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Centracchio (Securpol Sud): ''Le guardie giurate svolgono un servizio sociale meritevole di rispetto''

01/10/08

Lettera di commento.

Negli anni settanta, ed esattamente nel 1975, il terrorismo ammazzava carabinieri e poliziotti con una facilità degna dei cacciatori di allodole all'apertura dell'attività venatoria.

La maggior parte dei carabinieri e poliziotti che morivano, certamente, non sapevano nemmeno il perché di tale ferocia dovevano essere oggetto. Nati per lo più, sulle montagne della bella Italia, valorosi nell'animo, per dignità e correttezza, in quanto, pur di trovare un occupazione certa, e per non dipendere economicamente dalla propria famiglia, si arruolavano nelle file dell'Arma dei Carabinieri, della Pubblica Sicurezza, nella Guardia di Finanza.

Io sono nato sulla catena delle Mainarde, in provincia di Isernia, dove, la regione Molise e' stata una delle Regioni che ha visto lo spopolamento maggiore dei paesi per mancanza di lavoro.

In effetti, riflettendoci, la mia regione, sembrava non appartenesse alla nazione Italia, in quanto, la Costituzione sancita nel rispetto dell'essere umano, non appartiene ad essa (l'Art. 1 recita che la Costituzione e' fondata sul diritto al lavoro di tutti). Mi arruolai nell'Arma dei Carabinieri nel Gennaio del 1974 e dopo essere stato, prima nel nucleo sportivo di Roma, andai per otto mesi nel 13° Battaglione di guerra di Gorizia, per poi essere inserito nella prima sezione dell'allora Nucleo Investigativo del Gruppo di Napoli ( la prima sezione si occupava di omicidi, mafia, droga e tutti i reati contro la persona).

Il terrorismo incalzava e mieteva vittime. Spesso ero addetto a scorte di magistrati e soprattutto di un Ministro di Grazia e Giustizia campano. Premetto che i magistrati scortati (Di Pietro, Di Persia, Italo Ormanni), venivano prelevati tutti e tre con una sola macchina, con il rischio che, mentre sostavamo presso l'abitazione di uno di essi, gli altri potevano restare vittima di attacchi terroristici, in quanto, restavano in attesa da soli nell'auto blindata, mentre io e l’altro collega, cercavamo di proteggere il magistrato che dovevamo prendere. Tutto veniva fatto senza proferire parola.

In quegli anni, negli animi dei poliziotti, serpeggiava la volontà di costituire un organismo che potesse dare voce ai diritti calpestati degli esseri umani, esposti ogni giorno a rischio di essere ammazzati. Nei primi mesi del 1975, il terrorista Lo Muscio, insieme a Maria Pia Vianale appartenenti ai NAP a Roma, a bordo di un autobus, trucidavano un giovane poliziotto che ebbe la disgrazia di riconoscerli facendosi scoprire.

Dopo la morte del poveretto, gruppi di poliziotti si riunirono e decisero di sfilare in corteo soprattutto a Napoli, città di origine del giovane poliziotto ucciso, con la bandiera d’Italia a mezz’asta. L’unico carabiniere d’Italia che partecipò a tale sfilata fu il sottoscritto, il quale, messosi in testa al corteo, venne sistematicamente fotografato dai nuclei informativi dei Carabinieri. La mattina seguente, verso le ore sei, alloggiando presso la caserma, venni chiamato a rapporto dinnanzi ad una commissione disciplinare, la quale era formata da quattro ufficiali, i quali, molto umanamente e garbatamente mi interrogavano, perché vollero capire del come mi ero permesso, essendo un militare, a partecipare ad una sfilata ritenuta politica.

Mi difesi dicendo la verità (che credevo fortemente che era necessario la nascita e la costituzione di un sindacato che ci proteggesse, esponendo tutte le problematiche che ci attanagliavano). La Polizia di Stato, da li a poco, ebbe riconosciuto il suo sindacato, i Carabinieri hanno continuato per anni a sperare in qualcosa di buono, ma essendo militari, le varie sigle nate come pseudo - sindacati, nulla hanno fatto di concreto.

Questa mia sintesi e’ stata necessaria perché dopo essere andato via dall’Arma dei Carabinieri, con merito e gloria, mi sono dedicato all’attività di sicurezza, gestendo del personale con la qualifica di guardie particolari giurate, esposte a rischio della propria vita , spesso dieci volte piu’ dei carabinieri e dei poliziotti. Basti pensare ai servizi antirapina davanti a centinaia di migliaia di obiettivi a rischio, al trasporto valori, al pattugliamento di zona o del territorio. Uomini, di cui lo Stato caparbiamente disconosce l’importanza del loro operato e dell’ ausiliarità conferitagli attraverso la nomina di guardia particolare giurata, ma soprattutto dall’art. 139 del T.U.L.P.S.

Troppo spesso, succede che i preposti dello Stato trattano le guardie giurate con disprezzo, come se appartenessero ad una categoria di figli di un Dio minore; senza tener conto dell’importanza vitale che potrebbe essere un’attiva collaborazione, con le migliaia di pattuglie di guardie giurate che controllano ventiquattr’ore su ventiquattro il territorio di loro competenza (conoscendo ogni angolo ed ogni pregio e difetto di esso).

Purtroppo, troppo spesso, capita che il dover chiamare il 113 comporti un grosso sacrificio morale, perché non sai mai chi ti risponde dall’altra parte, e potresti incappare con il soggetto di turno che sbuffa perché gli stai dando fastidio, e sottovaluta il tuo operato. Con questa mia missiva, ribadisco con tutte le mie forze, ma soprattutto in memoria del caro Minopoli Giuseppe, ultimo caduto per l’attaccamento al dovere e di una lunga serie di uomini anonimi per lo Stato che si sono sacrificati per quella morale che li contraddistingue dai comuni mortali solo per aver prestato giuramento e fedeltà allo Stato Italiano, continuano a morire senza gloria e senza patria. Vorrei che lo Stato Italiano si interroghi, affinché si accorga che, le GUARDIE GIURATE, svolgono un servizio sociale meritevole di rispetto e gratifica. Che il Governo si renda conto dell’utilità’ del coinvolgimento di tutte le Guardie Giurate d’Italia, in una collaborazione attiva con tutte le forze di polizia sul territorio nazionale, fondato sul necessario giusto e reciproco rispetto dei propri ruoli.

Per questo, invoco, con tutte le mie forze, il sindacato che mi legge in calce, nonché tutti i suoi iscritti, affinché si attivino e chi di dovere prenda in considerazione la possibilità di dare la giusta dignità a tutte le guardie giurate con un regolare riconoscimento di qualifica, mettendo a disposizione di quegli uomini che hanno sacrificato la propria vita per quell’ideale sociale che li contraddistingue dai comuni mortali, un premio che vada quantomeno a garantire quel minimo di dignità economica alla propria famiglia, la quale si vede menomata, a volte, dall’unico sostentamento economico.

Ribadisco, ancora una volta, di essermi rivolto al SNGG, in quanto mi ha convinto fortemente di essere un sindacato serio, reale, onesto con i suoi assistiti, giusto, nonché equo nella giusta ragione, anche con la controparte (i datori di lavor0). Chiudo lanciando un grosso abbraccio morale a tutte le famiglie che hanno subito una perdita di propri cari in servizio e non. Resta d’intesa, che il mio impegno è quello di lottare finché Dio mi darà la forza in favore della categoria, in ogni posto, in ogni grado ed in ogni luogo, cercando di portare allo scoperto gli squali che usano il titolo di Polizia per la gestione di Istituti di Vigilanza con l’unico scopo di mascherare le reali attività illecite, dettatogli dalla loro indole criminale innata.

Continuerò, con tutte le mie forze, a denunciare tutti coloro che con la copertura di uomini delle istituzioni, proteggono tutti quegli infami che sacrificano uomini con qualifica di GPG per raggiungere i loro subdoli obiettivi.



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Marco Fusco (Segretario Nazionale)
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