ARTE E CULTURA
Comunicato Stampa

Ousmane Ndiaye Dago. Donna Terra

17/04/19

La personale di Ousmane Ndiaye Dago alla Other Size Gallery di Milano espone un corpus di quindici scatti appartenenti al ciclo più rappresentativo del suo lavoro: “Femme Terre”. Fra i principali esponenti dell’avanguardia africana contemporanea, Dago reinterpreta, con continue variazioni sul tema, il corpo femminile, travestendolo di gesso, fango, argilla e pennellate di colore.

Donne senza volto, corpi su cui passato e presente, antiche ritualità e odierne questioni di genere s’incontrano, senza mai scadere nella banalizzazione dell’“esotico”: si presenta così la mostra “Ousmane Ndiaye Dago. Donna Terra” che espone il ciclo più rappresentativo del lavoro del fotografo senegalese, fra i principali interpreti dell’avanguardia africana contemporanea.
Esposto, dal 16 aprile al 31 maggio alla Other Size Gallery by Workness di Milano, un corpus di quindici fotografie di medio e grande formato della collezione di Giampaolo Prearo, che reinterpreta con continue variazioni sul tema il corpo femminile, travestendolo di gesso, fango, argilla e pennellate di colore.

Nel ciclo “Femme Terre”, iniziato nella seconda metà degli anni Novanta, il corpo viene nascosto e, contemporaneamente, svelato da materiali vari e tessuti. L’impasto materico si secca sulla pelle fino a trasformare le modelle africane scelte dall’artista in simulacri geologici e quasi marmorei, fatti di terra e immortalati in immagini bidimensionali dal medium fotografico. La pelle si trasforma in superficie su cui il fotografo performer imprime volumi plastici mentre le donne diventano terra perché ne assumono i colori, le forme e le scabrosità. Nascono fotografie dal colore vivido, smaltato, traslucido che rappresentano corpi sensuali e misteriosi.

Dago costruisce i set fotografici con grande cura: i suoi allestimenti conservano il mistero e le suggestioni della foresta dove, tra le profondità delle ombre, penetra la luce artificiale degli spot che riproduce l’atmosfera del sole equatoriale. L’artista allestisce la scena con metodo quasi teatrale, l’azione è circoscritta entro i limiti dell’inquadratura del gesto fotografico come un fermo immagine.

La ricerca di Dago s’inserisce in una temperie culturale, quella a cavallo tra gli anni Novanta e i Duemila, che ragiona con fare espressivo sul corpo come strumento di rivendicazione politica, sociale ed estetica. “Femme Terre” è un progetto che, ispirandosi a pratiche rituali e magiche della cultura africana, nasce dall’idea di identificare la donna con la Madre Terra; il corpo delle modelle, attraverso l’argilla, viene riplasmato e ascritto a una sorta di tempo originario del mondo. Il fotografo contrappone il linguaggio della tecnica al fenomeno della natura, quello dell’artificio al sentimento primordiale della vita.

Le donne di Dago non mostrano mai il volto, sfuggendo a un’identità definita e si configurano come pure forme, potenti ed erotiche. La cancellazione assurge a metodo di sacralizzazione della donna e fa sì che le giovani modelle possano incarnare tutte e nessuna in particolare.



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