ARTE E CULTURA
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Considerazioni sulla mostra di Boldini: lo spettacolo della modernità

21/02/15

Boldini: lo spettacolo della modernità Forlì, Museo San Domenico 1 febbraio - 14 giugno 2015

FotoEro molto incuriosita dai ritratti delle signore dipinde da Boldini e ho cercato qualche informazione su di loro.
L’operazione si è rivelata piuttosto rapida, sono quasi tutte su Wikipedia.
Tra titoli nobiliari, carriere artistiche nella danza o nello spettacolo, legami sentimentali con uomini politici o ricchi di varia estrazione i tratti principali della vita di queste donne (e le loro bellissime fotografie) si trovano in rete.

Sulle prime non riuscivo bene ad inquadrare la situazione, c’era effettivamente qualcosa di nuovo nei ritratti femminili di Boldini, ma la parabola non mi sembrava conclusa, almeno non secondo la classificazione canonica del pittore che “ebbe il merito e la fortuna di incarnare il mito della Belle Epoque”.
Boldini è generalmente riconosciuto come artista legato indissolubilmente alla società parigina della Belle Epoque e alla sua fine.
Un mondo che la guerra ha spazzato via dalla storia.

Leggendo il catalogo e le biografie di tutte queste persone ho capito meglio quello che mi sfuggiva.
Alcuni saggi delineano le vicende e la biografia del pittore e delle sue modelle: donna Franca Florio, la marchesa Luisa Casati, Geneviève Lantelme, la principessa Eulalia di Spagna, la ballerina Cléo de Mérode, esponenti dell’alta società, “demie -mondaine” e cortigiane.

Altri articoli inquadrano l’evoluzione della lettura storico artistica dell’opera di Boldini e della critica che lo ha interessato.
Sono pubblicate sul catalogo anche alcune interessanti interpretazioni sociologiche della sua produzione di ritrattista.
In particolare quest’ultimo aspetto è rilevato da Fernando Mazzocca attraverso le parole di Umberto Eco.
Eco riconosce un doppio registro stilistico nei ritratti di Boldini, in cui al naturalismo della resa del viso e del corpo si contrappone nelle vesti un aspetto sperimentale e di avanguardia “La parte inferiore dei quadri di Boldini evoca ormai una cultura impressionistica, Boldini, è chiaro ora fa dell’avanguardia, cita dal repertorio della pittura contemporanea. Al piano superiore aveva fatto della gastronomia, ora fa dell’arte […] .La committente non potrà più avvertire il disagio di essere stata pubblicizzata carnalmente come una cortigiana: il resto della figura non è diventato stimolo per degustazioni dello spirito, esperienza di pura percettività, godimento d’ordine superiore? La committente, il committente, lo spettatore, sono ormai tranquillizzati: in Boldini hanno esperito l’arte.” 1)

In quasi tutti i dipinti parigini di Boldini i personaggi sono ritoccati, rifiniti e perfezionati, le differenti condizioni sociali sono uniformate nella composizione dell’immagine (nobildonne- cortigiane) in una specie di realtà manipolata. Sono snelliti e limati, secondo le stesse modalità anche alcuni soggetti maschili.
Se si guarda all’arte per la sua funzione educativa, disinteressata e sociale allora forse bisogna seguire un percorso più lungo per apprezzare quella di Boldini,
La cosmetica di Boldini è estesa e democratica, si rigenera e si rinnova e soprattutto trascende la propria epoca.
Si è spenta quella specifica generazione che Boldini ha rappresentato ma non ne sono scomparsi gli ordinamenti e le regole e certamente non ne è tramontata la cultura.
Questo modello si aggiorna, si consolida e amplifica la diffusione della sua formula di base.
Lo stesso schema, con qualche piccola variante è trasmesso oggi allo stesso modo, semplicemente nelle forme più aggiornate e dirette dei media.
In estrema sintesi si tratta sempre di favorire l’identificazione dello spettatore con il personaggio di successo.
Le notizie biografiche che ho trovato in rete su Luisa Casati la descrivono eccentrica e trasgressiva
"la marchesa è solita passeggiare con ghepardi al guinzaglio, pitoni vivi al collo, accompagnata da servi negri nudi dipinti d’oro, gira in gondola per i canali di Venezia senz’abiti e in nome della sua arte improvvisa “scene teatrali” in Piazza (una volta si presentò con 50 figuranti vestiti di bianco e ricoperti di sangue in piazza San Marco)". 2)

Non è anche questo un modello promettente? Non fosse per i quasi cinquant’anni che li separano ci si sarebbe potuti aspettare di trovarla come esponente di spicco nella Factory di Andy Warhol.
Una cultura che lungi dall’essere cancellata o dimenticata riproduce se stessa e si tramanda come esempio desiderabile (o punto di riferimento) sempre più capillarmente diffuso attraverso i media.
Il bene ideale della civiltà (che non è mai esistito davvero ma che forse a volte si esprime nell’arte) non risiede allora in Boldini nella denuncia o nella critica ma forse soltanto nella rivelazione delle regole che la società ci ha dettato.

Naturalmente Boldini non esegue soltanto ritratti di chiunque abbellito, il suo lavoro continuo nell’ambito del ritratto gli consente di fermare lo sguardo interrogativo e quasi stupito di Giuseppe Verdi o gli opposti esatti delle espressioni intima e familiare di Mary Donegani accanto al pianoforte e di quella divertita di Cléo de Mérode. Così come le pennellate che congiungono gli abiti di signora con gli sfondi, come in Penne di Pavone ricordano il movimento della Città che Sale o degli addii di Umberto Boccioni, ma tutto questo riguarda il talento e il carattere e non l’origine dell’iconografia sociale dell’ultimo secolo.


Paola Nicoli.


1) Catalogo “Boldini lo spettacolo della modernità”. pag.60
2) http://cinquantamila.corriere.it/storyTellerThread.php?threadId=luisacasati



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