SALUTE e MEDICINA
Comunicato Stampa

Unisalus Centro Medico Polispecialistico: Scrumble Therapy ed Ozooterapia nella terapia del dolore

09/04/20

Il dolore a tutt’oggi, da più settori scientifici è considerato, se cronico, come il risultato di complesse alterazioni sinaptico-neuronali, attribuendo così un ruolo fondamentale, sia nella genesi che nel mantenimento del dolore, al sistema nervoso: periferico, centrale, neurovegetativo.Questa concezione di fatto ha portato la ricerca a scopo terapeutico in un vicolo cieco perché, allo stato attuale, nonostante i passi in avanti compiuti, gli studi su farmaci recettoriali neuronali mirati, sono allo stato embrionale ed i risultati in campo clinico sono per lo più modesti.

FotoParadigma esplicativo di quanto affermato sono le linee guida per il trattamento del dolore neuropatico elaborate in più riprese dal 2006 al 2010 dall’ENFS con revisioni continue e validazione dei risultati nelle diverse review per una riduzione del dolore pari almeno al 30% della NRS (number rate scale), in almeno il 30% della popolazione in oggetto. Si potrebbe anche concordare, ma al restante 70% di pazienti affetti che risposte siamo in grado di offrire?Non si vuole qui sminuire i progressi compiuti rispetto solo a 40 anni fa, quando erano disponibili solo gli antiinfiammatori, oggi l’armamentario farmaco terapeutico è ben più ricco ed efficace, ma la molteplicità e la progressiva invasività dei trattamenti testimoniano della mancanza di soluzioni univocamente applicabili e condivisibili sul piano clinico per i pazienti afflitti da malattia dolore cronico. )Si pone quindi un problema che può essere risolto solo ripartendo dall’inizio e cioè dalla definizione di dolore. Per la IASP (Interational Association study of Pain ) il dolore è “una sensazione spiacevole e/o una esperienza emotiva associata ad un danno attuale o potenziale o descritta in termini di tale danno”. Per la comprensione del dolore cronico si è posto l’accento sul concetto di dolore come di una vera e propria malattia con differenti e propri meccanismi patogenetici la cui conoscenza è fondamentale per la comprensione e per la guida del migliore trattamento clinico possibile. )Il quadro è ulteriormente complicato dalla necessità di definire cosa sia il dolore neuropatico. Teoricamente tutti i dolori sono neuropatici perché, per essere percepiti, necessitano di una qualsivoglia stimolazione/alterazione e/o disturbo del sistema nervoso. Si sarebbe nella notte hegeliana in cui, per ovvietà, tutte le vacche sono nere. Mancando la dialettica della distinzione, non si da possibilità d’intervento se non in modo assolutamente aspecifico. Si è posta quindi l’esigenza di una ulteriore definizione limitandone il campo; per dolore neuropatico si intende: “un qualsiasi dolore che origini all’interno del sistema nervoso” per una patologia del sistema stesso. Ad esempio diabete, infezioni (herpes zoster), compressione nervosa, traumi nervosi, canalopatie ecc. ecc. sono solo alcuni esempi di malattie che possono causare dolore neuropatico. Come si può ben intuire la situazione è complessa, ritengo quindi opportuno partire da una ridefinizione di “dolore cronico” così che interpretando diversamente il fenomeno, sia possibile mettere a disposizione dei pazienti nuovi strumenti terapeutici che abbiano e/o si ispirino ai seguenti criteri: efficacia, efficienza, non invasività, effetti collaterali ridotti il più possibile o del tutto assenti. Si potrebbe pensare che si stia cercando di pescare la luna nel pozzo, è e probabilmente resterà un sogno, un’utopia, ma osare percorrere nuovi sentieri è l’unico modo per aprire nuove strade, diversamente si rimane vittime dell’immobilismo del dogma, non si potrà mai vincere. Alcuni esempi concreti. Interpretando il dolore come semplice informazione, è possibile adire a strumenti terapeutici di controinformazione.

LA SCRAMBLE THERAPY si basa proprio su questo principio: introdurre, tramite correnti elettriche, stringhe di input non nocicettivi che percorrano dalla periferia, lungo strutture dermatomeriche, ai centri soprassiali le vie occupate dal dolore cronico, così da ottenere una abolizione del dolore cronico là dove insorge, nella matrice neuronale centrale.
L’OZONOTERAPIA costituisce un altro esempio terapeutico che, partendo dalla interpretazione del dolore come risposta del sistema infiammatorio citochinico/chemochinico e contribuendo a spegnere la continua ebollizione infiammatoria, determina una progressiva significativa riduzione della sintomatologia dolorosa.

Esiste inoltre una ulteriore possibilità terapeutica che richiede uno sforzo di comprensione ulteriore.Se si analizzano le definizioni di dolore da Cartesio a oggi si può concludere che il dolore è prima di tutto una risposta.
Una risposta in campo biologico richiede un sistema effettore: per l’attuale concezione del dolore il sistema effettore è il Sistema Nervoso. Il permanere nel tempo della risposta definisce la differenza tra dolore acuto (fisiologico, protettivo, finalistico, utile al mantenimento della omeostasi) e dolore cronico (inutile, dannoso, vera e propria malattia). Sempre per la IASP il dolore cronico è quel “dolore che persiste oltre il normale tempo di guarigione…per il dolore cronico benigno (non da cancro) tre mesi sono il punto di divisione tra dolore acuto e cronico anche se sei mesi sono preferibili a scopo di ricerca”. Non vi è, come si vede, accordo ed il semplice criterio temporale è insufficiente a definire la cronicità. Altri studi suggeriscono che il dolore diventi cronico ogniqualvolta si realizzi una sensitizzazione sia centrale che periferica dopo che lo stimolo nocicettivo originario sia diminuito e/o cessato. Inoltre il solo criterio della durata contrasta con la multidimensionalità del dolore che sfocia in sofferenza e nulla ci offre dal punto di vista prognostico.Con l’aggiunta del determinativo temporale “cronico” si passa dal concetto di sintomo acuto autolimitantesi finalizzato ad ottenere una risposta difensiva in tempi brevi, a quello di malattia che richiede un approccio olistico, non più solo sintomo che richiede assunzione di terapia quotidiana, rendendo così il paziente dipendente dal farmaco/tecnica da assumere o ripetere giornalmente, Lo spazio per la vis sanatrix della forza vitale viene relegato e reietto, impedendo di fatto la guarigione. Riprendendo un vecchio adagio maoista (con buona pace dei detrattori) non si insegna a pescare, si vendono due pesci tutti i giorni, case farmaceutiche gioiendo. È mandatorio quindi riesaminare la genesi, l’instaurarsi, e il mantenersi del dolore, senza buttare via il bambino con l’acqua sporca, perché la ricerca neurofisiologica fin qui compiuta ha permesso il miglioramento di molti quadri dolorosi, dal momento che permangono le eccezioni, i non responders. È da lì che bisogna ripartire.

DOLORE COME RISPOSTA
Questa lunga premessa è resa necessaria perché, se da un lato il dolore è un fenomeno semplice avvertito da tutti, con lo scopo di salvaguardare l’omeostasi dell’individuo, dall’altro può contribuire a rendere la vita dei pazienti un inferno all’interno del quale il terapeuta è chiamato a muoversi. Come espresso sopra il dolore può essere interpretato come un fenomeno neurofisiologico, perché si cronicizzi la catena: stimolo nocicettivo, trasduzione recettoriale, trasmissione, modulazione, e percezione, fenomeni tutti che avvengono entro il sistema nervoso sia periferico che centrale che neurovegetativo, deve vedere al suo interno un momento in cui lo stimolo si riverberi e/o perpetui. Riconsiderando quindi il dolore come una risposta è necessario trovare chi mantenga attiva la risposta; può la sola via sensitiva essere tale, o diversamente bisogna supporre l’azione di un altro effettore? Ed in caso affermativo di quale effettore si tratta? Nell’uomo un altro effettore stabile nel tempo è il sistema immunitario, la cui capacità di risposta è geneticamente determinata dal sistema HLA e che si esercita in doppia modalità: innata e acquisita. Lavori scientifici che mettano in relazione l’HLA, il sistema immunitario, ed il dolore cronico, costituiscono il più recente progresso nella elaborazione di una più soddisfacente teoria sulla genesi della cronicità del dolore. La presenza di HLA B 27 è ben codificata per la spondilite anchilosante e per la sacroileite. In un recente lavoro la spondilite anchilosante HLA B 27 positiva è stata messa in relazione con la coesistenza di fibromialgia. Riscontro positivo si è trovato nel 15% della casistica esaminata. In un altro studio di un anno precedente la CRPS, (Complex Regional Pain Syndrome ) una delle sindromi di dolore neuropatico tra le più complesse da diagnosticare con certezza e trattare, la presenza di una certa codifica di HLA è stata messa in relazione con la possibilità di sviluppare una simile patologia. Su 150 pazienti esaminati il dato conclusivo deponeva per la presenza statisticamente significativa di HLA B 62 e HLA DQ 8. Comunque la dimostrazione del legame tra HLA, determinismo della risposta immunitaria, e sistema nervoso è ben lungi dall’essere codificata e accettata nella letteratura internazionale.In un importante studio sul dolore neuropatico periferico cronico il cui titolo è già un programma: “Beyond neurons: evidence that immune and glial cells contribuite to pathological pain states” l’autore sostiene la necessità della compartecipazione della risposta immunitaria allo scopo di mantenere lo stato di sensitizzazione del primo e secondo neurone sensitivo per il permanere del dolore nel tempo. A dispetto di decadi di ricerca e dei farmaci attualmente disponibili, il dolore neuropatico è fuori controllo proprio perché le cellule del sistema immunitario sono parte integrante della cute, dei nervi periferici, dei gangli della radice posteriore, e del midollo spinale.Anticorpi generati verso patogeni, per mimetismo molecolare si riferiscono alle cellule di Schwann, alle cellule dendritiche, ai fibroblasti, ecc … ecc… generando così una cascata di citochine proinfiammatorie ( interleuchine, fattore di necrosi tumorale alfa, calcitonine gene peptide related, sostanza P, e molte altre ) la cui via ultima comune sono di volta in volta i canali ionici del Na+, del K+, del Ca++, del sistema GABA, del glutammato, oppure metabotropi purinergici, muscarinici, e si potrebbe continuare ulteriormente.In una review più recente gli stessi autori confermavano quanto enunciato in precedenza. In uno studio più recente veniva posto in evidenza il ruolo della attivazione gliale nel contribuire agli stati dolorosi patologici concludendo chiedendosi che cosa causi l’attivazione gliale, e come la glia attivata alteri la modulazione dell’input nocicettivo e la sensibilità neuronale. La risposta a queste domande sarà in grado di aprire nuove strade per il trattamento degli stati di dolore patologico. Di recentissima pubblicazione è un lavoro che ha dimostrato la presenza di autoanticorpi nel siero di pazienti con CRPS verso neuroni del sistema neurovegetativo, principalmente verso recettori b 2 adrenergici e verso i recettori muscarinici. Si può quindi concludere che affinché il dolore si affermi come cronico è necessaria la partecipazione del sistema immunitario: non è solo il modello dell’artrite reumatoide, della spondilite anchilosante, della sacro ileite a certificarlo ma anche gli studi più recenti sulla genesi del dolore neuropatico.

Licenza di distribuzione:
INFORMAZIONI SULLA PUBBLICAZIONE
Marketing Journal
Responsabile account:
Mariella Belloni (Vicecaporedattore)
Contatti e maggiori informazioni
Vedi altre pubblicazioni di questo utente
RSS di questo utente
© Pensi che questo testo violi qualche norma sul copyright, contenga abusi di qualche tipo? Contatta il responsabile o Leggi come procedere