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La recensione di Storie borderline della mia pipa di Enrico Magni - Edizioni Psiconline

05/11/14

Storie borderline della mia pipa di Enrico Magni nella collana A Tu per Tu è in tutte le librerie e on-line, dello stesso autore nella collana Punti di Vista è disponibile Tecniche di distensione immaginativa, manuale di auto-aiuto. (Edizioni Psiconline, 2013).

FotoIn occasione della presentazione del libro al Festival delle Letterature dell'Adriatico, pubblichiamo la recensione della nostra Redazione.

Storie borderline della mia pipa, sei storie vere, raccontate da un reporter o da uno psicoterapeuta.
Le storie nascono dal caso e dall’incontro, così come la pipa e il tabacco generano il fumo o come il contenuto e il contenitore producono un significato dando forma all’informe.

Un ascoltatore ed il suo interlocutore. Una storia che fluisce e s’intreccia ad emozioni e pensieri forti. Il bisogno di raccontare ed essere ascoltati e lo sforzo di chi tenta di non sfuggire e non giudicare. Una relazione: tra chi ha qualcosa di importante da dire ed un professionista che cerca di registrare tutto ciò che gli viene proiettato addosso.
È questo il filo conduttore di ognuna delle sei storie presentate nel libro di Magni: un reporter ascolta (o legge) delle vicende, assolutamente diverse tra di loro, e presentate con modalità altrettanto varie.
Dalla guerra nazifascista, che ha portato via la madre del primo protagonista; al trauma di Gianni, primo attore nel secondo capitolo, e all’insorgere della sua malattia; alla vita sessuale precoce di un’adolescente, Luciana, che dimentica sbadatamente il suo diario su una panchina del parco; alle vicende di Carla, “sottomessa”
psicologicamente al marito ed alla vita prestabilita, a cui cercherà di reagire; alla vita nel carcere, che rappresenta, per la sua lunghezza e la sua corposità, un romanzo nel romanzo; infine, all’adolescenza ed alle dinamiche della dipendenza da sostanze, circolo vizioso senza fine e dalle mille sfaccettature, di cui l’autore presenta “solo” quattro esempi.

Procedendo nella lettura di Storie borderline della mia pipa, vengono accentuati i discorsi degli interlocutori, come se l’autore passasse al lettore stesso il ruolo di ascoltatore e gli volesse far provare emozioni e sfaccettature della relazione in corso.
Chi legge, infatti, si sente in stretto contatto con le vicende che vengono narrate. Ciò è particolarmente forte nel penultimo capitolo: sembra proprio di attraversare i corridoi della prigione, sentire i cancelli chiudersi, di vedere con i propri occhi la stanza buia e, uno dopo l’altro, i diversi protagonisti, che ti parlano, ti fissano, ti fanno una richiesta. Li si ascolta e si provano tante di quelle emozioni, che incollano alle pagine, così come non si potrebbe scappare da quelle facce, se ci si relazionasse realmente. Anche il distacco è brutale, così come l’ultimo capitolo racconta di morti atroci, silenziose, fredde. E così come questo finale ti lascia amareggiato, così è, in fondo, la fine di ogni rapporto, in cui sono state messe in ballo molte parti di sé. Forse è proprio per questo che l’autore, in quest’ultimo capitolo, riprende uno stile più freddo, raccontando, come per la storia di Carla, una storia sentita,
non vissuta direttamente, forse per il bisogno di distaccarsi egli stesso dalle inevitabili sensazioni agrodolci di quest’ultimo racconto.
Sullo sfondo di tutte le storie, inoltre, si parla del sostegno, o meno, dato dai familiari e dalla società, i pre-giudizi delle persone, in primis verso la Psicologia e la Psicoterapia. Bisogna notare, infine, che in ogni storia viene presentato lo stesso setting, tipico, tra l’altro, delle sedute psicologiche/psicoterapeutiche: una stanza, una sedia e
due interlocutori. Per questo e per il tipo di relazione descritta, ma anche per il titolo stesso del libro, si potrebbe ipotizzare che l’autore si riferisca alla sua stessa esperienza da psicoterapeuta, anche se egli riesce a mantenere il dubbio fino alla fine (ed anche oltre).

Magni usa uno stile assolutamente semplice e diretto. La presentazione delle storie è così lineare e dettagliata, da
coinvolgere completamente nella lettura: le emozioni che ogni protagonista vive e le loro esperienze si proiettano
anche nel lettore, fino a lasciarlo completamente avvolto nella stanza e nella narrazione, seduto su quella sedia, con
quella persona di fronte, che gli chiede ascolto ed aiuto per quella sua specifica richiesta. Ciò fa di “Storie borderline della mia pipa” non un libro da poter raccontare, ma da vivere, riga dopo riga. Si trattiene il fiato fino alla fine e, quando si arriva all’ultima pagina, si resta con un turbinio di stati d’animo e sensazioni, che fanno sembrare questo un finale brusco e crudele.
Facendolo sperimentare in prima persona, Magni usa, forse, il mezzo più efficace per descrivere il suo lavoro, cos’è, in cosa consiste e cosa comporta. Il suo libro è, quindi, una vera avventura tra i meandri di una disciplina ancora oggetto di discussioni e critiche. Con questo metodo, si può ben capire cosa significa passare attraverso tante vite ed i suoi protagonisti, cosa vuol dire ascoltare con rispetto tutto quello che viene portato in questo
vortice di emozioni, positive e negative, nonché quanto coraggio e quale sforzo ci vogliano per rimanere nella relazione e come si può passare ed uscire da tutto il percorso che ne consegue.



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