ARTE E CULTURA
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Mostra di Brueghel - La divinità è nel dettaglio

05/10/15

Brueghel - Capolavori dell’arte fiamminga Palazzo Albergati Bologna 2 ottobre 2015 - 28 febbraio 2016

FotoAndare al museo con i bambini non è facile: sono uscita da poco dal tunnel pediatrico, e il ricordo del mio vagare per le sale dei musei con biberon e passeggino pedinata dai custodi, è ancora molto vivo. Così alla fine ho visto più pesci da quando sono nati i miei figli che in tutte le mie precedenti vite.

Ora le cose stanno cambiando, non si allestiscono più solo mostre di dipinti per spettatori predisposti al lutto ma percorsi educativi con qualche aspetto ludico, adeguato al coinvolgimento di un pubblico più vasto, che possa comprendere anche le famiglie con bambini e gli studenti più giovani.

Un passo in questo senso è stato compiuto alla mostra bolognese Brueghel Capolavori dell’arte fiamminga che espone dipinti, disegni e incisioni del XVI E XVII secolo, di varie generazioni di artisti discendenti da Pieter Brueghel il Vecchio, o legati alla sua figura.

Sono anche presenti due opere di Hieronymus Bosch: un olio su tavola del 1500-1515 e un’incisione a bulino stampata in seconda tiratura nel 1650. Le opere di Bosch conservate in Italia sono poche, sono visibili soltanto a Venezia, ma nel 2016 saranno temporaneamente trasferite nel Brabante Settentrionale, per una mostra organizzata per celebrare il cinquecentesimo anniversario dalla morte del pittore.

Nonostante il tema complesso e la pittura antica, la mostra è arricchita di apporti didattici (non presenti nelle tappe precedenti) e di focus tematici che favoriscono la comprensione dei dipinti senza stancare il visitatore: pannelli con lenti di ingrandimento per cogliere i dettagli più interessanti o tavole da cui fuoriesce un vociare indistinto, ma che, accostando l’orecchio, forniscono informazioni sui soggetti rappresentati.

I quadri hanno dimensioni contenute, non si tratta delle nostre immense pale d’altare, realizzate per chiese e cappelle ma di opere per singoli cittadini, mercanti e borghesi.

Le composizioni sono però molto complesse: presentano un altissimo numero di personaggi, sono brulicanti di azioni e di movimento, ai quali si sommano simbologie articolate di allegorie e richiami alla morale o messaggi edificanti. Al primo sguardo si rischia dunque di cogliere solo genericamente il contesto, ma di perdere il valore più profondo: la non univocità delle scene.

Ogni personaggio segue il filo della propria vita, le azioni compiute sono innumerevoli, tutte diverse, e descritte con perizia di dettaglio. Sarebbero necessarie più letture (come per i romanzi o per i film) perché non esistono ancore, non si distingue una scala gerarchica; lo spettatore non trova un santo sovradimensionato, un committente in primo piano o una luce divina a illuminare la scena; tutto appare compreso in uno sguardo trasversale, che attraversa le vite di tutti mentre ciascuno prosegue la propria esistenza.

L’esasperata pienezza delle scene produce un leggero spaesamento; inoltre nelle riproduzioni fotografiche si perde la ricchezza del dettaglio e tutto è più indistinto. Allora ho pensato di fotografare soltanto alcuni particolari delle opere ma non l’intero.

La bellezza delle vedute nordiche accomuna i dettagli dei paesaggi dei Brueghel a molti dipinti dell’ottocento, ed è più vicina (rispetto alle scene di genere) alla nostra sensibilità e a quello che meglio conosciamo: “Sente la forza assoluta della natura e prefigura quell’idea di sublime che Schiller arriverà a teorizzare nel corso dell’ottocento. E forse non è un caso che proprio dalla sensibilità del romanticismo partirà una rinnovata attenzione critica sull’opera del maestro fiammingo.”1)

Di certo la critica dei vizi umani ci colpisce tanto quanto le Allegorie del buono e del cattivo governo di Ambrogio Lorenzetti al Palazzo Pubblico di Siena, ma ancora di più ci interessa quel mondo così lontano: i contadini sono un po’ goffi, rotondi e sgraziati e noi siamo incuriositi dalle loro vicende e dal loro ambiente.

Anche per quanto riguarda il paesaggio non ci importa se sia nato come veduta immaginaria o corrispondente al reale (rilevarne le influenze classiche o gli aspetti realistici diventa casomai importante in un momento successivo, in una seconda lettura) e lo stesso vale per le finalità edificanti e la critica del vizio.

Ogni cosa per noi è diventata fantastica. Che un paesaggio fosse stato inizialmente realizzato per rappresentare la comunione con il divino o per cercare una stretta corrispondenza con il reale, esso è comunque diventato con il passare del tempo fantastico e irreale.

Ai nostri occhi tutto appare magico e sospeso perché di questo mondo passato non è rimasto niente.
Anche la descrizione più realistica di un universo così lontano diventa per noi favolosa e immaginaria.

Paola Nicoli.

1) dal catalogo della mostra Brueghel - Capolavori dell’arte fiamminga a cura di Sergio Gaddi Edizione Skira.



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