SPETTACOLO
Comunicato Stampa

La locandiera da Goldoni al Teatro della Regina di Cattolica

07/01/20

Con Amanda Sandrelli, nell’adattamento di Francesco Niccolini, giovedì 9 gennaio 2020, ore 21,15

FotoL’INGANNO DI MIRANDOLINA.

Al Teatro della Regina Amanda Sandrelli è l’astuta protagonista goldoniana
 nell’adattamento di Francesco Niccolini de La locandiera.

GIOVEDÌ 9 GENNAIO 2020.

 

LA LOCANDIERA

 

di Carlo Goldoni.

Adattamento e drammaturgia Francesco Niccolini.

Regia Paolo Valerio e Francesco Niccolini.

Con (in ordine di apparizione):

Marchese Andrea Costagli.

Conte Dimitri Frosali.

Fabrizio Massimo Salvianti.

Cavaliere Alex Cendron.

Mirandolina Amanda Sandrelli.

Ortensia Lucia Socci.

Dejanira Giuliana Colzi.

Scene Antonio Panzuto.

Costumi Giuliana Colzi.

Luci Marco Messeri.

Musiche Antonio Di Pofi.

Movimenti di scena Monica Codena.

Assistente ai costumi Susanna Fabbrini

Macchinista Luca Giovagnoli.

Datore luci Gianni Merli.

Fonico Sandro Salvini.

Organizzazione Costanza Gaeta.

Amministrazione Valentina Strambi, Cecilia Benelli.

Scene realizzate da Laboratorio del teatro sociale di Rovigo. 

 

 La stagione dei teatri di Cattolica 2019-2020 riprende con un grande classico della drammaturgia italiana: l’intramontabile Locandiera di Carlo Goldoni (1752) sarà al Teatro della Regina giovedì 9 gennaio (inizio ore 21,15) in una veste nuova, con un linguaggio aggiornato e uno sguardo che scava nella dimensione psicologica dei personaggi grazie all’adattamento di Francesco Niccolini che, insieme a Paolo Valerio, dirige la protagonista Amanda Sandrelli nei panni dell’apparentemente frivola, ma in realtà ingegnosa e calcolatrice Mirandolina. In scena anche Alex Cendron (Cavaliere), Giuliana Colzi (Dejanira), Andrea Costagli (Marchese), Dimitri Frosali (Conte), Massimo Salvianti (Fabrizio), Lucia Socci (Ortensia).

“È il nome a trarre in inganno: Mirandolina suona troppo dolce, troppo seducente e brioso per poter nascondere qualcosa di più oscuro. Ma – si sa – i nomi talvolta ingannano. Eppure Carlo Goldoni mette in guardia ancora prima che il testo abbia inizio, lo fa nell’avvertimento destinato al lettore: «Fra tutte le Commedie da me sinora composte, starei per dire esser questa la più morale, la più utile, la più istruttiva. Sembrerà ciò essere un paradosso a chi vorrà fermarsi a considerare il carattere della Locandiera, e dirà anzi non aver io dipinto altrove una donna più lusinghiera, più pericolosa di questa». Goldoni non lascia spazio a dubbi, eppure per quasi duecento anni la tradizione ha voluto che Mirandolina fosse inchiodata alla sua natura dolciastra, un po’ cocotte, effervescente gaia ed esuberante. Era stata Eleonora Duse a fotografare questa tradizione con tre sole parole: «Brio, brio, brio».

Ma se La locandiera giustamente viene considerato un autentico capolavoro del teatro di tutti i tempi, non è certo perché la sua protagonista è la paladina del brio e dell’effervescenza. Tutt’altro. È una donna feroce, orfana, abituata a comandare, a difendersi e a lottare. Lottare su più fronti: lotta per portare avanti la locanda dopo la morte del padre, lotta contro quattro uomini in contemporanea, lotta per affermare la forza e la dignità di una donna amazzone, in un mondo in cui le donne sono solo oggetto di piacere o di disprezzo.

Non siamo in una parte qualunque del mondo: la scena, precisa Goldoni nella prima didascalia, è in Firenze e questo è un grande affresco di toscanità. Lo spiega con grande lucidità Guido Salvini, regista fiorentino legato a Pirandello e al Teatro d’Arte: «La scena si rappresenta in Firenze nella locanda di Mirandolina. Sta scritto ben chiaro all’inizio della commedia. Tutti i personaggi, che per interessi vari si trovano nella locanda, gravitano attorno al personaggio centrale e al suo satellite: Mirandolina e Fabrizio. Figure che a me sembrano profondamente e volutamente toscane: non nel senso dialettale che questa parola potrebbe esprimere, ma nel suo senso caratteristico. Goldoni troppe volte qualifica i toscani per rozzi, contrapponendoli ai veneziani: sia per la pronunzia più dura come per il fare meno gentile, sia per quella predisposizione al calcolo e al tornaconto che sono evidenti non solo in Fabrizio ma anche in Mirandolina. Basta conoscere le donne toscane, intelligenti e loquaci ma calcolatrici e autoritarie, per convincersi che Mirandolina è una di loro. È civilizzatissima e fine d’ingegno come i fiorentini quando lo sono: è donna che si è fatta a contatto coi forestieri, ma mantiene intatta la naturale rudezza toscana, vestita di belle e sciolte parole. Tiene a bada quattro uomini contemporaneamente e a tutti e quattro si rivela diversa, perché il suo desiderio intimo è piacere, ma anche perché, piacendo, la cassa si rimpingua. La civetteria di Mirandolina non è frivolezza, è calcolo».

Un marchese squattrinato, un ricco volgare che si è comprato una contea, un cavaliere misogino, due cattive attrici da rivista, un servo tutto fare che odia ricchi e nobili e che non vuole staccarsi dalla sua padrona, possibile sposa: sei satelliti, per usare il termine di Salvini, intorno al sole di questo piccolo e sciancato sistema solare. Una somma di debolezze, contraddizioni, inganni e violenze: la più grande delle quali è proprio il gioco feroce che Mirandolina intenta contro il cavaliere di Ripafratta. Vuole umiliarlo, quest’uomo che è abituato a umiliar le donne. Ci riesce. Ma – e questo è il vero colpo di genio di Goldoni –, il piano perfetto si incrina: lei stessa è vittima della sua seduzione spietata. Di fronte al fascino turbato di un uomo innamorato, tentenna, rischia di cadere come è caduto lui.

Nel feroce mondo nuovo che Carlo Goldoni sa dipingere, la locandiera chiude tutte le porte, piega e stira panni, allontana il vero amore, sposa senza sentimenti il suo servo: resta l’indiscussa padrona della sua vita, ma scalza, la testa e il cuore svuotati. Al sicuro, certo, ma spogliata di quel turbamento amoroso che, inatteso, è arrivato a stravolgere la vita e i piani. Rinuncia, Mirandolina. Si sposa cinicamente, con il commento più feroce che mai abbia accompagnato una brulla cerimonia: «Anche questa è fatta». E tutti vissero infelici e scontenti.”

(Francesco Niccolini e Paolo Valerio)

              

AMANDA SANDRELLI

Debutta al cinema come attrice nel 1984 con la madre Stefania Sandrelli nel film L'attenzione, per poi comparire nel film Non ci resta che piangere di Massimo Troisi con il tormentone “bisogna provare, provare provare”. Nel 1991 interpreta in coppia con il padre Gino Paoli la canzone La bella e la bestia tratta dall'omonimo film prodotto dalla Walt Disney Pictures. Più di vent'anni dopo ha interpretato la fiction Io e mamma ed è stata diretta dalla madre nel suo primo film da regista, Christine Cristina, biografia della poetessa Cristina da Pizzano. Come regista ha diretto il cortometraggio Un amore possibile (2004) e il documentario Piedi x terra, prodotto da Leone Crescenzi per Shape Studio nel 2007: quest'ultimo narra della sua esperienza di incontro con Mobwuto, il bambino malawita da lei adottato circa dieci anni fa. Come regista di teatro ha recentemente diretto Il piccolo principe (2016).

 

               La prevendita dei biglietti è attiva presso la biglietteria del teatro della Regina e sul circuito Vivaticket (on line e nei punti vendita). La biglietteria è aperta presso il teatro della Regina il martedì e il venerdì dalle 15.00 alle 19.00; il sabato dalle 10.00 alle 13.00; nel giorno dello spettacolo, a partire dalle ore 20. Per informazioni contattare il numero 0541/966636 attivo negli orari di biglietteria.

Inizio spettacolo ore 21.15.

 







TEATRO DELLA REGINA, Ufficio Cinema –Teatro, piazza della Repubblica, 28/29 - Cattolica (RN).
Tel. 0541/966778 - e-mail: info@teatrodellaregina.it;

SALONE SNAPORAZ, Piazza del Mercato, 14 - Cattolica (RN).
Tel. 0541/960456 (nella sera dello spettacolo, a partire dalle ore 20).

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