ECONOMIA e FINANZA
Comunicato Stampa

Approvato il DDL sul “Whistleblowing”

21/11/17

Nella seduta del 15 novembre 2017 la Camera ha approvato in via definitiva il disegno di legge sul “Whistleblowing”: “Disposizioni per la tutela degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza nell'ambito di un rapporto di lavoro pubblico o privato”

Dopo l’entrata in vigore, la nuova legge tutelerà maggiormente colui che, denominato anche “suonatore di fischietto”, segnalerà episodi corruttivi di cui sia venuto a conoscenza nell’ambito del proprio rapporto lavorativo. In particolare, questi non potrà essere sanzionato, demansionato, licenziato, trasferito o sottoposto a misure organizzative che abbiano un effetto negativo sulle sue condizioni lavorative.

Per quanto riguarda la Pubblica Amministrazione la prima novità è contenuta nell'articolo 1 del DDL che interviene a modifica dell'articolo 54-bis del Testo Unico sul Pubblico Impiego.

La nuova disciplina stabilisce il divieto di applicare le misure ritorsive su elencate per colui che (nell'interesse dell'integrità della Pubblica Amministrazione) segnala al RPCT (Responsabile per la Prevenzione della Corruzione e della Trasparenza) ovvero all’ANAC o denuncia all’autorità giudiziaria ordinaria o a quella contabile le condotte illecite o di abuso di cui sia venuto a conoscenza in ragione della propria attività lavorativa.

Il comma 2 dell’articolo 1 specifica come “La disciplina di cui al presente articolo si applica anche ai lavoratori e ai collaboratori delle imprese fornitrici di beni o servizi e che realizzano opere in favore dell’amministrazione pubblica”.

Per quanto riguarda il settore privato, l'articolo 2 estende la tutela al dipendente o collaboratore che segnali illeciti o violazioni, di cui sia venuto a conoscenza nello svolgimento della propria mansione, relativamente al modello di organizzazione e gestione adottato dalla società ex D. Lgs 231/2001.

La disposizione, dunque, va a modificare l'articolo 6 (Soggetti in posizione apicale e modelli di organizzazione dell'ente) del D. Lgs. 231/01, con particolare riguardo ai modelli di organizzazione e di gestione dell'ente. In particolare, sono stati aggiunti all'articolo 6 tre nuovi commi.

Il comma 2-bis, relativo ai requisiti prevede:

a) “ uno o più canali che consentano ai soggetti indicati nell’articolo 5, comma 1, lettere a) e b) – soggetti apicali o sottoposti -, di presentare, a tutela dell’integrità dell’ente, segnalazioni circostanziate di condotte illecite, rilevanti ai sensi del presente decreto e fondate su elementi di fatto precisi e concordanti, o di violazioni del modello di organizzazione e gestione dell’ente, di cui siano venuti a conoscenza in ragione delle funzioni svolte; tali canali garantiscono la riservatezza dell’identità del segnalante nelle attività di gestione della segnalazione;

b) almeno un canale alternativo di segnalazione idoneo a garantire, con modalità informatiche, la riservatezza dell’identità del segnalante;

c) il divieto di atti di ritorsione o discriminatori, diretti o indiretti, nei confronti del segnalante per motivi collegati, direttamente o indirettamente, alla segnalazione;

d) nel sistema disciplinare adottato ai sensi del comma 2, lettera e), sanzioni nei confronti di chi viola le misure di tutela del segnalante, nonché di chi effettua con dolo o colpa grave segnalazioni che si rivelano infondate”.

Il comma 2-ter prevede che: “l’adozione di misure discriminatorie nei confronti dei soggetti che effettuano le segnalazioni di cui al comma 2-bis può essere denunciata all’Ispettorato nazionale del lavoro, per i provvedimenti di propria competenza, oltre che dal segnalante, anche dall’organizzazione sindacale indicata dal medesimo”.

Il comma 2-quater sancisce che: “il licenziamento ritorsivo o discriminatorio del soggetto segnalante è nullo. Sono altresì nulli il mutamento di mansioni ai sensi dell’articolo 2103 del codice civile, nonché qualsiasi altra misura ritorsiva o discriminatoria adottata nei confronti del segnalante. È onere del datore di lavoro, in caso di controversie legate all’irrogazione di sanzioni disciplinari, o a demansionamenti, licenziamenti, trasferimenti, o sottoposizione del segnalante ad altra misura organizzativa avente effetti negativi, diretti o indiretti, sulle condizioni di lavoro, successivi alla presentazione della segnalazione, dimostrare che tali misure sono fondate su ragioni estranee alla segnalazione stessa”.

L’ultima disposizione del DDL sul whistleblowing, l’articolo 3, al comma 1 introduce il concetto di giusta causa di rivelazione di notizie coperte dall’obbligo di segreto di cui agli articoli 326, 622 e 623 del codice penale e all’articolo 2105 del codice civile. La giusta causa è valida nelle ipotesi di segnalazione o denuncia effettuate nelle forme e nei limiti di cui all’articolo 54-Bis del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e all’articolo 6 del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, così come modificati dalla presente legge, nell’ottica del perseguimento dell’interesse all’integrità delle amministrazioni, pubbliche e private, nonché alla prevenzione e alla repressione delle malversazioni.

I commi 2 e 3 dello stesso articolo, rispettivamente, specificano come:

- quanto detto “non si applica nel caso in cui l’obbligo di segreto professionale gravi su chi sia venuto a conoscenza della notizia in ragione di un rapporto di consulenza professionale o di assistenza con l’ente, l’impresa o la persona fisica interessata”;

- ”quando notizie e documenti che sono comunicati all’organo deputato a riceverli siano oggetto di segreto aziendale, professionale o d’ufficio, costituisce violazione del relativo obbligo di segreto la rivelazione con modalità eccedenti rispetto alle finalità dell’eliminazione dell’illecito e, in particolare, la rivelazione al di fuori del canale di comunicazione specificamente predisposto a tal fine”.



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