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Investigazioni sulla contraffazione

19/10/20

Scenari economici, conteso giuridico ed approfondimento sulle applicazioni investigative

FotoAmbiti applicativi, giuridici e scenari economici

SCENARIO ECONOMICO

Non occorre eseguire studi approfonditi per imbattersi quasi quotidianamente in fenomeni di concorrenza sleale poggiati sull’atto della contraffazione, di merci, prodotti, immagini o marchi.

Il fenomeno contraffativo interessa ormai trasversalmente diversi comparti economici e settori industriali, falla filiera agroalimentare a quella farmacologica, dal tessile e dall’abbigliamento fino alla manifattura industriale .

Innanzitutto occorre precisare cosa si intende per contraffazione e definire quindi i confini del tema di interesse.

Per contraffazione comunemente intendiamo ciò che viola i diritti della proprietà industriale, sia sancita da disegni o brevetti, da marchi registrati, da indicazioni geografiche (DOC, DOP, IGT…), anche se poi materialmente si può allargare il concetto a tutto ciò che nel porre in atto l’imitazione del prodotto comporta un danno a terzi (ovvero i consumatori, spesso, quando si tratta di generi di largo consumo), o ancora meglio un’induzione ingannevole all’acquisto e al consumo.

Come osservato dalle dinamiche attuali tuttavia, sovente, il “terzo” ovvero il consumatore, non viene affatto ingannato dal prodotto contraffatto anzi ne riconosce il valore proprio in funzione della sua contraffazione.

Tale paradosso è conosciuto da molti anni nell’ambito della moda e del lusso, si pensi agli orologi piuttosto che ad occhialeria ed accessori di abbigliamento ma, in virtù dell’evoluzione tecnologica, che in questo caso assume un ruolo negativo, il fenomeno si è allargato anche ad altri settori, tra cui il caso più noto, è rappresentato da quello alimentare.

A fornire una decisiva accellerazione a questo processo contribuisce in modo non certo trascurabile la contemporanea trasformazione dei meccanismi di distribuzione e commercializzazione dei prodotti contraffatti.

Un tempo non poi così lontano, l’esclusiva di questo mercato era ad appannaggio di forme ambulanti o clandestine di commercio, oggi invece è il web a creare i facili presupposti della libera circolazione dei prodotti “pirata” con forme di violazione che partono dalla proprietà industriale sino ad arivare al diritto d’autore.

La vastità del fenomeno e la sua intrinseca appetibilità economica lo rendono interessante a strutture criminali di tipo organizzato e sovente transnazionali

Il conseguente danno che ne deriva al sistema economico e produttivo ha assunto proporzioni ampie ed articolate, misurate, ad esempio, in uno studio del UIBM, Ufficio Italiano Brevetti e Marchi, organismo in seno al MISE


Nel report 2018 si è misurato il valore economico della contraffazione nel suo valore assoluto stimato in 7.208 milioni di euro con un incremento di circa il 3,5% rispetto ai valori del 2015.

Il settore più colpito è quello dell’abbigliamento-tessile-calzature con un “fatturato” di 2.386 milioni di euro, seguito da materiale audio/video con 1.990 e a chiudere il podio, il settore agroalimentare con 1.046 milioni di euro; trovano spazio con valori significativi, espressi sempre in milioni di euro, altri comparti come apparecchi e materiali elettrici (oltre 800 milioni), orologi e gioielli (quasi 400 milioni), e medicinali, giochi e giocattoli, materiale informatico…

E’ stato misurato un impatto sulla produzione di ca. 20.000 milioni di euro, sul valore aggiunto di ca. 7.000 milioni di euro ed un impatto occupazionale negativo per oltre 100.000 posti di lavoro.


AMBITO GIURIDICO

La pluralità di illeciti che vengono messi in atto dalle condotte contraffattive afferiscono espressamene violazioni di legge, soprattutto in ambito di concorrenza sleale, e, in particolare, la disciplina in materia di concorrenza sleale di cui al combinato disposto degli articoli 2598, 2599, 2600 e dall’art. 2601 del codice civile.

“La concorrenza sleale si sviluppa nell’ambito dei rapporti tra imprenditori che operano sullo stesso mercato offrendo beni o servizi similari[2] al verificarsi delle condizioni descritte dall’art. 2598 c.c.[3] che, facendo salve le previsioni in materia di tutela dei segni distintivi e di brevetto, dispone che costituisce atto di concorrenza sleale l’utilizzo dei nomi o segni distintivi utilizzati legittimamente dal concorrente, l’imitazione dei prodotti ovvero l’attuazione di qualsiasi altro atto che sia idoneo a creare confusione o ad imitare i prodotti del concorrente.” (CIT. ALTALEX)

L’atto sleale quindi si configura a prescindere dalla natura di volontarietà da parte dell’agente; l’azienda viene danneggiata sia in caso di concorrenza sleale posta in essere in modo colposo sia nella fattispece di azione dolosa.

La differenza diviene assai rilevante allorché, l’accertamento della natura dolosa dell’atto contraffativo, impatta direttamente sulla legittimità dei una richiesta per risarcimento dei danni, disciplinata dall’art. 2600 c.c.

Ovvio che il completo inquadramento delle fattispecie di concorrenza sleale nelle loro molteplici, quasi infinite, possibili articolazioni fattuali è demandato alla giurisprudenza che ne ha definite progressivamente nel tempo varie tipologie, sedimentando le sentenze ed evolvendo parallelamente alle mutazioni del contesto competitivo; si pensi alla comunicazione pubblicitaria ingannevole, al dumping fiscale e infine la cosiddetta “concorrenza paassitaria”.

“Nel panorama italiano la normativa di riferimento è costituita dal Codice della Proprietà Industriale (CPI) di cui al D.lgs. 30 del 10.02.2005, il quale ha introdotto nel nostro ordinamento una regolamentazione organica e strutturata in materia, successivamente modificato dal D.Lgs n. 131/2010 e dalla legge n. 99/2009 che interviene su alcune disposizioni del codice penale riguardanti il reato di contraffazione; il Codice Civile e il Codice Penale riportano una serie di disposizioni che integrano e affiancano il CPI.” (CIT. ALTALEX)

Nel nostro Paese, al fine di contrastare le finalità criminali della contraffazione internazionale, esiste poi una disciplina specifica finalizzata, anche e soprattutto a favore dei consumatori, per la tutela del MADE IN ITALY.

Si tratta di un insieme piuttosto organico benché complesso di nome e normative che interessano in particolare i settori più dinamici del nostro export quali agroalimentare, abbigliamento e macchine industriali, portatori di intrinseco valore aggiunto e successo che li rendono target prediletto per gli agenti contraffattivi.

Come noto, soprattutto riguardo a certe filiere, queste normative mirano soprattutto ad identificare in modo confutabile l’area di provenienza geografica del prodotto ma anche il processo di produzione che sovente ne costituisce il valore aggiunto.

Ma soprattutto, come si può reperire con esaustività sul portale del MISE – Ministero Italiano per lo Sviluppo Economico, si può fare riferimento al Codice della proprietà industriale (CPI), emanato con Decreto Legislativo 10 febbraio 2005, n. 30, che ha introdotto nel sistema italiano una disciplina organica e strutturata in materia di tutela, difesa e valorizzazione dei diritti di proprietà intellettuale, riordinando e accorpando oltre 40 testi normativi tra leggi e provvedimenti, conseguenti in particolare all'adeguamento delle norme italiane ai regolamenti comunitari e alle disposizioni delle convenzioni internazionali a cui l’Italia ha aderito.

Oltre alle normative italiane occorre anche fare riferimento in materia di contraffazione, concorrenza sleale e tutela della proprietà industriale anche, talora soprattutto, alle normative internazionali.

In ambito comunitario la UE ha messo in atto uno sforzo normativo teso ad armonizzare le normative esistenti nei vari Paesi:

1) il Regolamento (UE) 608/2013 del Parlamento Europeo e del Consiglio relativo alla tutela dei diritti di proprietà intellettuale da parte delle autorità doganali; una regolamentazione che colma le carenze della precedente normativa ampliando la lista dei diritti di proprietà intellettuale da tutelare che erano stati esclusi dal precedente regolamento;

2) la Direttiva 2004/48 CE[6] del Parlamento europeo e del Consiglio sul rispetto dei diritti di proprietà intellettuale; la direttiva indica le misure e le procedure civili ed amministrative finalizzate a stabilire le condizioni per l’applicazione uniforme delle norme in tutto il territorio dell’Unione Europea e a garantire il rispetto dei diritti di proprietà intellettuale.

Come riportato in un completo articolo apparso su ALTALEX , inoltre, in merito alla tutela del marchio, occorre citare:

1) il Regolamento (UE) 2015/2424[7] del Parlamento europeo e del Consiglio, entrato in vigore il 23 marzo 2016, che modifica il Regolamento sul marchio comunitario; il provvedimento si inserisce nel quadro del pacchetto normativo dell’Unione Europea per la riforma del marchio;

2) il Regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio sul marchio comunitario che stabilisce norme e condizioni valide in tutta l’Unione per la concessione di un Marchio dell’Unione Europea, come modificato dal Regolamento (UE) 2015/2424 sopra citato.



INVESTIGAZIONI AZIENDALI CONTRO LA CONTRAFFAZIONE

Le investigazioni aziendali, poste in essere da strutture specializzate e non improvvisate. Costituiscono uno degli asset fondamentali per il contrasto al fenomeno contraffativo.

SIGENT si colloca in questo mercato con il consueto approccio professionale ed umile, non ergendosi a depositaria di assolute verità, peraltro inesistenti, anche in relazione alla molteplicità degli scenari investigativi possibili che non consentono ovviamente di poter addurre un’univoca ricetta operativa per fronteggiare le molteplici tipologie interessate dal fenomeno della contraffazione, dal più comune quello dei marchi al più complesso, quello dei brevetti, per giungere anche alla tutela del diritto di autore, di non minore peso specifico.

Come sempre, ne facciamo una “questione di metodo” e soprattutto cerchiamo sempre di ottimizzare l’azione investigativa al fine di perseguire i target investigativi definiti dal committente al fine di produrre il materiale probatorio utile e di privilegiare l’ottenimento concreto del risultato atteso.

Mai come nel caso delle investigazioni aziendali contro la contraffazione, ed in genere nelle investigazioni aziendali contro la concorrenza sleale, è necessario, quasi vitale, eseguire uno studio preliminare, un briefing per comprendere lo scenario investigativo e l’ambito operativo.

Uno degli aspetti decisivi è senza dubbio quello di inquadrare il grado di tutela del marchio o del prodotto, ovvero se l’azienda si è mossa sul mercato utilizzando gli strumenti presenti per facilitare la riconoscibilità e l’univocità dei propri prodotti e segni distintivi.

In caso contrario, va detto che esiste comunque il “marchio di fatto” , infatti si può affermare che chi ottiene la registrazione di un marchio gode di una presunzione assoluta di titolarità del diritto e di una protezione estesa a tutto il territorio nazionale. Il titolare di un marchio di fatto invece gode di tutela solo provando il preuso ed unicamente entro l’ambito territoriale nel quale il marchio è stato usato.

Quindi in ogni caso il comportamento contraffattivo può essere identificato e reso perseguibile civilmente e talora penalmente e l’azienda può legittimamente tutelarsi.

In ogni modo per il nucleo investigativo SIGENT è importane eseguire un’analisi preventiva, insieme alla committente, al fine di delineare le forme ed il grado di tutela esistente, l’ambito, anche geografico, di pertinenza ed applicazione e i meccanismi distributivi, produttivi e commerciali.

Ovviamente, nessuno più dell’azienda stessa conosce gli ingranaggi del sistema produttivo e distributivo che attiene alla propria produzione e spesso già in sede di conferimento di incarico investigativo vengono delineate alcune ipotesi afferenti la dispersione di know how e la presenza sul mercato di prodotti contraffatti.

Il briefing preliminare è importante anche per comprendere se l’azione investigativa debba essere articolata partendo da una “sorgente interna” oppure persguendo “fattori esterni”, o ancora entrambe le fattispecie.

Il prodotto contraffatto non è sempre esclusivamente frutto di un’opera esterna; l’imitazione del prodotto industriale e delle sue componenti talora è frutto combinato dell’azione illecita del competitor sleale e di infedeltà interna.

Si pensi ad esempio ai processi industriali che a volte costituiscono essi stessi il valore aggiunto non tanto il prodotto finale medesimo; a tal riguardo sappiamo ed abbiamo visto nei capitoli precedenti come alcune forme di tutela afferiscano proprio la filiera ed i meccanismi di produzione come elemento contraddistintivo che sancisce la qualità e l’unicità della produzione.

Pertanto alcune tecniche investigative messe in atto in modo collaudato dalla nostra agenzia investigativa si rivelano estremamente efficaci:

- INFILTRAZIONE Laddove si pensi a fughe di notizie, progetti, dati aziendali sensibili, oppure si configuri l’ipotesi di atti illeciti nei processi logistici, nei passaggi con i fornitori, è indubbiamente produttivo utilizzare investigatori che si inseriscano nella struttura aziendale

- MISTERY SHOPPING Con i dovuti accorgimenti giuridici, ove invece la sorgente della contraffazione sia esterna, può essere determinante inserirsi nel mercato della domanda della produzione contraffatta al fine di riaccogliere elementi che possano portare anche a risalire alla sorgente distributiva dei lotti

Quando si parla di “prodotto contraffatto” l’investigatore privato deve anche avere la sufficiente preparazione per poter riconoscere il prodotto e i segni della contraffazione, nel marchio, nei componenti , nei materiali ecc. ecc.

E quando si parla di “accorgimenti giuridici” si tocca un aspetto sensibile in quanto si deve sempre ricordare che un’agenzia investigativa non è un organo di polizia ed è soggetta a limiti di legge che ne disciplinano l’azione e la valenza probatoria degli elementi documentali, testimoniali e, appunto, materiali delle prove acquisite.

Occorre quindi sempre un aggiornamento tempestivo sugli scenari della giurisprudenza per guidare in modo corretto ed efficace l’azione investigativa al fine di non vanificare, con legittimi cavilli giuridici, i risultati concreti acquisiti dall’azione investigativa.

Ad esempio porsi in contatto con gli ambienti criminali che presiedono la distribuzione dei prodotti contraffatti potrebbe addirittura configurare il reato di ricettazione, laddove in modo sprovveduto non si adottino alcuni accorgimenti sia tecnici che operativi.

Come visto nel capitolo dedicato all’ambito giuridico poi , non è irrilevante l’aspetto probatorio che possa portare all’attribuzione del dolo e non della mera colpa.

Non è irrilevante sotto il profilo giuridico ma soprattutto sotto l’aspetto economico in quanto la normativa vigente gli attribuisce un valore discriminane per poter conseguire legalmente un risarcimento dei danni.

Quindi l’agenzia investigativa deve non accontentarsi di stroncare la filiera distributiva, magari cooperando e sollecitando il tempestivo intervento delle forze dell’ordine preposte, in primis GDF e autorità doganali, ma cercare dove possibile di risalire alla sorgente del meccanismo contrafattivo al fine di produrre elementi di prova che certifichino la natura dolosa dell’operazione.



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