SALUTE e MEDICINA
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Il ruolo della nutrizione in campo oncologico

11/10/18

Il protocollo terapeutico e nutrizionale deve essere sempre “cucito” in base al paziente e soprattutto al tipo di tumore. Non siamo robot, ogni persona è unica e ogni patologia è differente.

FotoOgni giorno in Italia si scoprono circa 1.000 nuovi casi di cancro.

Secondo i dati dell’Associazione italiana registri tumori (AIRTUM) si stima che nel nostro Paese vi siano nel corso dell’anno più di 365.000 nuove diagnosi di tumore (esclusi i tumori della pelle, per i quali è prevista una classificazione a parte a causa della difficoltà di distinguere appieno le forme più o meno aggressive), circa 189.600 (52%) fra gli uomini e circa 176.200 (48%) fra le donne.

Per fortuna, sempre negli ultimi anni, si evidenziano percentuali maggiori di guarigione; merito sicuramente da attribuire alla ricerca, ma anche alle campagna di sensibilizzazione e screening, le quali consentono di individuare la malattia in uno stadio iniziale, e della maggiore efficacia delle terapie.

In questi stessi anni si sta sempre di più affermando, nel mondo oncologico, l’importanza della figura del nutrizionista. Premetto fin da subito che la nutrizione non cura da nessun tumore.

Quindi? Qual è il ruolo della nutrizione nel campo oncologico?
Sicuramente carta fondamentale viene giocata dalla prevenzione, quella stessa prevenzione che può e anzi deve iniziare dalla tavola.

Non ci sono dubbi, lo stile di vita influisce sia sull’incidenza dei tumori, sia sulla curabilità. La prevenzione, dunque, funziona. Lo confermano gli studi del dna: sappiamo che non più del 4% dei tumori è dovuto a ciò che respiriamo, ma bensì il 30% è dovuto a quello che mangiamo. Broccoli, pomodori e frutti di bosco, per esempio, contengono antiossidanti e composti fitochimici che possono intervenire sul meccanismo stesso della formazione del tumore, inibendo la produzione delle cellule mutanti e lo sviluppo di nuovi vasi sanguigni.

Ne sono ricchi anche la curcuma, il the verde, l’aglio e l’uva (non il vino!!!).

Nel 2010 venne attribuita importanza alla vitamina D nel mondo oncologico. Tale vitamina (denominata anche ormone D), attraverso l’attivazione dei sui recettori, frena la crescita delle cellule, ne favorisce la differenziazione e la morte programmata (apoptosi), e riduce la formazione di nuovi vasi (angiogenesi).. Dati recenti confermano come l’integrazione di 32 ng/ml di vitamina D possa ridurre del 50% i tumori del seno e del colon. Ricordo che Un terzo del fabbisogno giornaliero di vitamina D proviene dall’alimentazione. I cibi in cui se ne trova di più – oltre a quelli che ne sono arricchiti a livello industriale, come molti cereali per la prima colazione – sono i pesci grassi (come salmone, sgombro e aringa), il tuorlo d’uovo e il fegato.

Tutto il resto si forma nella pelle a partire da un grasso simile al colesterolo che viene trasformato per effetto dell’esposizione ai raggi UVB. Una volta prodotta nella cute o assorbita a livello intestinale, la vitamina D passa nel sangue. Qui una proteina specifica la trasporta fino al fegato e al rene, dove viene attivata.



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