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Meeting Rimini, Il messaggio di Papa Francesco

24/08/18

La citazione da Hannah Arendt

Meeting Rimini, Il messaggio di Papa Francesco.

La citazione da Hannah Arendt e il tema del Meeting 2018


Il messaggio di Papa Francesco, a firma del segretario di Stato Vaticano, cardinale Pietro Parolin, al Meeting per l’amicizia fra i popoli, aperto domenica 19 agosto 2018 a Rimini, inviato al vescovo di Rimini mons. Francesco Lambiasi:

"Il titolo del Meeting − «Le forze che muovono la storia sono le stesse che rendono l’uomo felice» −, riprende un’espressione di Don Giussani e fa riferimento a quella svolta cruciale avvenuta nella società intorno al Sessantotto, i cui effetti non si sono esauriti a cinquant’anni di distanza, tanto che Papa Francesco afferma che «oggi non viviamo un’epoca di cambiamento quanto un cambiamento d’epoca» (Discorso al V Convegno nazionale della Chiesa italiana, Firenze, 10 novembre 2015)".

"La rottura con il passato divenne l’imperativo categorico di una generazione che riponeva le proprie speranze in una rivoluzione delle strutture capace di assicurare maggiore autenticità di vita. Tanti credenti cedettero al fascino di tale prospettiva e fecero della fede un moralismo che, dando per scontata la Grazia, si affidava agli sforzi di realizzazione pratica di un mondo migliore".

"Per questo è significativo che, in quel contesto, a un giovane tutto preso dalla ricerca delle “forze che dominano la storia”, Don Giussani disse così: «Le forze che muovono la storia sono le stesse che rendono l’uomo felice» (Vita di don Giussani, BUR 2014, p. 412). Con queste parole lo sfidava a verificare quali siano le forze che cambiano la storia, alzando l’asticella con cui misurare il suo tentativo rivoluzionario".

"Che ne è stato di tale tentativo? Che cosa è rimasto di quel desiderio di cambiare tutto? Non è questa la sede per un bilancio storico, ma possiamo riscontrare alcuni sintomi che emergono dalla situazione attuale dell’Occidente. Si torna ad erigere muri, invece di costruire ponti. Si tende ad essere chiusi, invece che aperti all’altro diverso da noi. Cresce l’indifferenza, piuttosto che il desiderio di prendere iniziativa per un cambiamento. Prevale un senso di paura sulla fiducia nel futuro. E ci domandiamo se in questo mezzo secolo il mondo sia diventato più abitabile.
Questo interrogativo riguarda anche noi cristiani, che siamo passati attraverso la stagione del ’68 e che ora siamo chiamati a riflettere, insieme a tanti altri protagonisti, e a domandarci: che cosa abbiamo imparato? Di che cosa possiamo fare tesoro?"
“Il cristiano non può rinunciare a sognare che il mondo cambi in meglio.
È ragionevole sognarlo, perché alla radice di questa certezza c’è la convinzione profonda che Cristo è l’inizio del mondo nuovo”.
“Non si tratta di ritirarsi dal mondo per non rischiare di sbagliare e per conservare alla fede una sorta di purezza incontaminata, perché ‘una fede autentica implica sempre un profondo desiderio di cambiare il mondo’”.
"Chi salverà oggi questo desiderio che abita, seppure confusamente, nel cuore dell’uomo? Solo qualcosa che sia all’altezza della sua brama infinita. Se infatti il desiderio non trova un oggetto adeguato, rimane bloccato e nessuna promessa, nessuna iniziativa potranno smuoverlo. Da questo punto di vista, «è perfettamente concepibile che l’età moderna, cominciata con un così eccezionale e promettente rigoglio di attività umana, termini nella più mortale e nella più sterile passività che la storia abbia mai conosciuto» (H. Arendt, Vita activa. La condizione umana, Milano 1994, 239-240)".

“Nessuno sforzo, nessuna rivoluzione può soddisfare il cuore dell’uomo. Solo Dio, che ci ha fatti con un desiderio infinito, lo può riempire della sua presenza infinita”.
"Occorre liberarsi dalla schiavitù dei ‘falsi infiniti’, che promettono felicità senza poterla assicurare”.

La citazione da Hannah Arendt, Vita activa. La condizione umana, Milano 1994, risulta di grande significato.

Basti ricordare quanto la Arendt scriveva, propirio nel 1968, nella Prefazione alla raccolta di saggi "L' umanità in tempi bui. Riflessioni su Lessing" (Editore: Cortina Raffaello, 2006):

"Anche nei tempi più bui abbiamo diritto di attendere una qualche illuminazine".
E ancora, nel 1943, nel saggio "Noi profughi" come vedeva, lei apolide, masse di persone costrette a lasciare il proprio paese, a muoversi quali avanguardie dei loro popoli.
L'esclusione dei membri più deboli dalla società come aspetto, già allora,
della frantuamazione del rispetto reciproco dei popoli europei: queste masse in movimento che "non appartengono ad alcuna comunità".
E la difesa della dignità della politica, la necessità di assumersi le responsabilità di agire anche se, allora e oggi, le le forme della partecipazione si sono così ridotte.
Una testimonianza in totale sintonia con il tema del Meeting «Le forze che muovono la storia sono le stesse che rendono l’uomo felice» .

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Maura Capanni (Corrispondente settore cultura)
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