EDITORIA
Comunicato Stampa

L’angelo buono: un kammerspiel senza via d’uscita

24/02/15

Esce in formato eBook per Bibliotehka Edizioni il romanzo di Titus Aulus. Passione, gelosia, desiderio e vendetta nell’assolato meridione italiano.

Alcuni libri, durante la lettura, riescono a veicolare immagini, sapori, memorie. A rimandare la mente indietro nello spazio e nel tempo, a farla naufragare verso una serie di rimandi, citazioni, analogie (musicali, cinematografiche, letterarie) che si accavallano incessantemente.
È il caso di L’angelo buono di Titus Aulus, un romanzo stratificato, quasi interamente narrato in prima persona, che inevitabilmente porta il lettore ad immergersi in una storia ambigua, carnale, che lo porta a confrontarsi, oltre che con dubbi e dilemmi morali umani, con “qualcosa” di atavico, primordiale, mai sperimentato eppure, allo stesso tempo, conosciuto.
La passione è il minimo comune denominatore della storia. Una passione erotica, distruttiva, fuori dagli schemi e, per questo, rigettata dalla comunità.
Una madre, una figlia, il suo ragazzo. Un triangolo che va in frantumi quando l’angelo del focolare s’invaghisce perdutamente del futuro genero. Ai margini un marito - perno narrante della vicenda - che prima intuisce, poi appura e infine decide di agire. Fino alle inevitabili conseguenze.
Ecco allora che la passione lascia il posto alla gelosia, la gelosia spalanca le porte al richiamo del sangue, l’omicidio nasconde verità che non potranno essere rivelate.
Raccontare ulteriormente questa storia di disgregazione famigliare equivarrebbe a un delitto.
Al lettore il piacere di immergersi nel profondo sud del nostro Belpaese (ma la location non viene mai rivelata) e addentrarsi in questa selva oscura fatta di peccato e redenzione, delitti e castighi).
Al lettore il piacere nello scoprire i rimandi mnemonici che il narrato porta (quegli amplessi che ricordano il cinema italiano dei primi anni ’60, quello di Pietro Germi e Alberto Lattuada; quelle dinamiche familiari che tutt’ora, sebbene sia passato un trentennio, fanno rimembrare le famiglie tipiche della nostra cultura meridionale; l’infinita serie di dicerie, pettegolezzi, sguardi furtivi e sussurri che trapelano dalle strade di un piccolo paese della costa italica).
L’angelo buono è tutto questo e anche di più: un melodramma dalla tinte vermiglie, una cronaca di poveri amanti narrata senza enfasi ma con estrema partecipazione emotiva, un dramma da camera che non lascia spiragli né all’amore, né alla fuga.
Un kammerspiel che soffoca e asfissia e che ci ricorda, ancora una volta, quanto le pareti domestiche siano il luogo privilegiato dove far deflagrare i tumulti del cuore.



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