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La religione: fragranza di libertà per la società

26/05/20

La sociologia documenta che l’Europa contemporanea, e l’Italia con essa, è dominata da due macro tendenze: un netto allontanamento dalla religione e un crescente pluralismo religioso. L’Europa è chiamata a rispondere a una sfida cruciale: quella di una società complessa imbrigliata in una significativa crisi economica da un lato e da una coesistenza crescente di gruppi identitari, culture e religioni variegati.

Foto“Società globale, plurale, multietnica, interculturale …” solo alcune delle definizioni impiegate oggi per fotografare il caleidoscopio di tradizioni religiose, etniche e culturali che dimorano nella medesima famiglia umana. La rottura dei confini linguistici, geografici e razziali, favorita significativamente anche dai crescenti flussi migratori, oltre che dai media, ha reso il dialogo non solo auspicabile, né tantomeno procrastinabile, bensì un must.
Ecco dunque che l’opera e l’interesse dell’Associazione Sviluppo Europeo -ASE- possono divenire in misura sempre maggiore un polo di estremo richiamo, e, altresì, costituire uno snodo nevralgico dove poter attingere informazioni e consulenze di professionisti ed esperti in vari settori. Si auspica che questa ricerca di dialogo sia svolta sempre in un’ottica di analisi critica, ricercando l’autenticità dei diversi linguaggi religiosi, non senza smascherare, laddove fosse necessario, zone d’ombra e ambiguità di alcune dimensioni “pseudo-religiose” che purtroppo cercano di farsi sempre più spazio sul palcoscenico contemporaneo.
Di fronte a ciò si deve procedere a una riflessione che coinvolga ogni strato della società: dalle Istituzioni politiche, a quelle educative e religiose.
Per vincere questa sfida abbisogna che tutte le parti in causa si muovano verso un centro, un punto comune di dialogo e di reciprocità.
In questo “cantiere sempre in corso della diversità” come Salvatore Veca definisce lo spazio pubblico, la pluralità deve diventare ricchezza e non motivo di omologazione sterile.
Contravvenendo all’equilibrio tra “eguaglianza civica” e “differenza culturale”, per citare il sociologo tedesco Jürgen Habermas, lieviterebbe il rischio di creare una società “assimilazionistica” in cui le minoranze e le comunità di immigrati si vedrebbero costretti a praticare nella sola sfera privata i propri usi e le proprie pratiche religiose con la terribile conseguenza di creare in loro isolamento, umiliazione e reazioni conflittuali.
L’immagine che spesso si ha della società contemporanea è, infatti, quella di un’orchestra stonata in cui note dissonanti cozzano l’una con l’altra producendo suoni stridenti.
In questa cacofonia un Dialogo interreligioso sincero dovrebbe emergere come un bravo direttore d’orchestra capace di accordare tra loro i molteplici strumenti che la compongono.
A tale proposito sono suggestive le parole che il premio nobel Rabindranath Tagore scrive riferendosi alla perdita del contatto “vivificante e purificante con l’infinito” da parte dell’uomo.
“Quando l’uomo è privato della base che gli fornisce tutto, la sua povertà perde la più bella virtù, la semplicità, per diventare squallida e sordida. La sua ricchezza non è più splendente ma stravagante, i suoi desideri non gli servono più nei limiti naturali dei loro scopi, ma diventano fini a se stessi, mettono fuoco nella sua esistenza, danzando follemente alla luce dell’incendio. E allora avviene che nell’esprimerci cerchiamo di sorprendere più che di affascinare; in arte ci affanniamo dietro l’originalità e perdiamo di vista la Verità, vecchia e sempre nuova; in letteratura ci sfugge la visione completa dell’uomo che è semplice ma pur grande; l’uomo ci appare come un problema psicologico soltanto, come l’incarnazione di un’intensa passione così forte perché anormale, esposta alla luce accecante di luci esagerate e artificiali” (Rabindranath Tagore, Guanda 2013).
La storia documenta come molti cittadini abbiano optato per un allontanamento della religione dalla sfera pubblica inaugurando il cosiddetto secolarismo. La religione essendo sempre più di frequente ritenuta una gabbia, una limitazione alla libertà individuale o come vestigia di valori antiquati e anacronistici e talora quasi irrazionali e favolistici.
La civiltà moderna si sforza tenacemente di organizzarsi al fine di rendere gli uomini quanto più perfetti fisicamente e intellettualmente, insegue progressi scientifici e tecnologici che hanno, in parte, contribuito a frantumare il principio comunitario della società stessa, generando un crescente spirito individualistico che separa la categoria “uomo” in una serie di monadi isolate e abbagliate dalla chimera di successi irrinunciabili e orientati sempre più in una direzione materialistica e orizzontale del vivere.
Affermare che vi è una crisi e una perdita di valori e di etica è oramai ritenuto perfino retorico, ma il fatto stesso di considerarlo tale è un segnale assai grave: significa, riflettendovi, annacquare la portata del problema e accettarne passivamente l’inevitabile e catastrofico decorso.
Eppure, in questa apnea prolungata imposta da una società spasmodica, molti individui manifestano l’esigenza di “riprendere aria” e riappropriarsi di una dimensione intima e valoriale profonda. Si assiste a una forte ricerca di senso che, in molti casi, si ritrova nelle religioni.
Per sopravvivere e “re-imparare” a vivere forse non resta che riscoprire nella religione una scialuppa che ci salvi da questo naufragio di valori non solo spirituali ma perfino umani in cui sembra essersi imbattuto il XXI secolo.
Ecco dunque che la religione può davvero apparire come il faro che squarcia il velo dell’indifferenza.
Ed è forse proprio nell’esperienza della riverenza a un Principio unificante di cui le religioni si fanno stigma che l’essere umano può riscoprirsi parte di un’unica grande famiglia umana.
“Religione” termine amato, vituperato, osteggiato e temuto; in nome della religione sono state compiute alcune tra le gesta più rimarchevoli della storia umana, così come i crimini e le atrocità più becere.
Sappiamo tuttavia che l’etimologia ci riporta all’idea di “ri-unire”, “legare insieme”, e così a seguire.
Si pensi per fare un parallelo anche al termine sanscrito “yoga” la cui accezione è molto vicina a quella di “unione” (anche se è anche molto di più!). Da qui, compiendo un salto semantico, approdiamo a un altro lemma centrale nell’induismo: dharma.
Del dharma, concetto vastissimo, se ne vuole riportare in questa sede, il suo valore di “legge” di interdipendenza, di interrelazione.
Dharma è per sua stessa natura dialogo, un dialogo, un’unità tra tutti gli esseri, finalizzato a realizzare il bene comune, a relizzare Dio. Come recita il Ṛg-veda: “Unite i vostri propositi, unite i vostri cuori. Possano i vostri spiriti essere uno nel dharma. Possiate voi abitare a lungo insieme in unità e concordia.”
Come nel sistema ayurvedico, a differenza dell’omeopatia, che la malattia si cura con gli opposti, secondo il principio allopatico, contraria contrariis curentur, allo stesso modo, i valori costituenti della religione: Amore, non violenza, carità, compassione, servizio, contenta mento, purezza, eccetera divengono la cura ai mali etici e interiori di oggi.
Le religioni devono collaborare sotto il segno comune dell’amore per il prossimo, recuperando e riconoscendo l’importanza centrale della loro funzione educativa etico-morale.
Si deve evidenziare però, che in questo scenario, accanto a forme sincere di ricerca spirituale, si assiste anche a una diffusa mercificazione della religione stessa. Per quanto riguarda l’induismo, basti pensare allo yoga che, pur essendo a tutti gli effetti una disciplina spirituale, si ritrova commercializzato nei contesti più assurdi! O, peggio ancora, si assiste all’emersione di movimenti di evidente natura settaria -termine che il contemporaneo trend del così ostentato politically correct depenna dal suo dizionario- che propongono un fast food spirituale agendo con dinamiche sottili e subdole le quali, invece di donare libertà, ne privano coloro che vi si avvicinano e ne ledono così i diritti umani fondamentali.
Oggi, l’emersione di alcuni movimenti “religiosi” nella scena pubblica purtroppo non è priva di macchie e di elementi che confondono.
A ogni modo, le religioni si riaffacciano sulla scena “secolare” e fanno un nuovo ingresso nella sfera pubblica richiamate in campo anche da fattori contingenti legati all’immigrazione di popoli con culture e tradizioni religiose delle più variegate.
Ed è proprio questo incontro di culture diverse che fa sorgere urgenze identitarie nuove, che sono riscoperte, spesso, nella religione come risposta collettiva alla globalizzazione e alla preoccupazione di essere sopraffatti da culture altre.
In quest’ottica la dimensione religiosa si pone come un fattore determinante nei processi di integrazione sociale e di convivenza pacifica in una società plurale.
Ed è in questa società post-secolare in cui le comunità religiose persistono entro un orizzonte sempre più secolarizzato che il Dialogo tra le religioni ha un enorme valore e la responsabilità di favorirne la convivenza e l’integrazione reciproca sia per evitare processi di “ghettizzazione” che, come mostrano le drammatiche cronache moderne, non possono che essere fautori di odio e separazione, sia perché le religioni sono per la società un forziere di tesori, foriere di valori, conoscenza, arte, cultura, usi e costumi che impreziosiscono il vivere e la qualità etica e intellettuale dei cittadini.
Crocevia ideale per questo incontro è rappresentato dal luogo di culto ed è per questo che se ne dovrebbe riconoscere maggiormente l’importanza.
Il collante che lega insieme queste entità religiose solo apparentemente distinte, è proprio la volontà di costruire una famiglia umana basata su pilastri etici imprescindibili, in cui al primo posto vi deve essere il rispetto e l’amore per l’altro ricordando sempre che la libertà di uno non deve mai essere la prigionia dell’altro.
È nella diversità che la Vita si mantiene fino a scoprire quella sostanziale Unità che ci lega tutti.
“Chi limita l’altrui libertà è un carceriere
incatenato agli stessi ceppi.”

Paramahamsa Svami Yogananda Ghiri ji, Satsamga – Insieme nella Verità, Ed. Laksmi 2014.
Unione Induista Italiana – Sanatana Dharma Samgha



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