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Le previsioni meteo per l'INVERNO, istruzioni per l'uso

22/11/16

Un invito a prendervi cinque minuti di relax per leggere e comprendere fino in fondo questo utilissimo editoriale per non farsi "gabbare" dai soliti dispensatori di catastrofismi meteo.

Fotoil campo delle proiezioni o tendenze stagionali ricopre un ruolo assolutamente sperimentale e per questo, dovrebbe rimanere appannaggio dei soli addetti ai lavori. Invece con la diffusione sul web di alcuni prodotti, chiunque si cimenta ogni anno a formulare previsioni a scadenza mensile o addirittura stagionale e, non conoscendo l’opportuno utilizzo delle scale spazio-temporali della fisica, incorre in conclusioni quanto meno… affrettate.

Detto questo, se proprio volessimo approfondire un poco questo argomento, che non nego ha indubbiamente il suo fascino, potremmo cercare di tastare il polso della nostra fonte primaria di aria fredda, il vortice polare, esaminando il diagramma che vi ho proposto in figura. Perchè vi invito a questa riflessione? Non certo per formulare previsioni, ma per verificare le risultanze di un celebre studio, firmato da Baldwin e Dunkerton, poi rivisto anche da Waugh e il nostro Polvani, che ha messo in relazione l’autunno e l’inverno tramite gli scambi di calore a grande scala. Insomma, vi invito ad un approccio, ad un metodo scientificamente corretto.

Cosa hanno detto allora i nostri scienziati? Hanno notato che le onde atmosferiche che tutti conosciamo, le alte e le basse pressioni, non si sviluppano solo in latitudine e longitudine ma anche in altezza. Per esempio, un anticiclone trasporta l’aria calda che contiene su tre dimensioni, verso nord (grazie all’ampiezza dell’onda) verso i lati (lunghezza d’onda), ma anche verso l’alto (spessore). Ora, “SE” quest’onda d’aria calda sale così tanto da sfondare in stratosfera e va a convergere sulla verticale del Polo, finisce per interferire proprio con il vortice polare (fenomeno noto come stratwarming). Ecco allora che, “SE” tale processo sarà particolarmente brusco, vedrà questo surplus di calore rimbalzare, per così dire e tornare verso il basso andando a disgregare l’aria gelida che staziona nei bassi strati sulla calotta polare, costringendola a sparpagliarsi verso le medie latitudini dove, “SE” le condizioni lo permetteranno, potranno quindi aversi ondate di gelo particolarmente severe. L’arco di tempo in cui tutto questo ciclo si sviluppa è circa di 30-60 giorni e l’indice che regola tale processo è detto indice NAM (Noth Annular Mode) e lo potete trovare in tempo reale in questa pagina.

Ora, dalla teoria ai fatti: andiamo a vedere il grafico proposto in figura e notiamo che tra i mesi di marzo e aprile scorsi si è avuto un riscaldamento stratosferico di questo tipo ma, data la stagione avanzata, si è trattato del cosiddetto “riscaldamento finale”, ossia di un fenomeno che avviene tutti gli anni in primavera, stagione che infatti è notoriamente caratterizzata da tempo instabile e anche contraddistinto da non infrequenti episodi invernali tardivi. Se passiamo ad osservare ora l’andamento registrato tra i mesi di ottobre e novembre, notiamo che si sta parimenti verificando un riscaldamento proiettato dal basso verso l’alto e che però ora si è concentrato soprattutto sull’area stratosferica canadese (Canadian Warming). Anche questo è un fenomeno consueto in questo ambito stagionale, l’autunno, altra stagione “pazzerella”. Per ora quindi nulla di fatto.

“SE” però questo disturbo al vortice polare dovesse continuare e “SE” i valori dell’indice NAM superassero una determinata soglia, potremmo sperare e sottolineo “sperare” che entro i successivi 30-60 giorni, il processo individuato da Baldwin e Dunkerton possa innescarsi, predisponendo la circolazione generale all’eventuale discesa di aria molto fredda dalle latitudini polari. Solo e soltanto “SE” tutto questo effettivamente si verificherà allora, a tempo debito, potremo iniziare a stringere il campo di analisi fino a capire se uno di questi frammenti di aria gelida potrebbe in via teorica investire anche l’Europa e poi l’Italia. Una analisi siffatta (detta deterministica) presuppone un anticipo di non oltre i canonici tre giorni e quindi torniamo al discorso iniziale.

Per ora quindi fermiamoci qui. Vi invito a contare tutti le volte che ho sottolineato la congiunzione dubitativa “SE” e a riflettere sul difficile incastro necessario per giungere ad un ipotetico evento. Ora, alzi la mano chi di voi darà ancora credito alle previsioni di gelo e neve a tre settimane di distanza…

Luca Angelini



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