ECONOMIA e FINANZA
Comunicato Stampa

Rispunta il registro nazionale degli amministratori di condominio

21/04/21

Obbligo di iscrizione per tutti i soggetti che svolgono la professione di amministratore di condominio. Depositata una nuova proposta di legge.

FotoDepositata e assegnata in Commissione Giustizia alla Camera la proposta di legge sulla istituzione del Registro nazionale degli amministratori di condominio. L’On.le Paolo Tiramani ed altri parlamentari hanno avviato l’iniziativa prevedendo l’obbligo di iscrizione per tutti i soggetti che svolgono la professione.

“In considerazione del ruolo sempre più rilevante che la figura professionale dell’amministratore di condominio riveste nel settore e tenuto conto delle implicazioni sociali, anche in considerazione della notoria penuria abitativa, l’istituzione del Registro nazionale consentirebbe di tutelare i diritti e gli interessi dei proprietari di immobili e dei conduttori e assolverebbe a una funzione di garanzia circa la professionalità dei soggetti esercenti, in forma singola o associata”.

E’ questo – in sintesi – il convincimento espresso da un nutrito gruppo di parlamentari – primo fra tutti l’on.le Paolo Tiramani – i quali hanno presentato alla Camera dei Deputati la proposta di legge n. 2926 sulla “Istituzione del registro nazionale degli amministratori di condominio”, già assegnata in sede referente alla Commissione Giustizia, con l’obiettivo di “regolamentare l’attività di gestione dei condomìni, come sollecitato nel corso degli anni da moltissimi professionisti che lavorano in modo serio, competente e specialistico e che hanno manifestato la necessità di istituire tale strumento”.

I dati statistici nazionali richiamati nella presentazione dell’iniziativa riepilogano circa un milione di fabbricati, trecentomila amministratori, due milioni di giudizi civili aventi ad oggetto contenziosi di natura condominiale e cinquantadue associazioni di categoria fra le quali solo diciassette iscritte nell’elenco tenuto dal Ministero dello sviluppo economico, e da questi riscontri – si evidenzia nella proposta di legge – “emerge con chiarezza che la categoria non è in alcun modo tutelata”.

Dopo tanto scrivere, parlare, immaginare, chiedere, sollecitare e protestare, forse i gestori delle cose comuni sono finalmente giunti al tanto agognato giro di boa?

Troppo presto per dirlo, giacchè una proposta di legge – pur se interessante, innovativa e pregevole – rimane sempre, solo e soltanto una semplice “proposta”, giunta in questo caso a illuminare almeno un poco lo scuro grigiore di una reiterata condotta governativa pasticciona e incomprensibile, resa ancor più tenebrosa dagli effetti virali di una pandemia piombata fra il capo e il collo della più bistrattata categoria di professionisti degli ultimi dieci anni.

Già, perchè la riforma del 2012, lungi dall’aver apportato modifiche serie, decisive e pragmatiche alla già tormentata figura dell’amministratore condominiale, ne ha sancito l’ibrida identità che non sa né di carne e né di pesce, rimandando a tempi migliori la sua definitiva collocazione nel novero delle più attive e diffuse categorie dei lavoratori intellettuali del Belpaese.

Quando parliamo di professioni non regolamentate, infatti, sappiamo che le stesse non sono mai state oggetto di tutela da parte dell’ordinamento giuridico e che – per la prima volta – hanno ricevuto un minimo di considerazione attraverso la legge n. 4 del 14 gennaio 2013, varata per recepire una direttiva europea mirata a garantire la tutela del consumatore e del mercato dei servizi professionali, definiti “attività economiche anche organizzate, volte alla prestazione di servizi o di opere a favore di terzi esercitabili abitualmente e prevalentemente mediante lavoro intellettuale, che però non risultano riservate per legge a soggetti iscritti in albi o elenchi”.

La domanda, come diceva qualcuno, sorge dunque spontanea: il Registro nazionale degli amministratori di condominio servirà davvero a mettere ordine in questo comparto che vive di attese e speranze e convive – al contempo – con altre categorie di operatori più “titolati” e più “garantiti” perchè iscritti ad albi “veri” e da sempre perfettamente identificati?

Dipende dalla legge che verrà eventualmente promulgata, diciamo noi, e nel mentre desideriamo spingerci a qualche necessaria e preliminare considerazione sul testo approdato in Commissione Giustizia alla Camera, che abbiamo “recuperato” nella sua interezza per capire da dove si parte e – conseguentemente – dove si potrà arrivare, non senza immediatamente rilevare che l’iniziativa parlamentare – molto breve e concisa – si sviluppa essenzialmente in tre semplici articoli sui quali si è cominciato a “lavorare”.

Il primo, “Istituzione del registro nazionale degli amministratori di condominio e di immobili”, stabilisce unicamente l’obbligo di trascrizione e di tenuta dei nominativi di coloro che in base all’attuale normativa possono svolgere l’attività in questione, innovando l’anagrafica degli iscritti con la prevista obbligatorietà di una “pec” e con l’indicazione del luogo presso il quale si esercita in modo prevalente il proprio lavoro.

Il secondo, “Corsi di riqualificazione e di aggiornamento professionale”, attribuisce alle associazioni professionali iscritte presso il Ministero dello sviluppo economico e agli Ordini o Collegi professionali affini il “potere” – e addirittura il “dovere” – di programmare corsi di formazione base e corsi di aggiornamento “con la previsione dei relativi crediti formativi”, restando per legge, tali organismi, “tenuti a promuovere e a organizzare” le descritte iniziative di ottenimento e accrescimento culturale.

Il terzo, “Regolamento di attuazione”, prevede la possibilità di rendere pubblico il Registro in argomento a mezzo di “un’apposita pagina del sito internet istituzionale del Ministero della Giustizia”, oltrechè “l’individuazione degli ordini e dei collegi professionali affini” e “la fissazione delle norme comportamentali e professionali al cui rispetto è subordinata la permanenza dell’iscrizione”.

Tenere sotto controllo i nominativi degli amministratori, delegare alla loro formazione le associazioni di categoria iscritte al Mise, identificare gli Ordini e Collegi più “vicini” alle attribuzioni del ramo e stabilire una sorta di codice etico valevole per tutti, insomma, restano i pochi ma sani principi dell’auspicata “svolta” professionale degli operatori del condominio, proposta “a tutela e garanzia” di diritti e interessi dei proprietari di immobili.

Cosa è cambiato dalla riforma dell’anno 2012?

Intanto poco o nulla, ed anche se resta doveroso attendere pazientemente tutti gli sviluppi relativi alla proposta di legge in commento, non possiamo intanto esimerci dal ripercorrere – con realismo obiettivo e critica costruttiva – i grandi temi legati alle molteplici aspettative ed alle continue delusioni che hanno finora gravitato sui mandatari nostrani.



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