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Il buono, il brutto e il cattivo... della comunicazione

29/04/14

Comunicazione-informazione, specialisti, aspiranti giornalisti, testate on-line, tesserino, gavetta, e ancora… “sacrificio, figliuolo, sacrificio!”, “sono i tempi”, “è normale, funziona così!” Catanzaro rappresenta un po’ un centro di approssimativismo deludente e demotivante.

Comunicazione-informazione, specialisti, aspiranti giornalisti, testate on-line, tesserino, gavetta, e ancora… “sacrificio, figliuolo, sacrificio!”, “sono i tempi”, “è normale, funziona così!”

Catanzaro rappresenta un po’ un centro di approssimativismo deludente e demotivante.
Fare comunicazione (pubblica o commerciale che sia) non è roba per tutti. Certo la materia in oggetto, non si presta ad univoche definizioni in grado di spiegare con che cosa abbiamo a che fare. E’ frutto elaborato e macchinoso di più discipline e arti, è composto da variegati e compositi strumenti tradizionali e non, nasce per finalità disparate e per un pubblico eterogeneo e, diciamoci la verità, sempre più disinteressato e annoiato dalle “parole”.

Non una vita facile, insomma, per chi vuole imprimere il segno nel “mondo” attraverso di esse. E’ si una relazione tra “emittente e ricevente” di un messaggio codificato, ma anche e soprattutto un latente rapporto di potere tra chi, posto così in posizione di superiorità, “media” informazioni essenziali e sintetizza contenuti, ritenuti in qualche modo rilevanti, trascurandone altri. Chi è in grado di assumersi questa responsabilità, a chi decidiamo di delegare il difficile compito della rappresentazione di verità e realtà?

Quello che fa breccia sul lettore/elettore/consumatore, è la sorpresa, il “fatto” fa’ notizia solo se fa’ rumore. Scandalo, scoop, pettegolezzo, verità distorta e realtà ricolorata.

E’ qui che si è bloccata la mia riflessione, esiste un buono, un brutto e un cattivo della comunicazione.

Il buono è quello che lavora per amor del vero, seguendo quel codice deontologico che è proprio di chi vorrebbe occuparsi del mestiere, chi, solamente, arricchisce con il bello e con l’orpello, informazioni elaborate con completezza e fedeltà; il brutto è quel modo di comunicare vetusto e impagliato, che appartiene all'approssimativismo di cui sopra, quell'informazione/minestrone che non solo ha la pecca di non dire nulla di nuovo rispetto a testate di portata nazionale ma, per metterci del “proprio” si impegna ad apparire esteticamente repellente e fuori da ogni tendenza o esigenza attuale; poi c’è il cattivo, quell'informazione viziata del subdolo rapporto di potere, tra pesce grande e pesci piccoli. Quel luogo in cui la gente che conta ridefinisce e ribadisce la propria posizione di supremazia sulle cose e sulle persone.

Il buono
Avere la possibilità di fare parte di quegli osservatori privilegiati, che raccontano la “storia”, ci fa sentire parte dell’ingranaggio, ed è una responsabilità che non andrebbe sottovalutata, né sprecata, abbassandosi a biechi compromessi. Quindi oltre a scrivere correttamente è opportuno farlo seguendo una moralità che va oltre l’utile, sapendo che il lettore, che non è un automa privo di coscienza critica, sa che la qualità dell’informazione è la contropartita del tempo che ci dedica, leggendoci. Qualità è ad esempio, Lou Palanca, pseudonimo collettivo di scrittori impegnati nella ricostruzione e restituzione di una memoria storica locale, che dal 2010 grazie al lavoro di ricerca, cerca di mostrare un’Altra Catanzaro, e un’altra via possibile. Qualità è Venti d’Autore, l’associazione culturale che punta a far emergere, dal basso, autori, creativi, ricercatori a cui offrire una via alternativa ai canali main stream di diffusione culturale ed editoriale. Il buono è il freelance che collabora con più testate per qualche briciola di vana gloria, costretto “a fare la postina precaria” per fare spazio ai non addetti ai lavori, che occupano il posto che le spetterebbe...

Perché continuare a vagare nell'incertezza della mediocrità, quando è possibile, con tali personalità e professionalità, ambire al meglio e a prodotti globalmente competitivi?

Il brutto
E’ quello che rende, agli occhi di tutti, l’informazione qualcosa di “non indispensabile”. Quei siti, noti e meno noti, che fanno delle notizie delle semplici cornici per i banner. Ingordi manager pubblicitari, che speculano sulla visibilità di marchi/imprese/aziende, dalla dubbia rilevanza, nascondendo il reale scopo dell’informazione. Molto più simili ad un elenco telefonico che a quotidiani. Poche sono le regole: obiettività, ricerca accurata delle fonti e cinque semplici domande: CHI, COME, QUANDO, DOVE E PERCHE’(non vorrei davvero rivedere notizie del tipo: “agli immigrati regalano soldi e ai pensionati no” oppure “studio svela il catanzarese, quale idioma più sexy”). Il web come il cartaceo, è diventato solo lo sportello virtuale di conversazione tra i politici locali e una collettività, che tutto sommato non vuole comunque ascoltarli. Comunicati stampa a profusione, per giunta, scritti davvero male e devo ammetterlo, anche con poca furbizia, perché non riescono a dolcificare quelle misere bugie che mettono in scena giorno dopo giorno.

Il cattivo
Il cattivo non c’è bisogno che mi dilunghi su questo, è chi fa la cresta sul lavoro altrui, pensando di non dover retribuire i suoi inserzionisti. Forse è per questo che le notizie peccano di accuratezza, perché non c’è mordente, non c’è amore per l’inchiesta né per la ricerca della verità. Il cattivo è chi, trovandosi in posizione di dominio, può agitare il proprio scettro, imponendo la censura su questa o quella notizia scomoda (Umberto “lo stampatore” De Rose, lo sa bene). Il cattivo è chi rappresenta quella schiera di burattini asserviti alla logica di un potere che domina dall'alto un popolino che ondeggia come spighe di grano in balia del vento.

Quelli che rendono il “tutto” un’informazione unico appannaggio di chi ne possiede gli strumenti.

Il cattivo è poi, quell'imprenditore/direttore/improvvisatore di testate giornalistiche, che sfrutta gli affannati aspiranti giornalisti.

L’informazione è oro, è la nostra ricchezza per una coscienza critica e condizione indispensabile per una partecipazione attiva al gioco della “Cosa pubblica”. Svilirne la formazione significa impedire questa partecipazione.

Chi sono per te il buono, il brutto e il cattivo? Io la mia l'ho detta.

Crediti foto

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