ECONOMIA e FINANZA
Comunicato Stampa

Start-up in Italia: la voglia c’è, ma mancano i mezzi – Tante idee ma poche risorse per far fiorire i giovani talenti e i loro progetti

18/10/17

L’Italia è da sempre il paese della creatività e dell’innovazione, e il numero delle Start-up che ogni anno nascono e lanciano prodotti e servizi tecnologicamente innovativi è la prova dello spirito di crescita e sviluppo che da sempre contraddistingue il Made in Italy

FotoL’Italia è da sempre il paese della creatività e dell’innovazione, e il numero delle Start-up che ogni anno nascono e lanciano prodotti e servizi tecnologicamente innovativi è la prova dello spirito di crescita e sviluppo che da sempre contraddistingue il Made in Italy. Tuttavia, se si guarda poi al tasso di sopravvivenza di tutte queste nuove esperienze imprenditoriali a tre anni dalla nascita, l’entusiasmo cala inevitabilmente. Dall’indagine condotta da Assolombardia, solo l’80% delle start-up nate nella regione Lombardia sopravvive dopo tre anni di attività, e solo per chi arriva al quinto anno di attività il rischio di sopravvivenza si stabilizza e si aprono orizzonti di mercato più stabili e remunerativi.

Una situazione quella delle start-up lombarde, e italiane, che mette in evidenza due aspetti, ben individuati anche dal Centro Studi Economico Finanziario ESG89: da una parte, la creatività e lo spirito di innovazione dei giovani imprenditori italiani, che rappresentano una vera e propria fucina di idee e progetti, soprattutto nell’ambito digitale e ICT; dall’altra parte, tuttavia, questa spinta imprenditoriale non trova il giusto “carburante” per svilupparsi, data la mancanza di un capitale di rischio concretamente utilizzabile e di finanziamenti mirati proprio alle start-up. Come messo in evidenza dal ministro dello sviluppo economico Carlo Calenda, le norme a sostegno dello sviluppo delle start-up esistono, ma vanno ad agire più dal lato delle agevolazioni fiscali e delle deroghe piuttosto che fornire un sostegno attivo con fondi e finanziamenti dedicati.

È dunque la mancanza di fondi il vero nocciolo duro della questione. Anche Innocenzo Cipolletta, presidente di Aifi, associazione a sostegno del venture capitale, è fermamente convinto della necessità di predisporre dei fondi da destinare a progetti a lungo termine, oppure trovare dei soggetti privati disposti ad investire per sostenere le giovani imprese. Ma quando si parla di sostegno alle start-up da parte degli imprenditori, la strada si fa ancora più ardua. Chi ha già un’impresa, infatti, come sostiene anche il direttore generale del ministero dello Sviluppo economico Stefano Firpo, punta maggiormente sulla ricerca e sviluppo interne piuttosto che sul sostegno a potenziali partner esterni, non considerando i tempi di acquisizione da zero di nuove competenze e know-how che risulterebbero molto inferiori e qualitativamente più performanti nel caso di creazione di una partnership professionale esterna.

L’obiettivo è dunque spingere gli investitori ad uscire dal loro isolamento e fare la loro parte nello sviluppo delle start-up. Un proposito che potrebbe rientrare anche nella prossima legge di bilancio e che troverebbe un nutrito numero di sostenitori, tra cui Jody Vender, uno dei più importanti pionieri del venture capital in Italia, che ritiene fondamentale che gli imprenditori facciano la loro parte nel sostegno alle start-up e prendano consapevolezza del fatto che solo aiutando i giovani talenti e le giovani risorse a crescere e svilupparsi è possibile far progredire l’economia nazionale nella giusta direzione e a vantaggio di tutti.

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