ARTE E CULTURA
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Mostra Van Gogh a Palazzo Reale

20/10/14

Recensione della mostra "Van Gogh. L'uomo e la terra". Milano, Palazzo Reale, 18 ottobre 2014 - 8 marzo 2015.

Per la mostra a Palazzo Reale di Milano è stato realizzato un allestimento coerente e in piena sintonia con l’opera di Van Gogh e con i presupposti dell’esposizione (L’uomo e la terra).

Le strutture di supporto dei dipinti seguono un andamento sinuoso: tutto è rivestito di tela grezza e juta che ricopre anche il soffitto come una tenda.

L’ambiente non è più neutro ma si trasforma per veicolare il senso e il motivo della mostra.
Io l’ho trovato bellissimo e avvolgente.
L’architetto Kengo Kuma ne ha descritto il concetto. “Volevo in un modo o nell’altro ricreare all’interno di Palazzo Reale la campagna ondulata che Van Gogh amava tanto.
Abbiamo riflettuto a lungo sul modo in cui trasmettere alla gente la morbidezza e il calore di quel paesaggio e alla fine abbiamo scelto un tessuto. Un po’ ruvido al tatto, questo materiale ha il colore della terra e se ci si appoggia la guancia si ha persino l’impressione di sentirne il profumo.
I dipinti di Van Gogh saranno sospesi su questa superficie ondulata di stoffa come sospinti dalla forza straordinaria della terra. Anche gli esseri umani, in fondo, devono distaccarsi dalle cose terrene e fluttuare liberi, è così che interpreto il messaggio di Van Gogh.”

Aggiungo che il medesimo tessuto che Van Gogh definisce nelle sue lettere “tela gialla”, era il supporto più economico per dipingere che si potesse trovare in commercio, e che il pittore ne aveva fatto uso per contenere le spese nonché il carico economico sul fratello Theo, suo unico sostegno finanziario per molti anni.
"Mio caro Theo, se acquistiamo un’intera pezza di tela ordinaria eccoti il prezzo netto che ho appena saputo per caso: tela ordinaria granulosa gialla larghezza due metri N.0, pezza intera 10 metri di lunghezza. Prezzo 40 franchi."

Nel cammino che si percorre lungo il percorso espositivo, passando dalle opere dei primi anni della sua produzione fino agli ultimi mesi di vita, seguendo via via per i suoi viaggi e i suoi spostamenti (volontari o forzati) si possono vedere opere a guazzo e gessetto, matita, pastelli colorati, acquerelli su carta, xilografie e oli su tela.
La bellezza nella mostra risiede anche nella varietà delle tecniche delle opere esposte.

In molti casi, mi è sembrato che le matite o i disegni ad inchiostro fossero più eloquenti dei dipinti a olio, soprattutto per la produzione dei primi anni 80.

E’ chiaro, inoltre, che siamo talmente condizionati dalle Lettere che ogni interpretazione delle opere ne risulta contaminata.
Al di là delle influenze stilistiche, dello studio delle stampe giapponesi, della frequentazione degli impressionisti o di Toulouse Lautrec, non possiamo non leggere nei Mangiatori di patate la partecipazione e la condivisione di un predicatore, nel ritratto dell’amico Joseph Roulin cameratismo e affetto e nel Ritratto di fanciulla, e nel suo azzurro incarnato gauguiniano (completato nello stesso mese della morte), una traccia della fine.

Ogni opera esposta, accanto alla scheda che ne definisce tecnica pittorica, dimensioni e provenienza è arricchita dalle parole di Vincent Van Gogh che la descrivono o ne raccontano l’origine e la formazione.

Tutte le opere sono così raccontate allo stesso tempo in soggettiva dall’autore, nonché ricollocate nel contesto dell’evoluzione pittorica del diciannovesimo secolo attraverso uno studio critico approfondito.

In una delle ultime sale sono esposti gli originali di alcune lettere a Theo.
Come ogni reperto rubato al quotidiano, e con la stessa emozione con cui guardiamo i ritrovamenti archeologici possiamo cercare di decifrarne il contenuto.

Il romanzo epistolare della vita di Van Gogh è indivisibile dalla sua opera pittorica e ne quantifica il valore tanto quanto le tele.
Mi pare una mostra da vedere assolutamente.

Paola Nicoli.



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