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Licenziare e poi riassumere un dipendente con l’agenzia si può?

Utilizzazione con contratto di somministrazione di un dipendente licenziato dalla stessa azienda: è legale?
del 07/05/19 -

Il licenziamento di un dipendente e la sua successiva riassunzione, o meglio utilizzazione, tramite agenzia, al fine di godere di nuovi incentivi, costituisce una somministrazione fraudolenta.
La somministrazione fraudolenta è un reato: dapprima questa condotta era stata depenalizzata dal Jobs Act, poi le è stata attribuita nuovamente rilevanza penale dal decreto Dignità (Dl 87/2018.)

Un altro caso di somministrazione fraudolenta riguarda il datore di lavoro che ha 14 dipendenti e non vuole superare la soglia dei 15 dipendenti, per evitare le maggiori tutele che scattano al superamento del limite di organico, come l’assunzione obbligatoria di disabili; chiede allora all’agenzia di somministrare altri dipendenti così da non oltrepassare, formalmente, la soglia.

Più in generale, parliamo di somministrazione fraudolenta quando il contratto di somministrazione risulta finalizzato ad aggirare le norme inderogabili di legge o di contratto collettivo applicate al lavoratore.
Nel concreto, non è semplice dimostrare che il somministratore (chi manda il lavoratore in missione) e l’utilizzatore abbiano utilizzato la somministrazione allo scopo di violare i diritti del dipendente: ci sono comunque diversi casi, come gli esempi elencati, nei quali la finalità illegittima del rapporto lavorativo appare in modo abbastanza evidente.

La prova del reato, che deve essere fornita dagli ispettori, deve comunque essere rigorosa, soprattutto se l’utilizzatore è un’agenzia per il lavoro autorizzata.
Per la somministrazione fraudolenta, sono puniti sia l’agenzia, o il datore di lavoro “formale” (chi manda il lavoratore in missione), che l’utilizzatore, con la pena dell’ammenda di 20 euro per ciascun lavoratore coinvolto e per ciascun giorno di somministrazione.
Non sono stabiliti limiti di importo minimi o massimi.

Inoltre, in base a una circolare dell’Ispettorato nazionale del lavoro [2], gli ispettori possono applicare la diffida accertativa, nei confronti dell’utilizzatore, per i crediti dei lavoratori.
Se, poi, attraverso la somministrazione fraudolenta l’utilizzatore realizza un vantaggio sul costo del lavoro, gli ispettori accertano i contributi non versati, e li recuperano, chiedendoli prima all’utilizzatore, poi al somministratore, in caso di recupero non andato a buon fine.

Sintesi dell’articolo pubblicato dalla Dott.ssa Noemi Socci sul sito laleggepertutti.it



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