ARTE E CULTURA
Comunicato Stampa

Vinicio Capossela "Pandemonium"al Teatro Rossini di Pesaro

28/10/20

Un omaggio a Rossini per l'ultima serata prima della chiusura dei Teatri, con riferimenti sonori a Celine, bellini, Pergolesi, Goethe. Un inno alla "indulgenza" secondo Papa Francesco.

FotoVinicio Capossela – PANDEMONIUM al Teatro Rossini di Pesaro

Narrazioni, piano, voce e strumenti pandemoniali

Con Vincenzo Vasi.

Una produzione International Music and Arts.
Un omaggio a Rossini per l'ultima serata prima della chiusura dei Teatri, con riferimenti sonori a Celine, bellini, Pergolesi, Goethe.
Un inno alla "indulgenza" secondo Papa Francesco.

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Pandemonium era la rubrica che Capossela teneva durante la quarantena: un mix originale ed un pò folle di storie e canzoni che muovevano un tempo che sembrava immobile, con rimandi all’attualità.
Ora aPesdaro per la serata ultima prima della (si spera breve, brevissima) chiusura delle sale, il cantautore irpino, riprende la sua opera in questa nuova fase drammatica e la riempie di sacro.
Un caleidoscopio narrativo fatto di parole e note, di realtà, favole e miti, ricerche alle radici della musica e al maestro per eccellenza, gioachino Rossini..
Questo è il suo nuovo Pandemonium.

Il titolo viene da Pan, tutto, e demonio, dunque: tutto-demonio, in opposizione a Pan Theos, tutto-Dio.
Sembrerebbe un concerto per tutti i demoni, accompagnato da strumenti musicali, che insieme evocano il “pandemonium”, mitico strumento gigantesco, del tipo dell’organo da fiera, costruito in metallo dai sudditi del reLaurino, nel regno sotterraneo abitato da esseri di piccola statura , estrattori di minerali.
Questa origine ctonia dà un tono grave allo strumento, mentre i ritmi e le armonie viaggiano liberi assieme a canzoni scelte da un repertorio trentennale .

Note dell’Artista

“Il demone a cui mi riferisco in questo Pandemoium è il dáimōn dei greci. L’essenza dell’anima imprigionata dal corpo che è il tramite tra umano e divino. Il destino legato all’indole, e quindi al carattere. Pan Daimon, tutti i demoni che fanno la complessità della nostra natura, tutte le stanze di cui è composto il bordello del nostro cuore.

(Pan e Daimon, tutti insieme). Il Pandemonium è la somma delle nature nelle loro contraddizioni. Per esempio, ambire all’unione e allo stesso tempo coltivare la clandestinità, avere tensione alla spiritualità e dissiparsi nella carne, ambire all’unità e andare in mille pezzi. Un luogo in cui tutte le nature del nostro carattere hanno voce per esprimersi. Nature che generano cacofonia, il pan panico, la confusione del tutto quanto, l’entropia incessante che ci fa continuamente procedere e separare. Tutti i dáimōn, come in un vaso di pandora liberati nell’isolamento e nell’insicurezza che ci ha colti nella pandemia. Nuove e antiche pestilenze. Ma allo stesso tempo il dáimōn è l’angelo, l’entità che fa da ponte col divino. Perché un po’ di divino nell’uomo c’è, pure se impastato col fango e il dáimōn lo rimesta e solleva.

Che musica fa il Pandemonium? Ho sentito parlare di questo enorme strumento, un grande organo fatto di metalli estratti dalle viscere della terra, dalle creature intraterrestri, i nani che battono e forgiano nelle cavità ctonie, il cui rimbombo ci raggiunge col brontolare del tuono, e provoca il frastuono. Il disordine continua il suo lavoro, fino nelle fibre dell’invisibile e ci modifica incessantemente. Noi cerchiamo di mettere un po’ di ordine, salvare qualche emozione pura, forgiandola in canzone e suonandola in solitudine. Una solitudine amplificata.

C’è sì un compagno, un rumorista intraterrestre, Vincenzo Vasi, ma è lì per fare sentire la mancanza dell’orchestra, non per colmarla. Funge da amplificatore di echi nella solitudine della pancia della balena, durante l’eclissi. Amplifica le sue volte, le sue caverne e i suoi strati. Batte i metalli delle piastre del vibrafono e li fa espandere, come la goccia provoca cerchi quando cade. Suona le voci fantasma nascoste nel Theremin e rigenera i suoni del mondo.

E poi c’è l’intimità del colloquio, così come è avvenuto nella distanza. La narrazione che svela le storie e gli scheletri negli armadi delle canzoni. Un repertorio scelto di volta in volta nei cunicoli scavati in trent’anni di canzoni. Questa è l’intimità che si propone il nostro incontro pandemoniale in musica nell’estate dei ruggenti anni venti, venti.

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