ARTE E CULTURA
Comunicato Stampa

L'arte è mobile (IV Edizione)

28/05/12

Collezioni e Citazioni d’Arte e Artigianato a Città di Castello

Sette ore di viaggio (all’incirca). Qualcosa va storto con le coincidenze e le banchine di sbarco, ma alla fine ne vale la pena. La gente di qui è cordiale e un sacco disponibile, roba rara sul serio. A Città di Castello, per un po’ di giorni, “l’arte è mobile” (“e io mi sento mobiliere”, cit. Totò). La signora Adele mi parla delle sue cassettiere decorate, di geometrie e visioni oniriche, dei pomelli in ferro battuto o di altri materiali di scarto che altrimenti diverrebbero rifiuti, altra roba sul groppone del pianeta. Ogni mobile ha un proprio nome. “Sono un po’ come figli” dice la signora. Ce li presenta: Cardinale, Piero, Brancusi, poi Aurora, fa un po’ di fatica a ricordarli tutti, e per le adozioni consiglia di attendere sua figlia Veronica. Le faccio che quella di suo marito, il Signor Elio Mariucci, è stata un’ottima idea, che Veronica sta continuando bene la tradizione, che l’artigianato d’autore è duro a morire. La ringrazio per i bei momenti e m’incammino per il corso Vittorio Emanuele. Pochi passi, ed ecco il giardino della sciura Fedora, un’armata di donnine di terracotta a forma di campana. L’intento di ogni sua fantasia dipinta è quello di diffondere il valore delle piccole cose. Ognuno può scegliersi la sua sciura, inventarsi una storia per lei e portarsela in giro per il mondo. Lo spazio delle Fedore è angusto, un breve corridoio conduce dalla strada al quadrato d’erba sintetica su cui sono disposte tutte, allegre e spensierate. Non sarebbe male “connettersi con individui che credono nella forza del sorriso e della leggerezza”, spendendo appena venticinque euro. Ne spenderei anche di più se dovessi accorgermi che le parole di Claudia Rordorf sulle sue sciure sono proprio verissime. Salterei pure la cena e il vinello quotidiano.

Pensando a queste cose mi ritrovo nei pressi di una delle porte della città. Alla galleria Recò, Marco Cazzato se ne sta lì dritto a meditare sulle parole di un accorato signore che introduce alle sue “magnifiche”, “raffinate” illustrazioni. Marco non ha granché da obbiettare, il signore ha tutta l’aria di uno che sa quello che dice. È solo quando l’artista viene in qualche modo accostato a Dorè, che il Cazzato valuta di abbandonare la scena rifugiandosi verso il fondo della galleria. Mi lascio cullare anch’io dalle parole di quel signore, insieme al gruppetto di persone disposte sull’ingresso, intorno al tavolo del buffet. Da una parte sfizietti, formaggini e mortazzini, dall’altra del buon vino e lo spumante. “L’arte è una menzogna che ci fa comprendere la verità”, osservava Pablito, e la verità è che dopo oltre sette ore di viaggio e sbattimenti ho una tale fame, che tutte le parole di quell’appassionante oratore mi rievocano gli aforismi e tutte le situazioni grottesche de L’artista di Cohn e Duprat. Afferro il primo pizzetto, poi un formaggino, se qualcuno dovesse pensare che son qui solo per magnà spero che lo pensi ad alta voce, giacché se c’è uno qui sul punto di venirsene meno per questa mostra, quello son io. Spiegherei tutto per bene. Poi la parola passa al Cazzato che chiaramente, parlando dopo il signore, rischierebbe al massimo di ripetersi, per cui largo al buffet e ai tappi di sughero per aria.

L’artista è una persona che sprizza modestia da tutti i pori, gli dico che forse esagera un pochino, ma in pratica è come dire a un esaltato stile Hendrix se non sia il caso di darsi una regolata. Insomma, ognuno è fatto a modo suo, e se dio ha già chiaro in mente qual è il destino di tutti, a uno non resta che essere se stesso e vedere, nel bene e nel male. E a giudicare dai soggetti, dev’essere già un bel po’ che Marco ne vede di cose. Gran parte delle piccole illustrazioni esposte sono quelle che egli realizza per La Stampa: “mi chiamano venerdì sera e io ho da mettermi subito al lavoro, scannerizzare e inviare”. Non c’è abbastanza tempo per dedicarsi a misure che superino quelle di una cartolina (all’incirca). Chiaramente gli originali li tiene per sé. Mi passa il listino prezzi in forma modesta, per via che non gli va di ridurre i suoi “Sessanta racconti (all’incirca)” a una mera faccenda di “bisiniss”. Al che senza pensarci troppo afferro le pagine, gli do un’occhiata e le tengo tutte per me. È solo più tardi che la sua agente mi si avvicina mormorando tra sé “Che tristezza”, “Cosa?”, “Che?”, “Dicevi che era una tristezza”, “Ah, sì, qualcuno s’è fregato i fogli dei prezzi, dove siamo arrivati”, “Erano un unico esemplare?”, “Eh, sì”, “Allora ce li ho io, ma ti giuro che non c’entro nulla, me li ha passati lui”… Che tristezza.

Tra le altre esposizioni distribuite per le stradine di Città di Castello: il Pinocchio di Ettore Antolini, diciotto incisioni in legno che illustrano una favola “mai raccontata definitivamente”. Presso la Sala degli Specchi, violini, flauti e batterie danno invece forma alla Magia del legno, un viaggio attraverso secoli di bottega e esoterica sapienza. Spazio inoltre alla personale del “giocoliere della ceramica”, Giuseppe Fioroni, con le sue suggestioni di ispirazione medievale dipinte su ceramica, e spazio ancora ai maestri intarsiatori di Sorrento, a radio d’epoca e accessori da Alice nel paese delle meraviglie, gioielli, ferri da stiro, incudini, fucine e martelli. Un itinerario artistico è dedicato naturalmente ai maestri presenti in zona: Raffaello, Signorelli, Della Robbia, Rosso Fiorentino e Alberto Burri.

L’Arte è Mobile (IV Edizione)
dal 25 Maggio al 03 Giugno



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