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Comunicato Stampa

La depurazione che non c’è costa all’Italia oltre 350mila euro il giorno

29/08/17

La mancata depurazione è il principale tallone d’Achille che ogni anno affonda la qualità dei mari italiani.

FotoOggi l’Italia è soggetta a tre procedure di infrazione relative alla violazione della disciplina europea in materia di acque reflue urbane (direttiva 91/271/UE), e due sono le condanne già arrivate da parte della Corte di giustizia Ue riguardanti 931 agglomerati urbani: in tutto, le multe europee «superano i 60 milioni di euro forfettari, più una penalità di quasi 350 mila euro al giorno (oltre 60 milioni a semestre) per ogni giorno di ritardo».
Contando che l’ultima scadenza per i tempi di adeguamento alla normativa Ue sono stati superati a partire dal 31 dicembre del 2015, con ancora scarsi risultati, ci si può fare un’idea delle risorse (perse) in gioco.

Lo stesso può valere per la depurazione delle acque reflue. Come spiegano da Utilitalia (la federazione delle imprese di acqua ambiente e energia), con una corretta depurazione si ottiene sia acqua nuovamente riutilizzabile (diventando così anche una chiave di lettura per affrontare per esempio periodi di siccità, insieme naturalmente alla necessità di investimenti sugli acquedotti per limitare le perdite) sia fanghi che possono esser riutilizzati come fertilizzante in agricoltura oppure esser valorizzati per esempio trasformandoli in bio-combustibili.

Possibilità, queste, che devono però ancora concretizzarsi appieno, sia nel nostro Paese sia a livello comunitario: secondo i dati Ue ogni anno in Europa vengono trattati più di 40 mila milioni di metri cubi di acque reflue, ma ne vengono “riusati” soltanto 964 milioni di metri cubi., e il potenziale di crescita è enorme.
L’Europa potrebbe arrivare a utilizzare sei volte il volume di acque trattate oggi, mentre l’Italia – che ha uno dei potenziali più alti – si trattano e si riusano ogni anno 233 milioni di metri cubi di acque reflue, spesso con acute difficoltà in ogni punto della complessa filiera di gestione: un caso esemplare è costituto dai fanghi derivanti dal trattamento delle acque reflue urbane, che in Italia ammontano (nel 2015, dati Ispra) a oltre 3 milioni di tonnellate.



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