Separazione con marito disoccupato a carico della moglie
Assegno di mantenimento e assegno divorzile a carico del coniuge con un reddito o uno stipendio più basso dell’altro.
del 11/09/18 - di Leonardo Breccolenti
L’assegno da corrispondere dopo la separazione si chiama assegno di mantenimento.
Lo scopo di tale contributo è consentire al coniuge con un reddito più basso di mantenere lo stesso tenore di vita che aveva durante il matrimonio.
La misura del mantenimento non è prestabilita dalla legge: tutto dipende dalle circostanze concrete.
Se tra i due coniugi non c’è grosso divario di reddito o il matrimonio è stato “lampo” l’assegno potrebbe essere negato del tutto.
Si può divorziare dopo sei mesi dalla separazione consensuale o dopo un anno dalla separazione giudiziale.
A questo punto il giudice – con o senza il consenso delle parti – sostituisce l’assegno di mantenimento con il cosiddetto assegno divorzile.
Questo non serve più per garantire lo stesso tenore di vita che il coniuge debole aveva durante il matrimonio ma funge da sostegno solo per chi non è autosufficiente
Di norma l’assegno di mantenimento e quello divorzile spettano a chi ha un reddito più povero, salvo che questi sia tale solo per pigrizia e per non volersi attivare a cercare un’occupazione. In questo si innesca un altro discorso: quello del cosiddetto addebito.
Non ha mai diritto al mantenimento, anche se povero, il coniuge che ha violato le regole del matrimonio così determinando la rottura dell’unione.
Se un marito è disoccupato e la moglie lavora, sarà quest’ultima a dover pagare l’assegno di mantenimento al primo a meno che questi non abbia altre risorse con cui vivere come, per esempio, la proprietà di immobili o di partecipazioni societarie.
La legge infatti non dice che la moglie ha diritto al mantenimento ma parla solo del coniuge più debole economicamente che può essere ovviamente tanto l’uomo quanto la donna.