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Nucleare: Il panorama italiano ed europeo tra falsi miti e lentezze burocratiche

19/10/17

In Europa proseguono i programmi di costruzione di nuove centrali nucleari, mentre in Italia il processo di decommissioning procede a rilento. Nel corso dell'intervista con Umberto Minopoli, Presidente Associazione Italiana Nucleare, discutiamo del panorama europeo e nazionale.

FotoUmberto Minopoli, Presidente Associazione Italiana Nucleare, ha risposto alle nostre domande in merito al panorama internazionale e nazionale relativo al nucleare. In Europa sono in fase di programmazione alcuni impianti nucleari ed il campo della ricerca sta facendo grossi passi in avanti non solo nel settore energetico. Il nostro paese invece tra lentezze burocratiche ed amministrative non riesce a far decollare il processo di decommissioning, mettendo a rischio la competitività delle aziende settoriali italiane nel mercato internazionale.

- I problemi di sicurezza riscontrati in alcune centrali nucleari francesi hanno avuto ripercussioni sull'intero settore energetico europeo. Quali sono gli scenari che il caso francese ha aperto a livello continentale?

Non parlerei di un “caso francese” in quanto il dibattito sul nucleare, in Francia, riguarda una visione di programmazione dell’uso di fonti energetiche che prevede un crescente contributo da parte di altre fonti energetiche, e di conseguenza un ridimensionamento del contributo del nucleare al mix energetico francese. Negli ultimi tempi si è dibattuto su tematiche di sicurezza impiantistica, con particolare riferimento alla costruzione dell’impianto di Flamanville il quale, negli ultimi giorni, ha ricevuto il green light da parte delle autorità di sicurezza che hanno ritenuto soddisfacenti le soluzioni che l’EDF, proprietaria dell’impianto, ha fornito; su questo caso bisogna specificare che le problematiche sollevate riguardavano questioni ingegneristiche di tenuta di alcune componenti dell’impianto, e non problematiche di sicurezza anche perché l’impianto non è ancora attivo. Le problematiche esistono per alcuni impianti costruiti negli anni ’60 che hanno un ciclo di vita già lungo, ma molti di questi impianti hanno recentemente ricevuto autorizzazioni per il prolungamento del loro funzionamento. In sintesi la vera discussione sul sistema nucleare francese non riguarda alcuna problematica di sicurezza, bensì l’equilibrio tra le varie fonti di energia tra cui, appunto, il nucleare.

- In Inghilterra verrà costruita la centrale nucleare di Hinkley Point C; ci sono altri progetti di costruzione di centrali nucleari nel mondo? I minori costi degli impianti rinnovabili quanto incidono sulla costruzione di nuove centrali?

Innanzitutto bisogna chiarire che gli impianti nucleari non possono essere comparati a quelli derivanti dall’uso di fonti energetiche rinnovabili, in quanto si tratta di impianti con taglie e caratteristiche per la generazione di energia completamente differenti. Gli impianti che utilizzano fonti rinnovabili differiscono da quelli nucleari per molteplici ragioni, come ad esempio la taglia, il funzionamento e caratteristiche cicliche di generazione dell’energia.

Per quanto riguarda l’attuale scenario relativo alla costruzione di nuove centrali in Europa, bisogna considerare gli ostacoli derivanti da problematiche di natura economico-finanziaria: il costo fisso per un investimento nel nucleare è molto alto ed è oggi reso scarsamente competitivo non dagli impianti rinnovabili bensì dagli impianti che utilizzano fonti fossili, le quali al momento rimangono fortemente competitive.

Nonostante le ragioni appena discusse, tutti i vecchi programmi di costruzione di nuove centrali nucleari non hanno subito cancellazioni da parte delle autorità nazionali dei paesi in cui sono previste future costruzioni.

In paesi come Finlandia, Gran Bretagna, Francia e paesi dell’est europeo hanno in programma la costruzione di nuove centrali; vi sono senza dubbio lentezze burocratiche ed amministrative, come dimostrano i casi della centrale di Olkiluoto (Finlandia) e Flamanville (Francia), ma nel complesso nessun programma è stato cancellato a partire dalla Gran Bretagna che vedrà realizzato il progetto di costruzione della centrale di Hinkley Point C.

- Per quanto riguarda il settore della ricerca, oltre a quello energetico, in quali campi si stanno registrando i principali sviluppi?

Nel campo del nucleare civile ci sono enormi sviluppi di grande interesse nel campo della ricerca; bisogna abbandonare l’antica concezione secondo cui il nucleare viene identificato solo con la produzione di energia. L’utilizzo dei processi fisici attinenti al nucleare è ormai ampiamente diventato un punto fondamentale dell’innovazione tecnologica in svariati campi dell’economia e della società, come dimostrato ad esempio dal settore sanitario, dal settore industriale, dal settore dei trasporti e dal settore agricolo. In tutti questi campi la tecnologia nucleare si sta progressivamente affermando sempre di più.

Anche nel campo energetico sono stati molteplici gli sviluppi, a partire dal progetto francese ITER relativo al reattore nucleare in costruzione a Cadarache, nel Sud della Francia, un grandissimo progetto internazionale che certamente riguarda una nuova modalità di utilizzo per il nucleare civile.

- In Italia a che punto è il processo di smaltimento delle scorie nucleari?

Successivamente al referendum abrogativo del 1987, in Italia si è provato ad immaginare un processo di decommissioning “veloce” delle 4 centrali nucleari e dei 7 siti industriali/tecnologici presenti sul territorio. Il decommissioning tuttavia può essere un processo molto lungo per ragioni di sicurezza e di sostenibilità. Il disegno italiano purtroppo rischia di risultare ampiamente illusorio, come dimostrato dall’attuale situazione. La percentuale di realizzazione del decommissioning nucleare si aggira intorno al 26%, ed inoltre non è stata ancora realizzata l’infrastruttura più importante, ovvero il deposito nucleare, non solo per lo smantellamento dei siti nucleari ma anche per la messa in sicurezza delle scorie e dei rifiuti nucleari prodotti anche in altri ambiti.

Ci sarebbe da fare dovute riflessioni sulle procedure autorizzative con cui procediamo in Italia. Non siamo dotati di un’autorità o di un istituto di sicurezza che possa sveltire in maniera razionale le procedure autorizzative, mandando avanti i programmi di smantellamento dei siti nucleari.

Nel nostro paese c’è un interessante tessuto industriale nel campo del decommissioning, il cui sviluppo è però frenato dai ritardi e ostacoli di varia natura a cui bisogna far fronte. A livello internazionale siamo molto vicini al completamento del ciclo di vita per alcune delle centrali nate negli anni ’60-’70, e questa situazione creerà un mercato del decommissioning molto grande a cui le nostre imprese rischiano, purtroppo, di non poter partecipare.

- E' quantificabile l'impatto economico dei processi di decommissioning nel nostro paese?

L’AEEGSI ha stabilito una dotazione per il decommissioning pari a 6mld. di euro, in cui vengono considerate tutte le attività relative al decommissioning che non sono solamente quelle inerenti allo smantellamento delle centrali, infatti gran parte della dotazione è destinata alla creazione del deposito nucleare, grande opera tecnologica e civile. Parte della spesa è già stata effettuata, ad oggi urge riflettere in merito alle modalità per accelerare i processi burocratici ed amministrativi per far rendere a pieno regime l’intero processo.

- Quali saranno gli oneri in bolletta per i consumatori a seguito della definitiva organizzazione del deposito nazionale dei rifiuti nucleari?

Non ci sono attualmente programmi relativi al cambiamento degli oneri presenti in bolletta; gli oneri servono soprattutto per le finalità di gestione logistica dei rifiuti/scorie nucleari, e sono una parte infinitesimale dei costi attribuiti in bolletta non legati alla generazione e distribuzione di energia.

Intervista a cura di Orizzontenergia ad Umberto Minopoli, Presidente Associazione Italiana Nucleare.



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