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La storia del matrimonio

La parola matrimonio deriva dal latino matrimonium che ha per radice mater (madre). Nell’antica Roma, il matrimonio era un’istituzione fondata sul diritto naturale, definita come unione sessuale di un uomo e di una donna.
del 09/07/19 -

Sposarsi al giorno d’oggi non è una cosa facile. Spesso, nel rapporto matrimoniale, non è sufficiente l’amore reciproco ma assumono notevole importanza circostanze economiche, che, in ogni caso, costituiscono la base della pianificazione familiare.

Ma, per conoscere a fondo tutti gli aspetti del matrimonio può essere interessante andare indietro nel tempo e capire cosa è cambiato nel corso degli anni.

In una prima fase, presupponeva la sottomissione della donna all’autorità (manus) dell’uomo: questa forma di matrimonio, cum manu, riconosceva all’uomo, nei confronti della moglie, un potere analogo a quello esercitato sui figli e sugli schiavi.

Successivamente, al matrimonio cum manu subentrò il matrimonio sine manu, fondamentalmente libero e basato sul consenso degli sposi. Dal fatto che il matrimonio non si basi più su unione fisica ma sul consenso, derivano alcune importanti conseguenze, tra cui la legittimazione del divorzio, sia consensuale sia su iniziativa di uno dei due coniugi.

Nel passato si riteneva che il matrimonio fosse uno strumento per il marito per assoggettare la moglie al suo controllo: Infatti, la donna nel momento in cui si sposava, veniva considerata di proprietà del marito. E fu con il diritto romano che il matrimonio venne cominciò ad essere considerato un libero accordo tra due persone che decidono di vivere insieme.

La situazione cambiò poi radicalmente con l’avvento del cristianesimo. Il matrimonio divenne infatti un sacramento e venne considerato come fine principale quello della procreazione dei figli; fu anche previsto che l’unione tra marito e moglie fosse indissolubile ed inammissibile qualsiasi forma di scioglimento volontario.

Detta impostazione del matrimonio è rimasta valida in Italia fino alle soglie di questo secolo. Nel corso della storia del matrimonio furono spesso applicate diverse restrizioni, in alcuni casi molto particolari.

In tal senso va detto dell’endogamia, che limitava la scelta del coniuge esclusivamente all’interno della stessa cerchia etnica, religiosa, tribale o all’interno della stessa classe sociale. Venne universalmente proibito poi l’incesto, ossia i rapporti, siano essi matrimoniali o solo sessuali, tra genitori e figli.

Invece, il matrimonio tra fratelli e sorelle, solitamente vietato, fu permesso, o addirittura imposto in alcune civiltà quali l’Antico Egitto, in Persia, in Uganda, fra gli Incas, alla Hawaii e nello Sri Lanka. Nella maggior parte delle società il matrimonio fu comunque “esogamo“, ossia proibito anche entro gradi di parentela più estesi (ad esempio, fra cugini).

A seguito della Riforma protestante, della Rivoluzione industriale e della diffusione dell’ideologia individualista, tipica delle società moderne, il matrimonio, visto come istituzione, subì diversi mutamenti.

Attualmente, ad esempio, la scelta del coniuge avviene principalmente per amore ma vi sono casi in cui, pur apparendo una scelta del tutto individuale, essa viene fortemente influenzata da numerosi fattori, come le diseguaglianze sociali, le pressioni etniche e religiose, quelle socioeconomiche.

In molti paesi, il matrimonio, riconosciuto indissolubile ad eccezione di casi particolari dalla Chiesa cattolica, ortodossa ed induista, è divenuto revocabile mediante la separazione legale ed il divorzio.

La Chiesa cattolica concede lo scioglimento del vincolo matrimoniale solo in particolari casi e dopo l’intervento del tribunale della Sacra Rota. Secondo la religione induista la moglie doveva seguire il marito anche dopo la morte.

Esisteva infatti un rito, detto suttee, vietato nel 1829 ma ancora diffusi nei primi del Novecento, nel quale la vedova era costretta a morire arsa sul rogo che avrebbe bruciato il corpo del marito defunto. Nei tempi antecedenti la rivoluzione industriale quando le famiglie erano considerate unità dedite al lavoro, la scelta del coniuge, spesso non era determinata dall’amore, bensì dagli interessi.

I proprietari terrieri, ad esempio, influenzavano la scelta del coniuge dei loro dipendenti, in quanto li consideravano una loro proprietà. Tra i nobili esisteva la regola che il marito e la moglie dovevano appartenere alla stessa classe sociale, mentre in India, il presupposto era appartenere alla stessa casta.

In tal modo la ricchezza portava ricchezza e chi era povero lo diventava sempre più. In questo senso, in alcuni paesi orientali (Malaysia, India, Giappone ecc.), sono molto comuni i fidanzamenti o i matrimoni tra bambini, in cui è ovviamente determinante la scelta dei genitori.

In Cina, fino agli anni Cinquanta, spesso accadeva addirittura che lo sposo e la sposa si incontrassero per la prima volta il giorno delle nozze.

Fino a poco qualche tempo fa, l’età in cui la donna arrivava al matrimonio era, mediamente, 23 anni, mentre, per l’uomo, si attestava intorno ai 26 anni. Ultimamente, la tendenza è in notevole rialzo.

Detto aumento dell’età media, se da un lato è dovuto al prolungamento degli anni di studio, dall’altro dipende dalla maggiore libertà a disposizione dei e dal miglior tenore di vita di cui godono.



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