VARIE
Articolo

La mentalità recessiva. Che cosa ci sta succedendo?

31/10/14

Attenzione alla mentalità recessiva e alla sindrome del Palio di sSiena che ci attanaglia. Ma cosa ci sta succedendo?

Convegno internazionale con guru mondiale di scenari strategici, si muove come una pantera sul palco senza sbagliare un solo movimento, postura di chi può divorare la platea quando vuole, filmati di grande suggestione e slides catalizzanti senza minuscole tabelline, piuttosto megatrend che t’inchiodano nella loro ineluttabilità, anche la musica è bella. Parla di rivoluzioni in atto, di come poterci stare dentro senza farsi spazzare via, delle speranze per le future generazioni e delle incertezze che quelle attuali devono saper gestire. Copione già visto, certo si assomigliano quasi tutti un po' tanto, ma c’è entusiasmo da TED nelle parole, e quindi si respira un po’ di aria fresca senza respiratore.

Poi tocca al guru nostrano, che invece parla di quanto sia messa male l’Italia, di come ci siano, certamente, esperienze di successo da prendere come esempio, ma che non bastano per “invertire la tendenza”. Non una soluzione, se non lontanissima e metafisica, sempre centrata su quello che dovrebbero fare gli altri, qualcuno che lì non c’è, o che forse anche sì. Ma non si vede. La gente annuisce, prende appunti su Ipad e Moleskine, c’è chi copia slides da fare vedere in azienda e chi invece scrive i propri pensieri. Ma dov’eri tu, che hai fatto il consulente l’amministratore di società disintegrate? Alla fine applausi d’ordinanza, si creano capannelli di commentatori, viaggiano biglietti da visita e sorrisi. Ma non c’è entusiasmo: “interessantissimo, ma noi siamo al traino, siamo messi troppo male”, “hai visto la differenza tra quello e il nostro?!?”, “ma come facciamo a stare in quegli scenari se non abbiamo neanche più gli occhi per piangere?”, “però interessante, eh?”. Fa niente, si torna al lavoro, l’importante è esserci e fare networking, che non si sa mai.

Scuola di mio figlio, scuola media, presentazione dell’anno scolastico, scenario di vita quotidiana, non ci sono guru. Passerella di professori/professoresse che illustrano gli obiettivi didattici dell’anno, la scuola è iniziata da due settimane. Ci sono insegnanti italiani, insegnanti stranieri ed italiani che hanno studiato all'estero. Gli insegnanti italiani non sorridono se non alle loro battute, tutti hanno lo stesso copione: “i ragazzi li abbiamo ritrovati un po’ rumorosetti, intervengono troppo (!) e scherzano, purtroppo se dovessero continuare così saremmo costrette/i a dargli più compiti a casa, è l’unica soluzione”. Domanda: “a tutti? O solo a quelli che fanno casino?”. Risposta: “cercheremo di differenziare, ma anche a tutti”. Ah, ecco. Insegnanti stranieri: “i ragazzi sono entusiasmanti, si interessano ed intervengono moltissimo(!), fanno un sacco di domande ed esprimono la loro curiosità, siamo felici ed onorati di poter insegnare a loro le nostre materie, siamo certi che con loro faremo un bellissimo lavoro e vi possiamo dire con ragionevole certezza dove li porteremo; voi genitori per favore aiutateci, noi aiuteremo voi”. Provate a indovinare quali sono le materie preferite dei ragazzi (salvo predisposizioni personali) e su quali cercano l’approfondimento.

“Evento” aziendale. Si tratta di una situazione divertente e formativa al contempo, insomma una di quelle nelle quali si prova a conoscersi fuori dagli schemi, e per questo sono realizzate, in quella zona franca nella quale l’informalità prevale al 60% sulla formalità. In apertura, il top manager arringa la sua gente scrutandola negli occhi, dicendo che non si è lì per scherzare, e che se qualcuno non si identifica nei messaggi aziendali, può lasciare il team anche il giorno dopo. Tutti entusiasti e grati della franchezza, tutto si svolge senza incidenti. Stessa esperienza, stesso brand, ma all'estero. Il top manager dice (prima) che non può trattare la sua gente come in Italia, sennò se ne vanno, ed apre lasciando ad altri la scena. Tutti riflessivi, tutto si svolge nella sorpresa della situazione.

Contesto associativo. Il Direttore territoriale ha voglia di fare, si dà da fare, è intraprendente, fa cose che “prima” non si facevano, cerca di affrontare la situazione prendendola di petto. “Sveglio sto ragazzo, ma non è che sta esagerando e ci toglie visibilità? Meglio dargli una calmata”. Poi, pubblicamente, ci si sofferma su quello che (altri) dovrebbero fare per far uscire il Paese dalla crisi. Certo.

TG2, servizio sulla meritocrazia e sulla necessità che in Italia divenga il faro dei processi decisionali, anche più alti. Intervista ad un barone universitario ottantenne che con un filo di voce e senza alcun sentimento spiega che cos'è la meritocrazia. Ecco.

Expo 2015, invece di ragionare sulle meraviglie che probabilmente comunque ci attenderanno, già lo sapete.

Facebook, andate a vedere: 80% dei post sono amari e rancorosi, ogni tanto anch'io ci casco, non c’è gioia nonostante i like sui piatti di spaghetti e le impepate.

Talk show, ogni sera: gente incazzata alla quale non interessa minimamente il confronto, che non ascolta, e qualunque cosa accade ha come obiettivo di parlare più forte degli altri. Tweet sarcastici, quasi mai ironici.

Piazza: “siamo in tanti”. Sempre quelli, con più rughe, con qualche concessione all'immagine.

Ogni giorno, ovunque: dobbiamo tagliare. Taglia taglia linearmente, così costringi qualcun altro a tagliare che porterà altri a tagli, così poi ti taglieranno anche le forbici, ed anche te. Magari scopri di essere anche tu un spreco.

Devo continuare? No, sto diventando noioso e qualunquista, ma vi assicuro che non lo sono, se non ci credete è lo stesso. Non m’interessa parlare della crisi, ma della mentalità che la produce e la alimenta e la giustifica - sì, la giustifica - ogni giorno. Ma cosa ci sta succedendo? Ma come si fa a non capire che l’affermarsi di una mentalità recessiva porta a ragionare in termini di mera sopravvivenza, piuttosto che di sviluppo? Ci sta succedendo questo, che si è affermata une mentalità recessiva. Costerà molto a tutti, meno ai furbi, molto di più a chi la combatterà senza quartiere, finché potrà e avrà le energie per farlo. Noi le abbiamo, e ci proviamo.

Italia. Sindrome del palio di Siena: non importa chi vince, basta che non vinca la contrada avversaria.
Poi correte da soli tutti contenti, senza i soldi per ferrare i cavalli.
Carlo Romanelli

Licenza di distribuzione:
INFORMAZIONI SULLA PUBBLICAZIONE
Net Working srl
Responsabile account:
Marilù Cecere (Responsabile pubblicazioni)
Contatti e maggiori informazioni
Vedi altre pubblicazioni di questo utente
RSS di questo utente
© Pensi che questo testo violi qualche norma sul copyright, contenga abusi di qualche tipo? Contatta il responsabile o Leggi come procedere