beni per metterli all’asta. 

Solo l’ufficiale giudiziario può intimare l’apertura della porta di casa al debitore e, in caso di resistenza, farsi accompagnare dalla forza pubblica. Il dipendente del recupero crediti non è un pubblico ufficiale e, quindi, non gli si deve alcuna obbedienza. Non si deve aprire la porta per forza e questi non può gridare dall’esterno alcuna frase che possa far intuire ai vicini la sua funzione; diversamente violerebbe l’altrui privacy. Dovrà quindi rassegnarsi e andare via. Potrà tutt’al più lasciare un avviso in busta chiusa nella cassetta delle lettere.

Secondo la giurisprudenza (Trib. Chieti, sent. n. 883/2012.), del comportamento scorretto e contrario a buona fede tenuto dalla società di recupero crediti risponde tanto quest’ultima quanto il creditore che se ne è valso (per es.: la banca, la società di telefonia, ecc.). E ciò perché grava su quest’ultimo l’obbligo di controllare l’operato dei propri collaboratori.
Il creditore non può neanche agire subito dopo con il pignoramento a meno che non abbia in mano una sentenza di condanna del giudice, un decreto ingiuntivo, un contratto di mutuo firmato davanti al notaio, un assegno o una cambiale scaduti.

Sintesi articolo pubblicato sul sito laleggepertutti.it



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