ECONOMIA e FINANZA
Comunicato Stampa

L’EUROPA DEI CITTADINI: la denuncia diretta alla Commissione Europea dell’infrazione

27/08/15

a cura di Federica Rossi Chi non si aggira di frequente per l’ambiente comunitario ed ha una conoscenza solamente superficiale del diritto dell’Unione Europea forse nemmeno sa dell’esistenza di un formidabile strumento di ricorso alla Commissione Europea posto al servizio di chiunque si ritenga essere vittima, da parte di un terzo, di un’infrazione del diritto dell’Unione. Già, perché non esistono solo e soltanto Tribunali e Corti nazionali; le istituzioni europee sono di fatto a disposizione del cittadino

La Commissione è, infatti, l’organo preposto alla sorveglianza dell’applicazione del diritto comunitario (art. 17 TUE). In forza di ciò è consentito a persone, fisiche o giuridiche, di rivolgere a tale istituzione, e nei confronti di altre persone giuridiche o di Stati membri, domande volte a denunciare determinate misure adottate, l’assenza di misure obbligatorie o ancora pratiche contrarie al diritto europeo, tutto ciò che può essere dunque definito “un’infrazione”.
Il diritto dell’Unione Europea, che primeggia sui diritti nazionali dei singoli Paesi, regola le politiche interne dell’Unione occupandosi soprattutto di mercato interno, agricoltura e pesca, libertà di circolazione, trasporto, concorrenza e fiscalità. Le norme previste a riguardo sono quindi rivolte agli Stati membri, ai cittadini e alle imprese che operano sul territorio dell’Unione europea”. Ma quali sono, nello specifico, le pratiche che possono denunciarsi? Occorre anzitutto distinguere tra pratiche cosiddette statali e comportamenti posti in essere individualmente da entità on statali, come per esempio le imprese. Per le prime è prevista una procedura classica volta alla denuncia di qualsiasi misura legislativa, regolamentare o amministrativa, che sia contraria al diritto dell’Unione (secondo quanto previsto dall’art. 258 TFUE). Diversamente, esiste una specifica procedura per quanto riguarda gli aiuti di Stato rilevanti ai sensi degli articoli 107 e 108 TFUE (ossia quelli in grado di falsare o minacciare la concorrenza), nonché per le misure adottate dalle imprese, ed in particolar modo quelle in contrasto con gli artt. 101 e 102 TFUE (accordi anticoncorrenziali), o per le pratiche anticoncorrenziali attuate per la propria difesa, prima tra tutte il dumping.
Il ricorso alla Commissione può risultare dunque molto utile in quest’ultimo caso o a fronte di concessioni, così come in caso di aiuti di Stato illegali o incompatibili. Nello specifico, il dumping è condannabile ogni qualvolta venga arrecato un danno alla produzione del Paese importatore, creato da una discriminazione dei prezzi che provoca un’alterazione del mercato interno. Quanto invece alle concessioni, si tratta di contributi finanziari concessi da uno Stato o da altri organismi pubblici, e che divengono illegali qualora costituiscano un vantaggio specifico ad un’impresa o ad uno specifico ramo della produzione. Nel caso si voglia depositare un ricorso alla Commissione per investirla di questioni di tal genere, occorre sempre accertarsi che l’impresa destinataria rappresenti almeno il 25% della produzione su scala europea del prodotto che si ritiene oggetto di dumping o concessioni.
Ma molto più semplicemente, un’impresa o anche un cittadino possono ricorrere a questa procedura di denuncia, per citare un esempio, contro l’Agenzia delle Entrate, qualora ritengano che la condotta di quest’ultima causi la lesione dei loro diritti, e sempre che tale comportamento costituisca un’infrazione alle regole europee!
Ad ogni modo, è bene non dimenticare che prima di rivolgersi alla Commissione è utile prendere anzitutto contatto con le autorità o gli organismi del proprio Paese e verificare le possibilità di ricorso a livello nazionale, nonché eventualmente tentare la risoluzione delle controversie tramite organismi differenti, come ad esempio i centri europei dei consumatori o il servizio europeo SOLVIT, un’istituzione intracomunitaria che funge da mediatore. Servirsi di tali strumenti comporterà benefici per il denunciante di fronte alla Commissione, salva inoltre la facoltà di esperire le due vie in modo parallelo.
L’obiettivo principale nel depositare un ricorso alla Commissione è quello di fare cessare un’infrazione, una pratica scorretta di uno Stato o di un’impresa.
Vero è che la Commissione non può in nessun caso provvedere direttamente alla riparazione del pregiudizio recato al richiedente. Ciò resta, infatti, prerogativa delle giurisdizioni nazionali le quali, tuttavia, subiranno inevitabilmente la pressione di una procedura pendente avanti alla Commissione Europea, o l’influenza di una vera e propria decisione pronunciata dalla Corte di Giustizia, volta ad ottenere la cessazione della condotta scorretta. La denuncia alla Commissione ha, dunque, un effetto, seppur indiretto, strategico.
Qualche consiglio pratico per la redazione di un ricorso può senz’altro aumentare le probabilità di accoglimento. Anzitutto, l’atto deve essere redatto per iscritto in una delle lingue ufficiali dell’Unione Europea. Esiste altresì uno specifico formulario della Commissione che, pur non essendo obbligatorio utilizzare, senz’altro semplifica l’analisi della domanda da parte di chi la riceve e consente di seguire uno schema sintetico evitando il rischio di dilungarsi in questioni non particolarmente rilevanti.
Nella redazione di un ricorso alla Commissione è poi necessario tenere presenti alcuni requisiti essenziali che vanno rispettati per evitare di vedersi rigettata la propria domanda. Ad esempio, il ricorso deve sempre essere firmato, non può rimanere in forma anonima; deve essere esplicitamente menzionato lo Stato membro cui sono imputabili le pratiche scorrette; non è possibile denunciare il comportamento di una persona o entità privata, salvo che nella misura in cui su ciò influisca il potere pubblico (ciò nel caso di pratiche statali); le doglianze che si presentano alla Commissione devono sempre e comunque concernere il diritto dell’Unione Europea.
Peraltro, ancora prima del deposito formale del ricorso, è sempre consigliabile prendere contatto informalmente con la Commissione al fine di domandare un parere sul dossier, nonché per avere un’idea più realistica circa le possibilità di accoglimento del ricorso. Una volta poi depositato formalmente tutto il necessario, è opportuno restare in contatto con le autorità coinvolte, quale la Rappresentanza permanente dello Stato membro presso l’UE, e mantenere rapporti con i servizi della Commissione stessa, anche accompagnando il ricorso con eventuali ulteriori comunicazioni.
Da parte sua, l’Amministrazione si impone alcune garanzie nei confronti del richiedente. Ad esempio, si propone di garantire l’anonimato del ricorrente, nonché di tenerlo aggiornato ad ogni tappa della procedura. Una volta registrato il ricorso, la Commissione procederà alla messa in mora o determinerà l’archiviazione o no della domanda nel tempo limite di un anno. Nel caso di archiviazione, verrà inviata al ricorrente una lettera, dal ricevimento della quale lo stesso avrà un termine di quattro settimane per proporre le proprie osservazioni.
Oramai divenuta obbligatoria prima dell’avvio della procedura formale, è la cosiddetta procedura “EU Pilot”, ossia una fase pre-contenziosa che ha lo scopo di fornire allo Stato membro la possibilità di supplire alle proprie mancanze ponendo in essere una misura conforme al diritto dell’Unione Europea. Si tratta di una procedura piuttosto efficace se si considera che più della metà delle cause introdotte si conclude a questo stadio.
La procedura di infrazione vera e propria si articola invece in tre tappe. Viene anzitutto inviata , da parte della Commissione, una lettera di messa in mora, seguita da un avviso motivato. Salvo che il destinatario si adegui immediatamente, la questione viene deferita direttamente alla Corte di Giustizia.
Se la Corte accerta l’infrazione, viene trasmessa una nuova lettera di messa in mora. Se il destinatario non darà riscontro alle direttive della Corte, la Commissione potrà nuovamente rimettere la questione alla Corte di Giustizia, la quale, constatato l’inadempimento, imporrà allo Stato membro di conformarsi al diritto comunitario.
In relazione a questo importante strumento di ricorso concesso ai cittadini, non bisogna comunque dimenticare la possibilità di adire inoltre il Mediatore Europeo qualora ci si dovesse imbattere in una cattiva amministrazione da parte della Commissione, chiedendo non già di rivedere i motivi della decisione presa, ciò che il Mediatore non ha la competenza per fare, ma contestandone quantomeno gli aspetti formali ed amministrativi.
In conclusione, non pensiamo che le nostre possibilità di appellarci alla giustizia siano limitate ai Tribunali nazionali; l’Unione Europea offre tanti strumenti. Impariamo a conoscerli ed a utilizzarli!

Studio Legale “Cherchi & Partners”- Bruxelles

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