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Consigli di marketing per artisti

26/05/15

Parlare di arte e di artisti in Italia ma soprattutto a Catanzaro non è facile. La comunicazione 2.0 può aiutare, ma con rispetto. Perciò ecco due o tre consigli di marketing per artisti, che meritano.

FotoPartendo dal presupposto che non ambisco a elargire lezioni su cosa sia l’arte e cosa rappresenti, oggi, ancora una volta, mi limiterò ad analizzare il contesto in cui vivo (e opero) portando due esempi virtuosi che, come molti altri, meriterebbero più attenzione. E, dal momento che devo giustificare la loro presenza “qui dentro“, in chiusa, evidenzierò un paio di passaggi che potranno servire da consigli o spunti per migliorare la loro capacità promozionale nell’era digitale.

L’arte non la trovi per strada, puoi trovare il bello, forme di espressione creative, quelle sì… ma l’arte è altra cosa. (O almeno mi piace pensarla così). In strada tutto passa, si disintegra, non la puoi ammirare, appartiene al passaggio, al momento. L’arte non appartiene al tempo, il tempo è dell’individuo, l’arte esiste suo malgrado e oltre.

Forse perché l’arte non è cosa di tutti, forse perché non interessa la massa, tendiamo a doverla per forza sfruttare all’interno di eventi che non ripagano del rigore che merita. L’Arte, quella dei maestri, quella del genio creativo, quella di chi dedica studio e ricerca ad un’unica e incontrovertibile realtà, sta nei musei, nelle gallerie ed è li che deve restare.

Perché per far piacere pennelli, colori, materiali e tele al grande pubblico dovrei aver bisogno di ricattare i fricchettoni con lustrini, cocktail e alternative party? Perché non sfruttare, ri-occupare spazi di cui lamentiamo l’abbandono e la distruzione?

La vera rivoluzione artistica potrebbe in questo contesto rappresentare un “ritorno consapevole al visual tradizionale”. Non c’è assolutamente bisogno di cavalcare le avanguardie berlinesi degli anni che furono per giustificare una decontestualizzazione di spazi, mosse a critica del contesto urbano (politico e sociale) che viviamo (se è l’arte ad interessarmi).

Non c’è bisogno di istruire nessuno, il tessuto culturale e intellettuale cresce se si costruisce un dibattito sul tema, non attorno alle sue cornici verniciate di falsità e opportunismo. Non vi è dittatura, ne prostituzione di concetti solo la volontà di seguire una corrente, frutto dello spirito del tempo.

Se questo spirito del tempo è solo l’arte fuori dall’arte, e a me non piace.

Il frivolo, l’intrattenimento e il sociale a ogni costo, non possono rappresentare la dimora dell’uomo che partecipa all’arte. Non vi è rispetto in questo. ‘Che torni nel Museo, nelle scuole e nei manuali.

L’arte non si “capisce”, non si “spiega”, il quadro dell’artista può solo colpire, incuriosire, scuotere e in questo non c’è nessuna vergogna. Solo umiltà e chiara identificabilità dei ruoli della comunicazione in atto: artista-messaggio-osservatore. Non c’è critica, solo il vuoto, il Tutto e il Nulla. É una partecipazione intima e incomunicabile, perché non appartiene a nessuno.

Diventerò famosa per il mio odio nei confronti delle interviste. L’intervista con i suoi omissis, puntini sospensivi e parafrasi di domande che spesso annoiano l’intervistato assurgono alla pretesa di un giudizio che neutrale non è. Bypasso questo scomodo impasse e mostrerò quel che ho visto. Due tra le eccellenze catanzaresi che ho avuto la fortuna di conoscere.

Giuseppe Negro e Fabio Nicotera.

Non dirò molto dei due, non è mia competenza; ma hanno alle spalle oltre ad una formazione accademica degna di attenzione, una densa presenza sul tessuto artistico del territorio: collaborano attivamente con Musei come il Marca (CZ) e il Maon (CS). Negro è docente di decorazione presso la stessa accademia che ha sfornato i loro talenti (e molti altri); ed entrambi vantano numerosissime mostre personali e collettive in giro per l’Italia; sono da ricordare poi le notevoli acquisizioni delle loro opere da parte della “Fondazione Volume” di Franco Nucci o dal Centro Studi sulla pittura di paesaggio europeo del Lazio di Olevano Romano.

Per un elenco più dettagliato dei “traguardi” conseguiti (ma non certo esaustivo) consiglio la lettura dell’articolo su ntacalabria.it di qualche anno fa, in modo da poter anche gettare uno sguardo su altri nomi importanti che con loro hanno collaborato.

In loro si respira il nuovo, lo stupore di chi come me non conosce l’atto del fare arte ma ne apprezza il fenomeno, il risultato. C’è tradizione, riesco a vedere le radici e la ricerca e l’ambizione al perfezionamento. Tutto è materia, le tele non sono solo tele, vivono anche fuori il loro spazio. Oggetti, forme e tanta, tantissima beltà. Mi trovo in uno stato di inquieto benessere quando osservo queste opere, e questo mi basta.

SE VENISSERO IN AGENZIA I CONSIGLI DI MARKETING CHE POTREMMO ELABORARE, POTREBBERO ESSERE:

Di curare la loro comunicazione approfittando dei social network che sono propriamente visual, primi tra tutti Pinterest e Instagram o Youtube (con qualche bel montaggio sull’evoluzione dell’opera). Non sarà di certo difficile trovare argomenti e immagini d’appeal da condividere. Far vivere su questi anche il quotidiano, l’impresa fare arte, i convegni, le partecipazioni alle mostre, ecc. Brevi e puntuali descrizioni di vita e opere e il gioco è fatto.
Accedere a quei canali che permettono di entrare in contatto con quelli del settore come Twitter e LinkedIn ad esempio; aderire quindi a gruppi e cerchie di interesse per partecipare ai dibattiti sui vari temi rilevanti per l’artista.
Avere un sito web ufficiale, inderogabilmente bilingue, per informare, aggiornare e incuriosire l’osservatore che è sempre così ingordo. Non c’è da studiare chissà quale oscura strategia perché il marketing visuale vince sempre. Oggi più di ieri.
Iscriversi a quei social costruiti proprio per gli artisti (questa scelta mi piace un po’ di meno, per il carattere grottesco che tendono ad assumere, come fossero dei discount a basso prezzo di qualcosa che merita molto di più)
Dotarsi di una sezione specifica sul proprio sito internet per spedire e vendere le opere direttamente, non sarebbe proprio male.


Di consigli di marketing ce ne sono, se si vuole inscatolare l’opera dell’artista nello stesso spazio di un prodotto di consumo. Quello che mi auguro è che un giorno non molto lontano qualcuno restituisca loro, in termini di gratificazioni più elevate, quello che dopo tanti anni stanno offrendo al nostro pubblico (che forse non li merita).



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