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Montagne senza neve per colpa del clima, il futuro dello sci è nero

Nell'era del clima 2.0 le nostre montagne non possono vivere di sola neve e d'altra parte vanno vissute e non sfruttate
del 12/10/17 -

Le nostre montagne non possono vivere di sola neve. Anche perchè, come ben sappiamo, il cambiamento climatico in atto ne porterà sempre meno. Per questo andrebbero fin d’ora studiati nuovi modelli di turismo, un turismo più verde e meno bianco, un turismo che sia sostenibile, perchè lo montagne vanno vissute e non sfruttate.

In Italia invece, la scienza del clima non riesce a dialogare con l’industria dello sci e non viene ascoltata nemmeno dalle istituzioni, quando si tratta di investimenti sugli impianti. Un esempio è il protocollo siglato a fine novembre 2016 dalle Regioni Emilia-Romagna e Toscana con la presidenza del Consiglio dei Ministri, che ha promesso un finanziamento a fondo perduto di 20 milioni di euro per la realizzazione di un nuovo impianto di risalita verso il lago Scaffaiolo e la creazione di un comprensorio sciistico tra il Monte Cimone (MO), il Corno alle Scale (BO) e l’Abetone-Cutigliano (PT), tutte località dell’Appennino tosco-emiliano.

Peccato che , come emerge dagli studi condotti dall'ARPAE, nei tre Comuni emiliani coinvolti le temperature medie nel periodo 1991-2015 siano state superiori a quelle registrate tra il 1961 e il 1990 rispettivamente di 0,8, 0,9 e 1,0°C e che in due Comuni su tre le precipitazioni nevose medie siano calate fino a livelli insufficienti per garantire l’innevamento dei pendii.

Il discorso è comunque ben più ampio: entro il 2050, nell'arco di una generazione quindi, il cambiamento climatico e l’innalzamento delle temperature medie globali renderanno inutilizzabili almeno un quarto delle stazioni sciistiche sull'arco alpino (22 su 81). Il fosco scenario emerge anche da un parametro stilato dall'OCSE che definisce “realizzabili” quelle località in grado di garantire neve fresca per stagioni lunghe almeno 100 giorni. In altre parole nel 2050 solo le stazioni poste al di sopra dei 1.800-2.000 metri – in dipendenza delle esposizioni e della posizione geografica – potranno erogare un servizio adeguato, meteo permettendo….

Ad ogni modo i numeri che scandiscono l’indotto degli sport invernali sono spaventosi: realizzare 30 centimetri di neve artificiale costa circa 60 mila euro per ettaro; il costo della gestione del manto artificiale per una stagione, invece, è di 136 mila euro all'anno per ettaro, secondo stime della CIPRA; a fine dicembre 2016, in un’intervista al Corriere delle Alpi, Renzo Minella – che è il presidente di Anef Veneto – ha spiegato che in regione i gestori avevano speso ben 5 milioni di euro per avviare la stagione.

Oltre a ridurre le precipitazioni nevose, l’aumento medio delle temperature pone un problema anche all'innevamento artificiale. I costi sono quindi destinati ad aumentare ulteriormente a fronte di un accorciamento della stagione sciistica stimato in 4-6 settimane l’anno. Nel febbraio scorso, CIPRA ha diffuso un position paper dal titolo evocativo, “Solstice in winter tourism”: è un invito a sospendere i nuovi interventi infrastrutturali programmati (impianti di risalita, bacini per l’innevamento artificiale) specie nelle zone ancora wild, quelle dove potrebbe essere invece implementato un modello di turismo responsabile e sostenibile, che è l’unica strada percorribile per non perdere per sempre le nostre montagne.

Luca Angelini



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