Mercati emergenti: ancora una opportunità?

Per i mercati emergenti potrebbe essere un novembre da dimenticare. L'elezione di Trump ha decisamente sconvolto i trend che avevamo visto dall'inizio del 2016, mettendo a repentaglio la prospettiva di un duraturo rialzo dei paesi che appartengono all'indice MSCI emerging market.
del 28/11/16 -

Nel mese ancora in corso le vendite sono state piuttosto accentuate. L'indice complessivo ha perso il -5,7%, allontanandosi dai top annuali dell'8,1%. Sul totale anno compare ancora il segno verde (+7,3), con un incremento quindi praticamente dimezzato dai massimi raggiunti nel 2016.

La situazione delle principali componenti è piuttosto variegata. India, Indonesia, Brasile e Turchia i paesi più colpiti dalle vendite, seppure in contesti di trend differenti. Buona invece la tenuta di Russia (unico in positivo), Cina e Tailandia. Sotto il quadro complessivo guardando agli indici MSCI, per avere una struttura di riferimento omogenea. E anche perchè questi indici sono spesso il sottostante di molti ETF emergenti quotati a piazza affari.


I MOTIVI DEL CROLLO

La forza del dollaro Usa innanzitutto, che può essere considerato un comune denominatore. Le valute dei principali mercati emergenti - Cina inclusa - sono in zona minimi pluriennali, e la svalutazione non attrae certo gli investitori stranieri. Ma non è affatto scontato che il Dollaro continui a mostrare i muscoli troppo a lungo. Un dollaro troppo forte impatta sui profitti attesi delle aziende USA, e diventerebbe un pò complicato raggiungere quel +4% crescita che Trump ha promesso agli americani. Rialzo tassi a dicembre quindi scontato, ma che poi si continui con una decisa politica di continuazione rimane poco probabile.

Ci sono poi dei motivi specifici, che hanno a che fare con i singoli paesi. L'India è stata indebolita da una decisione del governo di ritirare dal mercato le banconote da 500 e 1000 rupie, circa l'85% del circolante. Potevano essere cambiate in banca con il nuovo conio, a patto di poterne chiarire la provenienza. Una misura di lotta alla corruzione e al mercato nero che ha quasi gettato nel panico la popolazione (e gli investitori).

La Turchia continua a pagare sui mercati le purghe di Erdogan dopo il golpe. Notizia recente che anche il parlamento europeo (finalmente..) ha votato per congelare le relazioni con la Turchia. Paese che paga poi una posizione geografica piuttosto "calda", al confine con l'Iran e con il problema dei flussi migratori da gestire.

Da ricordare infine l'instabilità politica in Tailandia dopo la recente morte del re Bhumipol, che regnava dal 1946. E che aveva tenuto in piedi il paese nonostante diversi colpi di stato militari. Militari che sono ancora al governo dal 2014. Con un successore poco amato dalla popolazione, l'instabilità potrebbe continuare.

PER MOLTI ANALISTI UNA OPPORTUNITA'

Come spesso accade, a fronte di crolli repentini vi possono essere opportunità di lungo periodo. Con dei buoni motivi sottostanti di natura macroeconomica. Innanzitutto i tassi di crescita, che non hanno mostrato nel tempo gravi scompensi. Il rallentamento della Cina sembra essere ormai archiviato. I tassi di crescita 2016 di paesi come l'India (+7%) Indonesia (+5%) o la stessa Cina (+6,7%) rimangono altissimi. E nel 2017 dovrebbero uscire dalla recessione anche Brasile e Russia, già premiati dalle borse.

Ottimista James Barrineau, responsabile del debito dei mercati emergenti per Schroders a New York."Non credo che la Fed alzerà i tassi troppo in fretta. Vale anche la pena dire qui è che se l'economia americana farà bene, sarà un bene per i mercati emergenti. Qualsiasi tipo di stabilità degli Stati Uniti è un bene per i mercati emergenti, ma in questo momento prevalgono i rischi di cambio".

Secondo Aberdeen, le società dei mercati emergenti stanno prezzando uno sconto del 14,4% rispetto alla loro media storica di 10 anni per il loro book value. Attualmente, il prezzo è 1,6 volte il book value, contro una media di 1,8 negli ultimi 10 anni ed un massimo storico di 3. Per dare un riferimento, il valore attuale delle aziende statunitensi è di 2,8, un premio del 16% rispetto alla media storica a 10 anni.

Paradossalmente, i mercati emergenti sembrano avere davanti due buone opportunità: se l'economia Usa accelera la crescita è un bene per tutti. In caso contrario hanno certamente più armi per mantenere alta la crescita rispetto ai paesi sviluppati. La leva del debito pubblico, a livelli decisamente sotto controllo, e l'arma del taglio dei tassi di interesse. Operazione che non a caso paesi come Brasile, Russia ed India hanno già avviato.



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