Compravendita immobiliare una buon investimento per il datore di lavoro che affitta o dà in comodato al lavoratore il proprio immobile
Immobili concessi in uso ai dipendenti: deducibilità dei costi Nella prassi aziendale è sempre più frequente che l’impresa si attivi direttamente per risolvere ai propri dipendenti il problema del reperimento di un’abitazione nella quale alloggiare, anche con la propria famiglia, per il periodo di durata del rapporto di lavoro. In questo contesto operativo l’impresa acquista (in proprietà o in leasing), o più frequentemente affitta un determinato numero di abitazioni che poi concede in uso ai propri dipendenti, non sempre riaddebitando ai medesimi le spese sostenute (per l’utilizzo dell’immobile, nonché per le relative utenze), oppure riaddebitandole solo in parte.
In base a quanto stabilito dal primo periodo del comma 2 dell’art. 95 del TUIR, i canoni di locazione (anche finanziaria) e le spese relative al funzionamento di strutture recettive non sono, come regola generale, deducibili dal reddito d’impresa, salvo quelle relative ai servizi di mensa o ai servizi di alloggio destinati ai dipendenti in trasferta temporanea. Il secondo periodo dello stesso comma 2, mitigando tale previsione di indeducibilità delle spese relative alle strutture recettive in genere, prevede che i canoni di locazione (anche finanziaria) e le spese di manutenzione dei fabbricati concessi in uso ai dipendenti sono deducibili, ma comunque per un importo non superiore a quello che costituisce reddito per i dipendenti stessi a norma dell'articolo 51, comma 4 lettera c). Viene quindi istituito un principio di correlazione, secondo cui tutto ciò che costituisce reddito per il dipendente è deducibile per il datore di lavoro, la quota che quest’ultimo può portare in deduzione quale componente negativo di reddito, corrisponde all’ammontare che costituisce reddito per il dipendente.
La Legge n. 388/2000, n. 388, introducendo un’ulteriore fattispecie derogatoria alla regola generale, pone delle condizioni in sussistenza delle quali l’impresa può godere non già della deduzione limitata, bensì della deduzione integrale dei canoni di locazione e delle altre spese relative ai fabbricati concessi in uso ai dipendenti. In particolare, perché possa operare la deducibilità integrale dal reddito di impresa del datore di lavoro, la norma richiede che i dipendenti trasferiscano la propria residenza anagrafica per esigenze di lavoro e che tali fabbricati siano ubicati nel comune ove prestano l’attività.
L’integrale deducibilità sussiste solo per un periodo di tempo limitato, ossia per il periodo di imposta nel corso del quale si verifica il trasferimento della residenza da parte del lavoratore dipendente presso il fabbricato concesso in uso, e nei due periodi di imposta successivi. Questo significa che, una volta decorso il predetto periodo triennale, la deducibilità dei canoni di locazione e di tutte le altre spese sostenute dall’impresa torna ad essere riconosciuta non più integralmente, bensì in misura non superiore all’importo che costituisce reddito in capo al dipendente.
Poiché il testo aggiunto dalla Finanziaria 2001 contiene due rimandi normativi, e precisamente utilizza le locuzioni “fabbricati di cui al primo periodo” e “predetti canoni e spese”, sono necessarie delle precisazioni al fine di individuare le fattispecie che rientrano nella previsione in merito alla natura degli immobili e alle spese deducibili. In particolare:
► si ritiene che la locuzione “fabbricati di cui al primo periodo”, sebbene sembri fare maggior riferimento alle strutture recettive in genere, si riferisca agli immobili del secondo periodo, ossia ai fabbricati concessi in uso ai dipendenti. Una simile lettura, infatti, sembra essere più coerente con la ratio delle modifiche apportate dalla L. n. 388/2000.
► per quanto concerne la natura dei costi che rientrano nella previsione di integrale deducibilità, si ritiene che il testo faccia riferimento sempre al secondo periodo, ossia ai canoni di locazione (anche finanziaria) e alle spese di manutenzione dei fabbricati, perché appena enunciati e perché aventi ad oggetto la medesima fattispecie di immobili.
Strettamente collegata alla novella apportata nell’art. 95 co. 2, è l’introduzione della disposizione che, nell’art. 43 co. 2 del TUIR, allarga la presunzione di strumentalità degli immobili concessi in uso ai dipendenti. In via generale, il citato art. 43 del TUIR prevede:
► il primo comma stabilisce che gli immobili relativi ad imprese commerciali e quelli che costituiscono beni strumentali per l'esercizio di arti e professioni non vengono considerati produttivi di reddito fondiario;
► il secondo comma precisa che vengono considerati strumentali gli immobili utilizzati esclusivamente per l'esercizio dell'arte o professione o dell'impresa commerciale da parte del possessore mentre, gli immobili relativi ad imprese commerciali che per le loro caratteristiche non sono suscettibili di diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni, si considerano strumentali anche se non utilizzati o concessi in locazione o comodato.
In buona sostanza, l’elemento innovativo a suo tempo introdotto dalla Legge n. 388/2000 riguarda l’ultimo periodo del citato comma 2 dell’art. 43, in quanto viene riconosciuto il carattere di strumentalità a quegli stessi immobili di cui all'ultimo periodo del comma 2 dell'articolo 95 e per il medesimo periodo temporale ivi indicato. Questo significa che i fabbricati concessi in uso ai dipendenti che hanno trasferito la propria residenza nel comune in cui svolgono l’attività, devono essere considerati strumentali, come detto, per il periodo d’imposta in cui avviene il trasferimento e per i due periodi successivi. Di conseguenza, per effetto di tale presunzione di strumentalità, tali immobili concorrono a formare il reddito di impresa secondo le ordinarie regole, ossia sulla base degli effettivi costi e ricavi ad essi afferenti, anziché secondo quanto stabilito dall’art. 90 del TUIR per i c.d. “immobili patrimoniali”.Al termine dei suddetti tre periodi d’imposta, il trattamento fiscale di tali immobili torna ad essere quello previsto dalle normali regole del TUIR, secondo le quali gli immobili non strumentali per l’esercizio dell’impresa (i cosiddetti immobili-patrimonio) concorrono a formare il reddito in base alle disposizioni concernenti i redditi fondiari mentre le relative spese, nonché gli altri componenti negativi, sono indeducibili dal reddito imponibile. Risulta evidente il collegamento tra le due norme introdotte con la Finanziaria 2001, dal quale si evince la chiara volontà del legislatore di agevolare (anche se per un periodo limitato) quelle imprese che concedono in uso ai lavoratori dipendenti i propri immobili.
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