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Comunicato Stampa

Addio alla tariffa base, novità sui costi di disattivazione. Il caso di TIM

30/10/15

Doccia fredda per milioni di utenti, che si apprestano a dare disdetta dalla linea telefonica. La tariffa base fantasma obbliga il Consumatore a sottoscrivere una promozione. L’inchiesta di Basta Bollette sugli sconti-trappola.

FotoLe attuali condizioni delle promozioni offerte da uno dei maggiori operatori di telefonia - Telecom Italia-Tim - fanno emergere gravi e inspiegabili incogruenze su tariffe base e tariffe scontate. Se il Consiglio di Stato ha stabilito che il cliente aderente a una promozione commerciale, che sottoscriva un abbonamento con vincolo temporale, è tenuto a versare la differenza sulla tariffa base per recesso anticipato, cosa succede se la tariffa base... non esiste?

La totale assenza di chiarezza sulle tariffe Telecom mette in evidenza l’impossibilità - per l’utente - di sottoscrivere un abbonamento con tariffa base. Il Consumatore, insomma, è obbligato ad aderire a una promozione che prevede un contratto con vincolo temporale. L’utente che decida di recedere dal servizio prima del vincolo imposto è quindi tenuto a corrispondere la differenza rispetto alla tariffa base che, oltre a non essere chiara, non è nemmeno sottoscrivibile.

Spazzati via completamente, dunque, i presupposti della Legge Bersani, che sanciva la libertà di recesso in qualsiasi momento e senza penali. Le somme da restituire in caso di recesso anticipato non sono certamente classificabili come penali, ma dove sta la libertà di scelta dell’utente, se non esiste la possibilità di poter aderire alla tariffa base e quindi evitare brutte sorprese al momento della disdetta?

Le ultime notizie, per chi intende dare disdetta dalla linea telefonica, sono poco confortanti anche per i clienti delle altre compagnie telefoniche. Secondo gli ultimi sviluppi in tema di costi di disattivazione, una sentenza del Consiglio di Stato avrebbe delineato i limiti di legittimità di queste somme, applicate nella temuta fattura di chiusura.

La decisione del Consiglio di Stato prende le mosse da un ricorso al Tar presentato da Sky. Il provider di pay tv, stando a quanto imposto da Agcom, avrebbe dovuto modificare a favore degli utenti alcune clausole presenti in contratti che prevedevano una promozione commerciale, con tariffe agevolate, a fronte dell’impegno dell’utente a mantenere il vincolo contrattuale per un dato periodo di tempo.

Nonostante l’iniziale opposizione di Agcom alla tesi riportata nella sentenza del Consiglio di Stato, che di fatto non chiarisce né giustifica la legittimità dei costi di disattivazione, l’Autorità ha finito per riconoscere legittimi tutti i costi relativi alla dismissione della linea telefonica, siano essi di “disattivazione” o relativi a rimborso di sconti promozionali.



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