SOCIETA
Comunicato Stampa

La stampa padronale censura, narriamo da soli il nostro essere #indivisibili

13/11/18

Roma 10 novembre, manifestazione antirazzista a Roma, più grande di dieci volte quella si tav di Torino non viene vista dalla grande stampa.

FotoLa quotidiana narrazione giornalistica segue il più classico dei copioni di teatro: un Governo diviso al proprio interno che giustifica le proprie divisioni chiamandola dialettica tra amici, un’opposizione parlamentare che si accontenta di alcune modifiche a ciò che propone il Governo. Poteri economici che strillano alla crisi, solo perché vogliono ottenere di più: salari più bassi, maggiore riduzione delle tutele dei lavoratori e minori tasse da pagare. Secondo questo schema narrativo informativo cosa è successo il 10 novembre 2018 in Italia?
Ben poco a leggere i principali quotidiani del Paese. Virginia Raggi è stata assolta. Sebbene abbia commesso il fatto mentendo ripetutamente nel negare di essere a conoscenza delle nomine, ma il tutto non costituisce reato. A Torino i poteri forti, con il beneplacito dello stesso PD, chiamano alla mobilitazione per la TAV. Chiacchiericcio vario, più o meno drammatico, e poi, scorrendo bene le informazioni, una notiziola sulle proteste che si sono svolte in varie città contro il Ddl Pillon. Proposta di legge che modifica il diritto di famiglia, non assicurando la tutela delle donne e dei bambini vittime di violenze domestiche, rendendo accessibile separazione e divorzio solo a chi ha redditi elevati e può economicamente permetterselo. Insomma in generale si riducono i diritti delle donne.
Quindi, per i grandi media informativi pubblici e privati, in Italia i cittadini sonnecchiano in attesa di vedere in quale modo il Governo si accorderà sottobanco con la vituperata commissione UE.
Per ottenere questo risultato non è stato nemmeno necessario ricorrere, come durante il ventennio, alla costituzione di un “Ministero per la stampa e la propaganda”. Poiché la censura viene naturalmente operata nei confronti di tutto ciò che non rientra nei canoni degli interessi della grande stampa, cartacea e televisiva, la quale tranquillamente supporta solo le notizie che si conformano con la narrazione del Paese che ci vuole proporre. Secondo il sociologo americano William Thomas, le situazioni raccontate come reali diventano reali nelle conseguenze. Questo è ciò che quotidianamente la stampa odierna si impegna a fare. Eppure…
Eppure, quanto è avvenuto il 10 novembre a Roma con la manifestazione “Uniti e solidali contro il governo. Il razzismo e il decreto Salvini,” ha mostrato che i progetti, le costruzioni, le narrazioni autoavverantesi portate avanti per i propri fini dai proprietari dell’industria dell’informazione possono essere inceppate. Certo, le notizie su questa manifestazione le troverete solo se vi impegnerete a cercarle e tuttavia, la dimensione numerica dei partecipanti al corteo di Roma sono diventati notizia non per scelta dei media padronali, ma perché i manifestanti hanno documentato sui social con foto, commenti, video quel che stava avvenendo, generando un effetto moltiplicatore. A quel punto la stampa, obtorto collo, è stata costretta ad occuparsene e lo ha fatto riducendo, ridimensionando, limitando, il racconto di quanto stava avvenendo. Ecco allora che la denuncia circolata in rete del blocco e della perquisizione da parte della polizia degli autobus diretti alla manifestazione di Roma con relativa schedatura dei manifestanti, viene ripresa e denunciata da un dirigente del PD, dimentico che quel metodo fu inaugurato quando il Viminale era nelle loro mani. La notizia non può essere negata, forte delle centinaia di post e foto che la documentano. Ecco allora mettersi in moto la macchina dell’informazione di regime che narra di alcuni autobus (tutti) fermati e perquisiti. Con la pretesa delle forze dell’ordine di leggere cosa ci fosse scritto negli striscioni ed in un caso pretendendo di vedere cosa ci fosse nei panini. Tutto ciò, dice la stampa mainstream è stato solo un normale controllo per assicurare la sicurezza dei manifestanti, e tuttavia, questo normale controllo non è stato effettuato per altre recenti manifestazioni del M5S, delle destre neofasciste e della lega. In questo modo nessuno tra i giornali democratici si pone il problema se questa limitazione del diritto all'espressione e all'organizzazione del dissenso, che il Decreto Salvini restringe in maniera ancor più feroce, sia o meno un vulnus alla nostra democrazia. La minimizzazione dei controlli polizieschi si accompagna ad una narrazione limitante della portata della manifestazione: assenza di servizi in alcuni giornali radio, limitazione di tempo e inquadrature ristrette nei servizi dei telegiornali che hanno “osato” far intravvedere la protesta. All’indomani del grande corteo romano, la carta stampata, si è occupata di “cancellare” l’evento. Migliaia di persone, uomini e donne, italiani e non, sono resi completamente invisibili dall’informazione padronale. La loro protesta, le loro proposte, le esperienze, le idee, insomma la capacità di un fiume di persone di mostrare ciò che siamo: una società multietnica in cui il diverso l’immigrato, lo straniero, l’anziano, il disabile, il povero non sono il nemico ma solo altre persone con le nostre stesse identiche difficoltà del vivere quotidiano nella società in cui domina il capitale, sono rese invisibili. Si potrà obiettare che in questo modo si giunge a condividere il giudizio sulla stampa espresso dai capi del M5S, “media corrotti, giornalisti infimi sciacalli o vili pennivendoli”. Toni sguaiati e cinici con cui i cinquestelle aggrediscono tutti quelli che non la pensano come loro. Ma l’informazione è uno strumento imprescindibile per democrazia, non a caso l’Articolo 21 della Costituzione è dedicato alla libertà di stampa e di espressione del pensiero, e tuttavia, di questa libertà, quello che oggi resta nel concreto, è poco più di una enunciazione di pensiero liberale. La libertà di stampa, avulso da ogni sostegno materiale per quanti non si pongano sul piano commerciale, si traduce sostanzialmente in una informazione a scopo di lucro, cioè controllata dai padroni e da questi indirizzata nel servire i propri interessi. Quando l’attività popolare si coagula superando le frammentazioni e divisioni, geografiche, di genere, etniche, si generano movimenti che hanno la forza di mostrare che oltre a quello che quotidianamente ci viene raccontato, un altro mondo è possibile. Tutto ciò si scontra con gli interessi dei poteri forti, proprietari degli strumenti informativi, perché se non alimentano le guerre tra ultimi e penultimi del mondo, tra lavoratori italiani e stranieri, tra chi con il proprio reddito giunge a fatica a fine mese e quelli che a fatica ogni giorno mettono insieme il pranzo con la cena, questi soggetti potrebbero comprendere che il nemico comune è in quel 30% della società che ha tutto, compresi i giornali. Il nemico comune è quello che vuole continuare ad aumentare i propri profitti privatizzando trasporti, sanità, scuola, servizi e tagliare le proprie tasse, continuando a raccontare che i soldi per affrontare le esigenze dei lavoratori non ci sono.
La dimensione corale del corteo contro il razzismo di governo svoltasi a Roma ha mostrato che anche privi di mezzi si può rompere, almeno per qualche ora, la cortina di ferro che chiude l’informazione in una morsa di regime. Sta a noi imparare a sfruttare l’effetto moltiplicatore dei social media per imporre all’informazione ufficiale le notizie o almeno generare una discrasia sempre maggiore tra ciò che i media padronali narrano e l’informazione che circola nella web sfera.
Marco Bizzoni

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