VARIE
Comunicato Stampa

Incidente in metropolitana del 17 ottobre 2006: si sta facendo vera giustizia?

22/11/19

A breve si terrà l’udienza presso la Corte di Cassazione che deciderà il giudizio sull’incidente avvenuto sulla LINEA A della metropolitana di Roma il 17 ottobre 2006, causando una vittima ed il ferimento di un centinaio di persone.

FotoPer chi non ne avesse memoria, ricordiamo la tragica dinamica dell’incidente: intorno alle 09:30, il treno n°4, condotto dal macchinista Angelo Tomei, entrava in collisione con il treno n°2, che era fermo in banchina nella stazione “Vittorio Emanuele” della LINEA A. Il tamponamento ha causato una vittima e un centinaio di feriti.

Da subito è partita la caccia al colpevole, facendo immediatamente ricadere la colpa su Tomei, il macchinista del treno n°2. Le indagini e le perizie fatte porteranno alla conclusione di un unico responsabile, cioè il macchinista Tomei, poiché il convoglio da lui condotto aveva superato il limite massimo di velocità consentito, azionando troppo tardi il freno di emergenza e di conseguenza entrando in collisione con il treno fermo in stazione.

Questa ricostruzione tecnica generà tra noi qualche perplessità. La scatola nera ha infatti rivelato che il treno, dopo aver superato la velocità consentita di 20 km/h, ha subito un arresto di marcia, dovuto all’entrata in funzione del dispositivo di sicurezza, salvo poi ripartire e arrivare alla velocità di 50 km/h, eludendo la segnaletica. Tutto questo, dato il ritardo dell’azionamento dei freni, ha portato all’incidente.

Detto ciò, ci poniamo la seguente domanda:
Perché il dispositivo non si è nuovamente azionato andando a fermare il convoglio?
Secondo le indagini portate avanti dal Tribunale, risulta che la levetta che esclude il funzionamento del dispositivo di sicurezza fosse stata azionata da Tomei. Ciò che non quadra è che, sebbene nell’incidente probatorio la levetta risultasse essere nella corretta posizione di funzionamento, la stessa avesse il “sigillo” (o meglio piombatura) un po’ lento, tale da consentirne il riposizionamento senza far notare la rottura di tale sistema.

Questa ricostruzione farebbe presupporre che Tomei, dopo essersi scontrato con un altro convoglio, sicuramente ferito e sotto shock, avrebbe avuto la freddezza di riposizionare la levetta nella posizione corretta. Chi lo ha immediatamente soccorso ha dichiarato più volte che il macchinista era in piena crisi di pianto e implorava di non essere lasciato solo. In tutto ciò, davvero non riusciamo a comprendere dove si sarebbe manifestata questa presunta freddezza.

Ciò che lamentiamo è che il guasto all’apparecchiatura di bordo non sia mai stato un elemento preso seriamente in considerazione. C’è da sottolineare che il treno guidato da Tomei fosse di tipo CAF, che all’epoca era ancora in fase di rodaggio, tanto che proprio in quel periodo, chi aveva fornito i treni ed ATAC, eseguivano controlli con cadenza mensile su questi convogli.

Detto ciò, proprio non comprendiamo perche Tomei avesse dovuto disattivare i sistemi di sicurezza e perché mai quel sigillo fosse così lento. Lo stesso Tribunale certificò successivamente che tutti i sigilli dei sistemi di sicurezza, presenti sui convogli CAF, furono sostituiti proprio per evitare che un’eventuale manomissione del sigillo fosse visibile tramite la rottura dello stesso. Ciò che davvero ci stupisce è che non ci sia stata vigilanza sulla piombatura dei sistemi di sicurezza né tantomeno sul fatto che fossero presenti dei convogli in circolazione potenzialmente “alterabili”. In più, ricordiamo che il CTU nominato dal Tribunale, effettuando verifiche a campione sui convogli CAF, individuò ben 15 esclusioni del dispositivo di sicurezza considerate “anomale”.

Questi dati emersi provocano sconcerto tra di noi, come ancor di più le mirabolanti spiegazioni date per spiegare il fenomeno. Ci è stato riferito che le polveri presenti nelle gallerie e depositatesi sui binari potevano far risultare ai dispositivi di sicurezza che gli stessi fossero occupati da un treno, andando di conseguenza ad alterare la segnaletica presente.

Secondo il CTP di ATAC, estremizzando i dati e sommando l’effetto moltiplicatore dei km percorsi, le esclusioni dei sistemi di sicurezza sarebbero “trascurabili”. Posso mai essere “trascurabili” i dispositivi di sicurezza e la loro stessa disattivazione in maniera, pare, così semplice? Eppure, tutto questo sembra tollerato da ATAC, visto che per le 15 anomalie che abbiamo riportato nessun macchinista ha subito sanzioni. Per tanto ci chiediamo perché Tomei abbia ricevuto un trattamento diverso data la “trascurabilità” presunta.

Il Management di ATAC non è nuovo a assurde tolleranze per quanto riguarda i criteri basilari di sicurezza. Basti pensare alla situazione disastrosa delle scale mobili presenti su tutta la rete metropolitana e nota alla cittadinanza. Purtroppo, pare che per l’ennesima volta ci sia stata la caccia al colpevole, come nel caso di Angelo Tomei, dando qualcosa in mano all’opinione pubblica per poi preservare l’Azienda.

Sarà questa vera giustizia?

Così, in una nota, Luciano Colacchi
Segretario FAISA CISAL ROMA E LAZIO

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