ECONOMIA e FINANZA
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L’accertamento dell’usura nei finanziamenti bancari

Molti magistrati, Giudici e Pubblici Ministeri, avvocati, consulenti e soprattutto i dirigenti e responsabili degli istituti di credito e delle finanziarie autorizzate all’esercizio del credito, quando si parla di usura, hanno ritenuto che la questione non abbia una rilevanza pratica nelle operazioni di finanziamento, prestiti o mutui conclusi dalle loro società.

FotoI dirigenti ed i funzionari generalmente seguono le procedure previste dalla Banca d’Italia, alla cui vigilanza queste imprese sono soggette ai sensi del T.U.B. ( Testo Unico Bancario) e pertanto, anche nell’ipotesi che, per un caso fortuito, il tasso complessivo applicato ad una determinata operazione creditizia, superi il limite di legge, il reato non si verificherebbe perché, in ogni caso, mancherebbe il dolo. Secondo l’opinione di una larga parte dei giuristi, gli amministratori, i dirigenti ed i funzionari delle banche, abitualmente, rispettano tutte le normative sul credito e le circolari della Banca d’Italia. Nessuno di loro opera di certo con l’intenzione di applicare alla clientela tassi usurari, al massimo, nel caso sopradescritto, potrebbe sussistere un illecito di natura civile.

Ma questa convinzione, innanzi tutto moralmente e poi anche giuridicamente, secondo noi é assolutamente infondata.

In Italia l’usura, successivamente all’entrata in vigore della Legge 108/96, si realizza in due modi. La prima fattispecie è disciplinata dal combinato disposto del primo e terzo comma dell’art. 644Codice Penale ed è così descritta:

“Chiunque … si fa dare o promettere, sotto qualsiasi forma, per se o per altri, in corrispettivo di una prestazione di denaro o di altra utilità, interessi o altri vantaggi usurari, é punito … La legge stabilisce il limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurari.“

L’art. 2, comma 4, della legge 108/96 precisa che:

“Il limite … oltre il quale gli interessi sono sempre usurari, é stabilito nel tasso [effettivo globale] medio [riferito ad anno] risultante dall’ultima rilevazione pubblicata nella Gazzetta ufficiale relativamente alla categoria di operazioni in cui il credito é compreso, aumentato della metà”.

La rilevazione del TEG “tasso effettivo globale medio …, riferito ad anno, degli interessi praticati dalle banche … nel corso del trimestre precedente per operazioni della stessa natura” dovrebbe essere effettuata, ogni tre mesi, dal Ministro dell’Economia, sentita la Banca d’Italia (art. 2, comma 1 della legge 108/96). Come si evince, la fattispecie base dell’usura si caratterizza per la predeterminazione normativa di un tasso soglia, per ogni tipologia di finanziamento e/o operazione di credito, al di sopra del quale l’interesse diventa usurario “usura oggettiva”. Si sottolinea che in questa tipologia vi è l’assenza di qualsiasi riferimento alla situazione di debolezza economica della vittima del reato. Il requisito dell’approfittamento dello stato di bisogno, previsto nella fattispecie dell’usura delineata dall’art. 644 c.p., in vigore fino al 1996, non è più richiesto affinché si perfezioni il delitto e vale solo come circostanza aggravante. Chiunque presti soldi non può farlo richiedendo o percependo un corrispettivo superiore a quello stabilito periodicamente dalla legge, tramite l’autorità amministrativa.


L’altra fattispecie di usura è descritta dalla seconda parte del terzo comma dell’art. 644 c.p. e prevede che:

“Sono altresì usurari gli interessi, anche se inferiori [al limite stabilito dalla legge] che, avuto riguardo alle concrete modalità del fatto e al tasso medio praticato per operazioni similari, risultano comunque sproporzionati rispetto alle prestazioni di denaro …, quando chi li ha dati o promessi si trova in condizioni di difficoltà economica o finanziaria”. Il legislatore ripropone il requisito delle condizioni economico/finanziarie della parte che accetta di pagare o paga il corrispettivo usurario, già presente nella cosiddetta usura impropria di cui all’art. 644 bis c.p. (in vigore dal 1992 al 1996) e introduce la nuova nozione normativa di “interessi comunque sproporzionati rispetto al capitale prestato, tenuto conto della situazione economico/finanziaria del soggetto che li ha dati o promessi . Molti indicano questo secondo tipo di usura (l’usura “soggettiva”) come ipotesi naturalmente “residuale” o “sussidiaria” del reato, ma niente in realtà giustifica tale classificazione: si tratta di due fattispecie alternative di realizzazione del delitto e non è pertanto assolutamente necessario che prima si verifichi il superamento del tasso soglia e solo dopo si possa eventualmente considerare l’approfittamento delle condizioni di difficoltà economiche o finanziarie del debitore, quasi come se, escluso il primo caso, il secondo rappresenti un tentativo, quasi impossibile, di raggiungere egualmente la prova dell’usura.

L’usura, in entrambe le fattispecie, come ben si comprende dalla semplice lettura del testo della norma, a differenza della maggior parte dei reati, non si configura per l’esistenza o meno di un fatto (naturale) causato, dolosamente o colpevolmente, da una persona (reo), ma si concretizza semplicemente con l’instaurarsi tra le parti di un rapporto (giuridico) sinallagmatico, un accordo che prevede obbligazioni reciproche.


Il comportamento penalmente e civilisticamente sanzionato infatti consiste, in ogni caso, nel “farsi dare o promettere … in corrispettivo di una prestazione di denaro interessi usurari”, cioè nell’aver incassato/preteso a interessi superiori al limite di legge o che risultino comunque sproporzionati, rispetto alla controprestazione, quando chi li ha dati o promessi si trova in condizioni di difficoltà economica o finanziaria. Sia nell’uno (usura “oggettiva”) che nell’altro caso (usura “soggettiva”) l’elemento fondamentale del reato di usura non è tanto il comportamento di un determinato soggetto (il reo) nei confronti di un’altra persona (la vittima), ma l’accordo di due parti, in entrambe le fattispecie, è nel contratto. E’ fuori discussione che le parti di un contratto usurario non debbano necessariamente essere persone fisiche, ma possano benissimo essere anche persone giuridiche: banca o finanziaria, come soggetto che si fa “dare o promettere la prestazione usuraria” (danaro o altra utilità) da un lato ed impresa societaria o ente (pubblico o privato) che “consegna o promette di dare interessi usurari” dall’altro lato del rapporto sinallagmatico usurario. I contratti di finanziamento soggetti alle norme antiusura, sono i seguenti tipi: aperture di credito in conto corrente, finanziamenti per anticipi su crediti e documenti e sconto di portafoglio commerciale, crediti personali, crediti finalizzati all’acquisto rateale, credito revolving e con utilizzo di carte di credito, operazioni di factoring, operazioni di leasing, mutui, prestiti contro cessione del quinto dello stipendio e della pensione, altri finanziamenti a breve e medio/lungo termine. Come ben si vede, i tipi di accordi potenzialmente usurari sono tutti contratti quotidianamente utilizzati per ordinarie operazioni di credito, i cui contraenti sono, di norma, da un lato una banca/finanziaria (società) e dall’altro un’impresa o una famiglia.

Nonostante la legge penale assoggetti in modo evidente le banche e le finanziarie alla normativa antiusura (commette il reato in forma aggravata chi svolge questa attività e chi, come di regola fanno banche e finanziarie, concede prestiti con ipoteche, per non parlare dell’elenco dei contratti potenzialmente usurari), da parte dell’intero sistema sociale, in tutte le sue componenti (economiche, politiche, giudiziarie, amministrative e religiose), fin dall’entrata in vigore della legge 108/96, l’ipotesi che sia possibile la presenza di tassi usurai nei finanziamenti delle banche e degli altri intermediari “autorizzati” non è praticamente mai stata nemmeno presa in considerazione. Lo stato ed il popolo, attraverso i magistrati, evidentemente non possono pretendere di controllare il mercato del credito: questa è stata la tacita conventio pattuita tra tutte le forze socio economiche italiane, fin dall’approvazione della legge 108/96 avvenuta, per il vero, in modo rocambolesco a fine legislatura. Considerato l’elenco dei tipi di finanziamenti potenzialmente usurari, risulta evidente che l’usura è un “reato-contratto”, non certo un “reato in contratto”, ciò significa che l’usura non è un reato che si commette “attraverso” un contratto di per sé lecito, come ad esempio nel caso della truffa. Il reato di usura sussisterà in quanto esiste un contratto usurario: la legge, sia penale che civile, punisce il semplice fatto (giuridico) della conclusione (stipula) del contratto con cui si chiedono interessi usurari, cioè dei corrispettivi per il finanziamento concesso. Questi corrispettivi, considerate anche le commissioni, le remunerazioni a qualsiasi titolo e le spese connesse (escluse solo imposte e tasse), sono (o possono essere) usurai quando complessivamente sono (o possono essere) superiori al limite di legge (tasso soglia) oppure inferiori, ma sproporzionati rispetto alla controprestazione e considerati i tassi medi. La legge nel caso dell’usura non punisce il fatto (naturale) che qualcuno chieda, con un contratto (lecito), degli interessi illeciti (usurari), ma oggetto delle sanzioni, civili e penali, è l’accordo da cui discende la dazione/pretesa di interessi usurari. Ciò significa che il reato e l’illecito civile, si commettono già con la stipula del contratto, non dipendono dall’azione di una persona (l’usuraio) e dei suoi complici, come ad esempio, nella truffa dove, stipulato un (lecito) accordo preliminare, l’ingenuo turista italo-americano consegna a Totò (il truffatore) i soldi per l’acquisto della fontana di Trevi; la sostanza del reato, in questa truffa, sta nella consegna dei soldi ottenuta con l’inganno (al compratore viene fatto credere che la fontana sia di Totò), non certo nel contratto (accordo), in cui si dice solamente che la fontana viene venduta per tot soldi.

L’ oggetto, l’“arma” del delitto di usura, è invece l’accordo, con cui si chiedono interessi oltre il limite o sproporzionati ed i colpevoli, in tal caso, saranno logicamente tutti quelli che approvano e utilizzano (anche in sede giudiziaria) il contratto usurario! E’ pertanto evidente che penalmente responsabili del reato di usura, sono coloro che predispongono (fasi preliminari e/o precontrattuali), concludono (stipula) e/o chiedono l’esecuzione dell’accordo usurario, come meglio si vedrà più avanti. Normalmente il truffatore non ricorre alla giustizia per farsi versare il prezzo utilizzando il contratto (pur lecito), in caso di inadempimento del truffato, mentre gli usurari finora sempre tentano di ottenere per vie legali il frutto di accordi sostanzialmente illeciti, contando sia sull’incapacità del sistema di prevenire l’usura, che sulla debolezza economica e sociale dei loro clienti, che non permette loro di capire la situazione.


Considerata la struttura del reato, per provare la prima fattispecie di usura (l’usura “oggettiva”), sarà sufficiente accertare l’esistenza dell’accordo (contratto) di finanziamento e riscontrare che il Tasso Annuo Effettivo Globale del corrispettivo pattuito sia (o possa essere) usurario, cioè superiore al tasso soglia vigente al momento della stipula del contratto. Si sottolinea che il contratto è usuraio anche quando il Tasso Annuo Effettivo Globale, è solo potenzialmente usuraio, poiché il reato di usura è un reato di pericolo (non è necessario che si verifichi un danno reale), in quanto viene punita non tanto un’azione specifica (incassare interessi usurari), ma la predisposizione dello strumento (il contratto, il semplice atto giuridico), per commettere ciò che il legislatore considera un grave danno per l’intera economia: pretendere e/o incassare interessi superiori al limite di legge oppure sproporzionati (usura). E’ opportuno precisare che i decreti ministeriali trimestrali, in cui dovrebbe essere indicato il limite dell’usura nelle varie operazioni finanziarie, in realtà contengono solo i tassi medi delle operazioni di credito rilevati alcuni mesi prima; questo dato (il tasso medio per ogni tipo di contratto), dovrebbe essere utilizzato, come previsto dall’art. 2, comma 4, della legge 108/96, dagli operatori del settore per l’individuazione del tasso soglia (tasso medio + ½ tasso medio), valevole per ogni specifica operazione di finanziamento (contratto di fido, di mutuo, di leasing, ecc..) perfezionata nel trimestre successivo alla pubblicazione.

L’usura però, non si realizza solo quando il tasso degli interessi supera, concretamente (interessi pagati) o potenzialmente (interessi promessi), il tasso soglia, ma c’è pure quando vengono pagati o promessi interessi sproporzionati (rispetto al capitale prestato), anche se inferiori al tasso soglia (con riguardo però al tasso medio), approfittando dello stato di necessità economico o finanziaria del richiedente (art. 644 c.p., terzo comma, seconda parte). Questo secondo tipo di usura (l’usura “soggettiva”), finora, non è stato particolarmente considerato e praticamente tutti gli operatori del settore finanziario ed ampi settori della magistratura, ritengono che ci sia usura solo quando vengono incassati (da soggetti esterni al settore del credito legale) interessi complessivi sopra il tasso soglia, ma questo è un clamoroso errore, perchè l’usura (reato di pericolo), come si è visto, sussiste anche quando, con il solo contratto, una parte si obbliga a pagare, per il finanziamento (da chiunque concesso), un tasso di interessi (annuo) effettivo e globale superiore al limite o “sproporzionato”. L’usura si avrà egualmente anche se materialmente non viene mai corrisposto alcun interesse superiore al tasso soglia o sproporzionato. Ai fini dell’accertamento del reato, nell’ipotesi di usura “soggettiva”, evidentemente sarà però necessario provare, oltre al contratto ed al tasso “sproporzionato”, anche lo stato di necessità economico o finanziaria del contraente passivo (mutuatario in senso lato).

Il problema dell’usura nei contratti bancari poi, non può limitarsi alla mera nullità delle clausole ex art. 1815 c.c., ma deve anche essere considerata attentamente la questione del risarcimento del danno da fatto illecito che, nel caso di imprese costrette al fallimento, alla chiusura o ad un ridimensionamento dell’attività, dai tassi elevati praticati dalle banche finanziatrici, attente solo ai loro interessi non è di certo risolta con l’azzeramento degli interessi oltre il limite o sproporzionati (usurari) corrisposti/promessi.

In ogni caso l’art. 644-ter. c.p. prevede che la prescrizione del reato di usura decorra dal giorno dell’ultima riscossione (senza distinguere tra interessi o capitale). Nel contratto di mutuo (ed operazioni similari) l’ultima riscossione coincide con l’ultimo pagamento di una rata, mentre nel caso di apertura di credito (e simili) coincide con la chiusura del conto corrente o con l’ultimo saldo attivo, se il conto non è stato ancora chiuso.

Nei casi in cui l’usuraio (anche quello bancario) stia esercitando un’azione di recupero forzato del suo (pseudo) credito, documentato, ad esempio, nel saldo negativo (a sfavore dell’usurato) del conto corrente, con l’inserimento nel passivo fallimentare o la partecipazione ad un’esecuzione immobiliare sui beni dell’usurato o dei suoi garanti (fideiussori), il reato è palesemente ancora in corso, in quanto di certo l’ultimo pagamento non si è ancora verificato.


Una perizia a regola d’arte, nel caso di verifica dell’usura nei finanziamenti bancari, non può limitarsi al mero calcolo del tasso globale TAEG risultante dalla documentazione contabile, ma dovrà partire dall’esame dei rapporti giuridici (contratti) esistenti tra le parti, tenendo conto della eventuale nullità di clausole relative al calcolo degli interessi. Il perito, come primo atto dell’accertamento di usurarietà di un tasso, dovrebbe pertanto verificare l’esistenza delle clausole del contratto (di finanziamento) che potrebbero provocare l’usura, cioè un tasso annuo (effettivo e globale) superiore al tasso soglia (usura oggettiva) o sproporzionato (usura soggettiva).

In sede di perizia contabile, la verifica iniziale della validità delle clausole del contratto che determinalo le modalità di calcolo dei corrispettivi (interessi nominali + oneri), comporterà nell’apertura di credito/castelletto, in caso di una loro indiscutibile nullità (accettata dalle parti), il ricalcolo dei saldi dei c/c relativamente ai periodi contrattuali da esaminare.

Il ricalcolo dei saldi è necessario per individuare il monte “capitale” ed il monte “interessi + oneri” da utilizzare nella formula per il calcolo del t(a)eg, sia essa quella prevista da Banca d’Italia nelle “Istruzioni per la rilevazione del teg medio” che quella derivata dalla formula utilizzata dalla banca per il calcolo degli interessi . L’individuazione del monte capitale è la base per la determinazione dei “numeri” (capitale x giorni). La conseguente modifica, a favore del cliente, dei “numeri debitori” (capitale x giorni) utilizzati dalla banca nel calcolo degli interessi a debito (documentato nel trimestrale “conto scalare”), nei casi di nullità delle clausole utilizzate per questo calcolo, farà variare, in pejus per la banca, anche il calcolo del TAEG dei successi periodi.

In sede civile è evidente che le conseguenze dell’accertamento della richiesta/dazione di interessi usurai non richiedono necessariamente l’individuazione di un colpevole, ma sono direttamente applicabili alla fattispecie concreta.

Nel caso risulti viziata da usura un’operazione di credito bancario che utilizzi il conto corrente (il quale, si sottolinea ancora, non è, di per sé stesso, un contratto di finanziamento) per la sua periodica regolazione, come ad esempio un fido (apertura di credito in c/c), abbiamo visto che si dovrà provvedere al ricalcolo del saldo (del c/c), sottraendo ai sensi dell’art. 1815 c.c., dal totale a debito, le somme relative agli interessi (nominali) e agli oneri (commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e spese, escluse quelle per imposte e tasse) riconosciuti come usurai, cioè superiori al tasso soglia (usura oggettiva) o squilibrati (usura soggettiva), dal momento in cui questi interessi (globali) sono stati promessi, cioè dalla “stipula del contratto” che, nel nostro esempio si avrà, come si è visto, ad ogni rinnovo del fido. A partire dalla prima liquidazione periodica degli interessi di cui viene accertata l’usurarietà (annuale, semestrale o trimestrale che sia), il nuovo saldo sarà pertanto sicuramente diverso da quello indicato dalla banca nei suoi documenti.


Espressamente il primo comma dell’art. 1 della legge 24/01 ha specificato che “ai fini dell’applicazione dell’articolo 644 del codice penale e dell’articolo 1815, secondo comma, del codice civile, si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti” ed è pertanto evidente che, anche sotto il profilo temporale, il momento della stipula del contratto è l’elemento fondamentale del rapporto che il magistrato (civile o penale) ed il suo consulente tecnico, devono necessariamente esaminare per verificarne l’eventuale usurarietà del finanziamento.

Tenuto conto di quanto illustrato è poi inoppugnabile sostenere che i risvolti civilistici ed amministrativi dell’usura sono indipendenti dall’elemento soggettivo dell’aspetto strettamente penale della fattispecie, comprese le questioni dell’errore sulla norma e del principio di legalità.

Se l’accertamento dell’esistenza di un contratto usuraio, oggettivo (supero del limite) o soggettivo (sproporzione), si verifica in sede civile , sia in un procedimento contenzioso (in sede di c.t. contabile), che in un’esecuzione (mobiliare o immobiliare) o in un fallimento, a nostro avviso, il giudice competente dovrebbe trasmettere il fascicolo alla Procura, come prevede il quarto comma dell’art. 331 del c.p.p., essendo l’usura un reato perseguibile d’ufficio. Nel caso di consulenza tecnica preventiva per evitare una lite (art. 696/bis c.p.c. ) sarà invece lo stesso c.t.u. ad effettuare la segnalazione del reato, considerato che in questo caso non c’è alcun giudice che abbia (diretta) cognizione della documentazione. Logicamente si applicherà la sanzione (civilistica) dell’art. 1815 c.c. [non sono dovuti gli interessi (effettivi e globali) se c’è usura], indipendentemente dall’individuazione di un colpevole del reato, cioè senza che sia necessario accertare il dolo, stante, in entrambe le fattispecie di usura, l’indiscutibile autonomia dell’ordinamento civile.



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